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Tuesday, March 11, 2008

Metà del salario va allo Stato

L'ennesima conferma della questione fiscale e contributiva come urgente questione sociale.

Fonte: Ocse via il Giornale

Mezzo stipendio non lo si vede nemmeno. Il 45,9% del salario non finisce nelle tasche degli italiani, ma in quelle del fisco e degli enti di previdenza tramite il cosiddetto cuneo fiscale, cioè la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto incassato effettivamente dal lavoratore.

A fare i conti è l'Ocse, nell'annuale rapporto sul prelievo fiscale sui salari, aggiornato al 2007. In Italia, considerando il caso di un lavoratore single senza figli che guadagna esattamente il 100% della media nazionale, il cuneo fiscale si attesta al 45,9% (al sesto posto tra i Paesi Ocse), in crescita dello 0,3% rispetto al 2006. Siamo alle spalle di Belgio (55,5%), Ungheria (54,4%), Germania (52,2%), Francia (49,2%) e Austria (48,5%). Non esattamente le economie più dinamiche e ruggenti tra i Paesi Ocse.

La percentuale è più bassa invece nel caso del lavoratore unico percettore di reddito con a carico coniuge e due figli: il cuneo fiscale in questo caso è al 33,8% (ma era al 33,3% nel 2006) per gli stipendi italiani, superiore comunque alla media Ocse (27,3%), dell'Europa a 15 (31,9%) e della Ue a 19 (31,8%). Tra il 2000 e il 2006 il peso della tassazione sui salari in Italia è leggermente diminuito (-0,9%) e il maggiore calo si è registrato nelle fasce di reddito più basse.

Gli italiani portano a casa a fine mese un salario che è tra i più bassi tra i Paesi Ocse. Con uno stipendio netto annuale di 19.861 dollari, l'Italia si colloca al 23esimo posto dietro a Paesi come Spagna e Grecia. La classifica riguarda il salario netto di un lavoratore senza carichi di famiglia ed è calcolato a parità di potere d'acquisto. Lo stipendio italiano è ben al di sotto della media Ocse (24.660 dollari anno) e della Ue a 15 (26.434).

1 comment:

Anonymous said...

rispetto a cinque anni fa, chi guadagna 13.000 euro l’anno, ha visto ridursi il proprio potere di acquisto di 1.395 euro; chi ne guadagna 26.000 di 2.794 euro; su 39.000 l’anno la perdita del potere di acquisto è stata pari a 4.187 euro; su 65.000 di 6.976.

ma la cosa tragica, sono i dati provvisori che l'istat ha pubblicato al dicembre 2007, sull'aumento dei prezzi!

in 12 mesi, l'aumento della spesa è costato alle famiglie mediamente 800 euro.

la spesa per beni alimentari è aumentata di 225 euro, quella per abitazione, acqua ed energia di oltre 250 euro, quella per trasporti di oltre 200 euro.

e si tratta di aumenti su prodotti il cui non consumo è praticamente impossibile.

questi dati, ovviamente, non tengono conto degli aumenti scattati da gennaio su treni, energia, autostrade ecc...ecc...

che si può fare?

la rivoluzione nemmeno a pensarci...nemmeno quella di fini che vorrebbe farla conservatrice quando invece...da conservare c'è poco o nulla...

semmai bisogna...liberare!!!

magari cominciare con le cose piccole...con il porre in essere controlli più approfonditi e mirati sull'aumento indiscriminato dei prezzi e contemporaneamente, abbassarli ove possibile.

specialmente riguardo ai prezzi dei generi di più largo consumo e di tutte le tariffe ancora...pubbliche..."ma anche" quelle che se non appaiono tali dal punto di vista formale, lo sono nei fatti concludenti.

e qui non è questione di destra...sinistra...centro...sottosopra...

è solo questione di buona amministrazione della cosa pubblica.

ma la mia...è solo una stronza, pia illusione.

evocazione pura.

ciao.

io ero tzunami