Si infrange impietosamente l'ottimismo del Corriere della Sera e del suo corrispondente, Fabio Cavalera, unici oggi tra giornali e inviati a vedere un'apertura nello scambio telefonico tra il premier britannico Brown e quello cinese Jiabao. «La Cina avverte: "Colloqui a due condizioni"», è il titolo al pezzo, in cui si legge del colloquio telefonico effettivamente avvenuto tra Wen Jiabao d Gordon, riferito ai Comuni nel question time di ieri e nel quale il premier cinese si sarebbe dichiarato «pronto ad avviare colloqui con il Dalai Lama a due condizioni: che dica no alla violenza in Tibet e no all'indipendenza».
Può darsi che Wen abbia pronunciato queste parole al telefono con Brown, e questi le abbia riportate per cercare di impegnare il suo interlocutore a dargli seguito, ma se non confermate anche in pubblico sono parole il cui valore è prossimo allo zero.
E infatti questa mattina dal Ministero degli Esteri cinese arriva la precisazione: «Alcune notizie non sono molto precise». Jiabao ha solo ribadito la «disponibilità al dialogo» alle «condizioni da sempre poste dalla Cina» al Dalai Lama (che in teoria da anni sono state da lui accettate senza che iniziassero mai dei colloqui). Riguardo l'annunciata intenzione di Brown di incontrare il Dalai Lama, la Cina è «seriamente preoccupata» e ricorda che il Dalai Lama è «un rifugiato politico coinvolto in attività secessionistiche contro la Cina sotto la copertura della religione».
Naturalmente il Dalai Lama tenta di sfruttare il minimo spiraglio, e ha ribadito anche questa mattina di essere disposto a incontrare le autorità cinesi, compreso il presidente Hu Jintao.
Intanto, sono stati cacciati anche gli ultimi due giornalisti stranieri ancora presenti in Tibet, i corrispondenti tedeschi Blume e Kupfer. E, mentre a Lhasa la situazione sembra ormai normalizzata (non in altre province, dove piccole ma singnificative rivolte proseguono - come questa in cui è stata issata la bandiera tibetana su un edificio pubblico), la morsa militare si stringe intorno al Tibet: il governo cinese ha inviato centinaia di camion e migliaia di soldati in assetto di guerra, secondo quanti riferiscono fonti locali, media e ong dei diritti umani.
Un reporter della Bbc ha riferito di convogli di oltre 100 veicoli che si stanno dirigendo verso il Tibet attraverso i valichi montuosi della Cina occidentale. «Negli ultimi due giorni ho visto un numero crescente di militari diretti verso il confine tibetano, ma stavolta si tratta di un dispiegamento ancora più consistente. Sembra proprio che la Cina abbia deciso di aumentare sensibilmente la sua presenza militare in Tibet». Facile immaginare che vi rimarranno fino ad agosto e la nostra impressione è che l'esercito cinese stia formando un vero e proprio cordone sanitario intorno al Tibet.
Dopo la prima ondata di repressione, per porre fine alle rivolte a Lhasa e nelle altre province, seguirà insomma una seconda ondata, più lunga - forse mesi - lenta e intensa, più meticolosa e sistematica ma molto meno vistosa, mentre la regione è sigillata, off limits per gli stranieri, turisti o giornalisti.
2 comments:
l'ordine che giunge da pechino è: << mentire sempre, anche di fronte all'evidenza >>.
ma se così non fosse...non sarebbero dei bravi comunisti.
quello che voglio aggiungere io...è una tragedia nella tragedia.
nessuno parla delle schifezze "ecologiche" che pechino immagazina in tibet.
il tetto del mondo è la discarica nucleare e chimica di pechino...
ciao.
io ero tzunami...
Boicotta Yahoo!, una delle armi più forti del regime di Pechino per spezzare la resistenza dei dissidenti!
Leggi qua cosa è successo:
http://www.riccardof.com/?p=489
Ciao!
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