Di politica estera si parla troppo poco in questa campagna elettorale, ma per fortuna - se Dio vuole - il 14 aprile ci saremo per lo meno liberati di questo ambiguo, cinico e levantino ministro degli Esteri.
Ad ogni attentato di Hamas, e reazione israeliana, non ha perduto occasione per riproporre il dialogo con l'organizzazione terroristica che come unico obiettivo ha la distruzione dello stato ebraico. Speriamo per l'ultima volta, l'ha ribadito anche l'altro ieri, ricevendo non a caso gli imbarazzanti ringraziamenti del leader di Hamas, Haniyeh: «Apprezzo D'Alema», ha detto addirittura in un discorso a Gaza trasmesso dalle tv arabe: «La posizione dell'Unione europea sta migliorando. Hanno capito che è stato un errore non trattare con Hamas. Noi apprezziamo specialmente le dichiarazioni del ministro degli Esteri italiano Massimo D'Alema».
Un vero e proprio "regalo" ad un'organizzazione terroristica in cerca di legittimazione politica e sponde internazionali. D'Alema è l'unico a smarcarsi dalla posizione del Quartetto su Hamas e a sabotare la politica di isolamento adottata dall'Occidente, ancor più necessaria dopo che i fondamentalisti hanno preso possesso della Striscia di Gaza attraverso un golpe militare ai danni della legittima Autorità palestinese.
Ma questa volta l'ambasciatore israeliano in Italia, Gideon Meir, non è passato sopra l'ennesimo sfregio. Dopo due anni di velenose ambiguità dalemiane, questa volta ha perso davvero la pazienza, e approfittando del fatto che il ministro è ormai alla fine del suo mandato, e che il suo partito probabilmente perderà le elezioni, si è lasciato andare ad una reazione durissima: «Chi ci invita ad aprire trattative con Hamas ci invita a negoziare sulle misure della nostra bara e sul numero dei fiori da mettere nella corona». E con queste parole Meir fa capire quanto la proposta di D'Alema, e probabilmente tutta la sua politica mediorientale, siano viste in Israele come una continua ed estenuante provocazione.
Possibile, infatti, che D'Alema rimanga uno dei pochi - anzi, forse l'unico - ministro degli Esteri occidentale a mettere sullo stesso piano gli attacchi di Hamas e le reazioni di Israele, a far finta che sia possibile un dialogo con chi ti vuole annientare (ed è disposto solo a pause tattiche per rinforzarsi)? Possibile che D'Alema sia così ingenuo?
E' questione di tempo, e non vedremo mai più - si spera - un nostro ministro degli Esteri passeggiare a braccetto con gli esponenti di Hezbollah.
Registriamo invece, nella giornata di oggi, un segnale positivo da Cuba, il primo da quando Fidel Castro ha abbandonato il potere. Il fratello Raul, che ha preso il suo posto, ha tolto il bando alla vendita di computer, dvd e videoregistratori, che ora diventeranno acquistabili anche nell'isola caraibica.
Naturalmente, la motivazione è tipica della più patetica dittatura: «Grazie all'accresciuta disponibilità di energia elettrica, il governo al livello più alto ha approvato la vendita di alcune apprecchiature finora proibite», riporta una comunicazione interna governativa. «Tra queste vi sono: computer, Dvd, videoregistratori, televisori a 19 e 24 pollici, bollitori elettrici, pentole cuociriso elettriche, biciclette elettriche, antifurto per auto e forni a micoonde». Insomma, se il regime non escogiterà qualcos'altro, i cubani avranno più strumenti per ricevere informazioni dall'esterno.
2 comments:
D'Alema non merita più neppure un commento.
Sì, il problema per i cubani ora è: dove trovo i soldi per comprarlo, il computerino? Vado all'aeroporto e mi becco il primo italiano che scende dalla scaletta?
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