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Wednesday, July 12, 2006

Corea del Nord. Da Roma parte il messaggio dei dissidenti

Il dittatore nordcoreano Kim Jong IlPer una politica estera fatta anche di promozione della democrazia

"Promuovere i diritti umani e la libertà religiosa in Corea del Nord: Quale via davanti a noi?". E' questo il titolo di una conferenza che il Partito Radicale Transnazionale e Freedom House hanno organizzato oggi riunendo un gruppo di dissidenti nordcoreani per tentare di introdurre nell'attualità politica italiana il loro messaggio: «La difesa dei diritti umani, la promozione della democrazia e l'assistenza politica ed economica ai movimenti e ai dissidenti democratici non sono e non possono essere considerati elementi accessori della politica estera, ma devono costituirne parte integrante».
Qui la dichiarazione finale

Dissidenti nordcoreani? Chi li aveva mai sentiti parlare, o visti da vicino? Eppure ci sono. Molte anche le figure istituzionali italiane presenti, tutte di una sinistra liberale e antitolitaria, ancora minoritaria e scarsamente organizzata, ma determinata.

E' intervenuta Emma Bonino (Rosa nel Pugno), ministro per il Commercio Estero e le Politiche comunitarie, che ha citato la difesa strenua dei diritti della persona come «componente essenziale delle relazioni internazionali». Tuttavia, ha avvertito, «siamo impreparati nei confronti dei regimi dittatoriali come quello nordcoreano. C'è il problema del "che fare" e del "come fare", stretti come siamo tra interventi militari e diplomazia tradizionale. Se riuscissimo a sostenere i democratici presenti in questi Paesi avremmo già fatto notevoli passi avanti. Il problema è complesso e non è un problema di import-export della democrazia». Per il ministro, il regime nordcoreano rappresenta «un dato di follia crudele, non catalogabile in nessun altro modo. Bisogna far conoscere ciò che esperti, cancellerie e vittime già conoscono».

Fame, deportazioni nei gulag, torture, lavori forzati, esecuzioni pubbliche. Questa è la realtà nordcoreana, ma «viene troppo spesso dimenticata, o peggio ancora, ignorata dalla comunità internazionale», ha denunciato Matteo Mecacci, rappresentante del Partito Radicale Transnazionale alle Nazioni Unite. «La Corea del Nord rappresenta oggi un vero e proprio gulag per 23 milioni di persone».

Anche il sottosegretario agli Esteri Gianni Vernetti (Margherita) si è espresso senza mezzi termini: «La Corea del Nord è uno dei più brutali e oppressivi regimi del pianeta, ma appare sui media solo in occasione di test missilistici e non fa notizia per il terrificante quadro dei diritti umani». Il rimedio, secondo Vernetti e Mecacci, potrebbe essere quello di «riorientare» la cooperazione «per promuovere la sicurezza, lo sviluppo, la democrazia». E un primo strumento potrebbe essere una «Fondazione per la democrazia» a livello italiano ed europeo, dotata di risorse per sostenere in modo concreto la difesa dei diritti umani in situazioni come quella nordcoreana. Anche perché è «la promozione della democrazia e dei diritti umani deve diventare una priorità in quanto è un nostro interesse nazionale».

Secondo Umberto Ranieri (Ds), presidente della Commissione Esteri della Camera, la comunità internazionale «sottovaluta la gravità della situazione in Corea del Nord, un paese chiuso dove la gente versa in condizioni disastrose e c'è la totale assenza dei diritti umani più elementari». Kim Jong Il, ha chiarito, «non è un dittatore da operetta. Vuole durare e per farlo descrive ai nordcoreani un mondo ostile da cui devono difendersi. Ciò gli consente di guadagnare tempo. E' importante - ha aggiunto - che si mantenga l'unità della comunità internazionale per porre un alt a un regime copace di utilizzare missili per fare paura. E' importante che al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ci sia una valutazione comune».

Alla conferenza hanno partecipato oltre 20 esponenti democratici, leader religiosi e rappresentanti di organizzazioni per i diritti umani provenienti dalla Corea del Sud, oltre ad alcuni noti dissidenti politici fuggiti dalla Corea del Nord. Durante la sessione mattutina si è parlato di tortura ed esecuzioni, con la proiezione di alcuni video clandestini, mentre la sessione pomeridiana è stata dedicata al tema della libertà religiosa, con l'intervento conclusivo di Marco Pannella.

«La Corea del Nord non ha i soldi per pagare i diritti televisivi per i Mondiali di calcio in Germania, ma li ha per i suoi test missilistici». Con queste parole il dissidente nordcoreano, oggi giornalista a Seoul, Cheol Hwan Khang (autore del libro "Gli acquari di Pyongyang: dieci anni in un gulag nordcoreano"), intervistato oggi dal Corriere, ha offerto in poche righe un'immagine efficace di cos'è oggi la Corea del Nord. E' stata la Corea del Sud a pagare i diritti tv, consentendo ai nordcoreani di seguire l'evento calcistico, dando però una nuova prova di quella linea morbida, di riconciliazione, adottata negli ultimi anni ma forse controproducente.

Kim Sung Min, ex capitano di artiglieria fuggito nel 1997, ha creato una radio "Free North Corea" per dare voce ai dissidenti, ma al momento riesce a trasmettere con difficoltà soltanto 30 minuti al giorno. A Seoul hanno trovato rifugio anche Jung Mee Suk e Son Jong Hoon, anche loro vittime della brutalità del regime nordcoreano. Jung, ballerina di 30 anni, fuggita in Cina nell'agosto del 2000, rimase vittima dei trafficanti di esseri umani. Oggi ha lanciato un forte appello contro la tratta delle donne nordcoreane vendute ai contadini cinesi. Per Son, «il regime nordcoreano è più atroce di quello di Saddam Hussein, le violazioni dei diritti umani vanno ben oltre quello che possiamo immaginare».

Il Codice penale della Corea del Nord prevede la pena di morte per attività «in collusione con gli imperialisti», per i trafficanti di droghe, per «divergenza ideologica», «opposizione al socialismo» e «crimini controrivoluzionari». In base a questo genere di reati, ha ricordato Sergio D'Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino, sono stati giustiziati prigionieri politici, oppositori pacifici, disertori o transfughi rimpatriati, ascoltatori di trasmissioni estere, possessori di materiale stampato ritenuto "reazionario". Fedeli cristiani sono stati imprigionati, picchiati, torturati o uccisi per aver letto la Bibbia e predicato Dio, in particolare per aver avuto rapporti con gruppi evangelici operanti oltre confine in Cina. Proprio Pechino è responsabile del rimpatrio in Corea del Nord di nordcoreani poi giustiziati in quanto disertori. Essi, circa 300.000, sono ritenuti dalle autorità cinesi immigrati illegali piuttosto che rifugiati.

2 comments:

Ottavio said...

La Corea del nord è un enorme campo di concentramento. Una dittatura sanguinosa ed illiberale che affama il suo popolo.

Mi sento inutile. Cosa posso fare? Cosa voglio fare?

Un'orrendo scorcio di quel che resta delle stupide ideologie del secolo scorso.

Ottavio said...

Mi chiedo, sempre più spesso, se mai ci sia stato un caso in cui la diplomazia abbia influito positivamente su situazioni come questa.

Per togliermi da dosso lo scetticismo qualcuno me ne potrebbe elencare qualcuno?

Non so se riesco a trasmettere la sensazione di "è inutile tutto quello che si fa tanto tutto si risolverà da solo in un futuro più o meno remoto".