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Tuesday, March 04, 2008

Programma del Pd e Confindustria, molto non torna

Se Francesco Giavazzi nei giorni scorsi avva attaccato senza remore gli accenti protezionistici nel programma del PdL, oggi è implacabile con il programma del Pd, di cui a fronte dell'ottimismo obamiano evidenzia anche la vaghezza: «Ogni volta che affronta un tema spinoso scivola via e passa ad altro». Solo sulle tasse Veltroni si presenta con un approccio nuovo e proposte precise. Gli altri temi sono affrontati con una genericità imbarazzante che purtroppo temiamo nasconda ripieghi statalisti: su pensioni, giustizia, banche, università, gas, servizi pubblici locali, lavoro non c'è praticamente nulla. Per ciascuno di questi temi Giavazzi individua le contraddizioni e conclude amaramente:
«Sui problemi del lavoro Walter Veltroni ha perso una grande occasione: proporre di abolire lo Statuto dei lavoratori (del 1970), tutto, non solo l'articolo 18, e sostituirlo con regole moderne, a partire da un sistema generalizzato di sussidi di disoccupazione. Tony Blair avrebbe avuto il coraggio di farlo, e forse avrebbe vinto le elezioni».
Mi sto lentamente anch'io facendo un'idea sempre più precisa di entrambi i programmi e tra qualche giorno ve ne parlerò.

Intanto, anche Confindustria ha presentato un suo decalogo programmatico. E il paradosso è che mentre questi dieci punti somigliano molto più al programma del PdL, le candidature degli illustri Colaninno e Calearo nelle file del Pd rivelano l'appoggio del vertice di "Conf-Montezemolo" al Pd. Chissà come mai, il Pd continua ad avere il sostegno della grande industria, che fa notizia con i suoi nomi inseriti nelle liste. Ma la vera spina dorsale produttiva del Paese con chi si schiererà? Parliamo dei piccoli e medi, che non hanno il paracadute degli ammortizzatori sociali pubblici in caso di crisi e che, soprattutto, pagano aliquote reali sul proprio reddito d'impresa di 10 e anche 20 e più punti superiori a quelle del ristretto club dei grandi gruppi e delle banche.

Quanto ci sia poco da fidarsi di Confindustria in chiave liberista lo dimostra il fatto che sulla riduzione della pressione fiscale complessiva la sua proposta è più timida persino di quella del Pd. Insomma, agli imprenditori non interessa poi tanto pagare meno tasse...? Qualcosa non torna.

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