Di questi dubbi Federico Rampini, su la Repubblica, per fortuna non ne ha. Pechino, scrive, «insiste con i metodi di sempre»:
«Si riaprono le porte dei laogai. Per i monaci buddisti tibetani catturati nelle retate di questi giorni comincia un'odissea tristemente nota, la deportazione nei lager cinesi. E' il trattamento che il regime di Pechino riserva ai seguaci del Dalai Lama dagli anni Cinquanta: lavori forzati, sedute di rieducazione politica cioè lavaggio del cervello, indottrinamento patriottico, umiliazioni e spesso torture».Di dialogo con il Dalai Lama non se ne parla proprio, soprattutto in questo momento di debolezza politica del leader spirituale tibetano. Anzi, il Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito comunista cinese, ha assicurato che «la Cina schiaccerà con forza tutte le iniziative secessioniste». Gli «spiragli» li vede solo Cavalera, per ora. Perché ci appaiano anche a noi ci vorrà una maggiore pressione dall'esterno sul regime cinese.
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