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Thursday, March 06, 2008

In Italia scarse opportunità

Le donne nella scienza sono «una fonte di talenti non utilizzata», denuncia l'Ocse. Un interessante articolo, oggi sul Corriere della Sera, riporta che in Europa solo il 32% dei ricercatori nei laboratori pubblici è donna. Nell'industria privata è ancor peggio, soltanto il 18%. Ciò accade nonostante in partenza, al momento della laurea, sia più elevato il numero delle donne-scienziate: 60% contro il 40 dei maschi. Ma poi le strade della carriera (e della vita) portano ad una «progressiva inversione» sino ad arrivare ai più alti gradi di responsabilità con una schiacciante maggioranza maschile (87%), lasciando all'esigua minoranza femminile ciò che rimane.

In Europa, ma soprattutto in Italia, ovviamente, continuano ad esserci troppo poche occasioni per le nostre laureate di entrare a far parte della ricerca scientifica e farsi valere. In generale la ricerca nazionale è oltremodo «depressa» rispetto ad altri Paesi sviluppati: a parte la cronica mancanza di risorse (si continua ad investire tra pubblico e privato solo l'1,1% del Pil), abbiamo tre ricercatori ogni mille abitanti contro i 16, per esempio, della Finlandia. Nelle università sono attivi, sulla carta, quasi 24 mila ricercatori, poco meno della metà donne. Nei centri di ricerca pubblici, dal Cnr all'Istituto di astrofisica, all'Enea, il totale è intorno a 7 mila con una percentuale "rosa" del 37%.

A fronte di una situazione così «disastrata», le scienziate italiane riescono spesso ad eccellere, se si dà loro l'opportunità, soprattutto in aree come la biologia e le scienze naturali.

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