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Thursday, March 27, 2008

Le lacrime dei monaci e le prime defezioni politiche dai Giochi

Ieri e oggi ha avuto luogo nella capitale tibetana, Lhasa, la breve visita sotto strettissima sorveglianza concessa dal regime cinese ai giornalisti di alcune testate internazionali ben selezionate. Una farsa che si è ritorta contro i suoi organizzatori quando, nonostante le restrizioni, un gruppo di circa 30 monaci tibetani è riuscito ad avvicinare i giornalisti stranieri al tempio di Jokhang (qui il video, da Corriere.it).

In lacrime hanno urlato al mondo «il Tibet non è libero!», «Vogliamo un Tibet libero!». Le autorità mentono, «il Dalai Lama non è responsabile delle violenze», hanno denunciato i monaci, rinchiusi nel tempio dal 10 marzo scorso, quando tutti i monasteri più importanti furono circondati dall'esercito cinese in seguito alle manifestazioni. L'apparente normalità della vita nel tempio, fino a pochi minuti prima dell'arrivo dei giornalisti assediato dai militari, è solo una messa in scena, hanno rivelato davanti a microfoni e telecamere. «Sappiamo che probabilmente verremo arrestati per questo, ma dobbiamo continuare a lottare», ha detto uno dei monaci, poco più che ventenni.

Lhasa è una città «segnata e spaventata», sempre più divisa tra tibetani e cinesi di etnia han, scrive Shai Oster per il Wall Street Journal. «Vi prego, aiutateci», è quanto ha sussurrato una tibetana ai giornalisti, tra cui Geoff Dyer per il Financial Times.

Sul fronte diplomatico potremmo, per la prima volta da anni, assistere a un atteggiamento più fermo nei confronti di Pechino da parte dell'Europa piuttosto che da parte di Washington.

Il presidente americano Bush ha avuto un colloquio telefonico con il presidente cinese Hu Jintao, al quale ha espresso la sua «preoccupazione», esortandolo ad «avviare un dialogo concreto con i rappresentanti del Dalai Lama» e a consentire «accesso a giornalisti e diplomatici» in Tibet, ma ha confermato la sua presenza alla cerimonia inaugurale dei Giochi, attirandosi non poche critiche. «Bush non ha altra scelta che quella di cancellare il suo viaggio a Pechino», ha scritto il conservatore Washington Times, concludendo che «Bush non può stare sul suolo cinese senza trasformare in una barzelletta la sua agenda per la libertà».

Lo speaker del Parlamento tibetano in esilio è stato ascoltato ieri dalla Commissione Esteri del Parlamento europeo e durante il dibattito in plenaria sulla situazione in Tibet il Dalai Lama è stato formalmente invitato dal presidente Poettering. Mentre da Londra, oggi, il premier britannico Gordon Brown assicura che anche «la Gran Bretagna parteciperà alla cerimonia di inaugurazione dei Giochi Olimpici», giungono gli annunci delle prime defezioni europee: il primo ministro polacco Donald Tusk e il presidente ceco Vaclav Klaus a Pechino non andranno. Il presidente francese Sarkozy si è detto «scioccato» per il Tibet e si «riserva il diritto di decidere se partecipare alla cerimonia d'apertura», precisando che si consulterà comunque con gli alleati europei prima di prendere una decisione.

E' l'ora di incalzare, perché Pechino mostra di temere i boicottaggi politici. «Spetta ai comitati olimpici nazionali invitare i rispettivi capi di Stato e di governo alla cerimonia inaugurale. Se accettano o meno, dipende da loro», mettono le mani avanti i cinesi.

«Tutte le opzioni rimangono aperte», aveva dichiarato giorni fa il presidente francese, riferendosi non al boicottaggio delle Olimpiadi ma all'ipotesi di una sua eventuale assenza alla cerimonia inaugurale, che cadrà in agosto, proprio quando sarà presidente di turno dell'Ue. «Mi appello allo spirito di responsabilità dei leader cinesi», aggiungeva ribadendo la sua richiesta: che si «avvii il dialogo tra il governo cinese ed il Dalai Lama. Regolerò la mia risposta alla risposta delle autorità cinesi». Una posizione che veniva ribadita ieri dal ministro degli Esteri Kouchner: la Francia è contraria al boicottaggio delle Olimpiadi, ma «per la cerimonia d'apertura dei Giochi vedremo secondo l'evoluzione della situazione. Ne parleremo venerdì alla riunione dei ministri degli affari esteri dell'Unione europea».

Intanto, l'Onu continua a dare il peggio di sé. Nel corso di una riunione del Consiglio per i Diritti umani a Ginevra la discussione sulla situazione in Tibet è stata bloccata in seguito alle reiterate proteste cinesi, denuncia Amnesty International. La rappresentanza di Pechino ha chiesto inoltre l'annullamento di un briefing del Partito Radicale, nel quale era previsto l'intervento dello speaker del Parlamento tibetano in esilio.

3 comments:

Anonymous said...

ho già espresso il mio parere sul paventato boicottaggio.

parere negativo.

il regime comunista cinese, dovrà essere smerdato proprio quando "giocherà in casa".

ecco perché ritengo che bush farà bene a partecipare alla inaugurazione dei giochi olimpici.

mi auspico, infatti, che bush sappia essere abbastanza "carogna", così tanto da cogliere la palla al balzo per parlare in mondovisione contro la tirannia comunista.

anche quella cinese.

essere smerdati in diretta, sarà "meglio" che patire uno sterile boicottaggio che in fondo...qualora non si dovesse risolvere in un fatto meramente simbolico, farebbe male solo allo sport.

questo mi auspico...washington times e necronomicon permettendo.

quanto alle anime candide che si stracciano le vesti ad ogni ora e che fortemente invocano la circostanza che lo stupido amerikano, dopo essersi cosparso la testa di cenere, in segno di penitenza professi la nuova ideologia del boicottaggio olimpico...pena il venir meno di ogni sua credibilità...beh...che tutti costoro si facessero un bell'esame di coscienza...prima di parlare di libertà e di comportamenti ( poco ) ligi a quel che poco prima s'è professato.

non parlo dei caproni italioti...fanno quasi tutti pena e/o schifo...ma degli stranieri!!!

eh sì...di loro parlo.

quanto ai polacchi ed ai cechi...ritengo che i vetusti torpedoni in partenza da quei luoghi impervi...impieghino troppo tempo per arrivare fino a pechino...

ecco perché i primi ministri ceco e polacco non andranno in cina...correrebbero il rischio di arrivare a spari finiti...

quanto alla francia...beh, sarkozy o meno...i francesi rimangono francesi!!! e i francesi, con le loro feroci milizie, hanno fatto carne di porco in molte latitudini.

lo sfruttamento neocoloniale delle risorse africane...è stato un elemento fondamentale per lo sviluppo della francia.

il cavallo di battaglia preferito...

adesso tutti verginelli...

patetici ed ipocriti.

punzi, ti risulta che un leader della protesta tibetana abbia paventato attacchi suicidi?

speriamo di no...altrimenti diventerebbero soltanto un penoso surrogato di più famosi, stronzi "martiri".

ciao.

io ero tzunami...

Anonymous said...

Molto possono fare anche gli atleti...i vari vincitori delle varie gare potrebbero indossare qualcosa che potrebbe ricordare il Tibet libero o una fascia nera al braccio, insomma protestare al momento della premiazione (come avevano fatto i due atleti americani alle Olimpiadi del 68).

Anonymous said...

ora tutta questa attenzione è strumentale: ma smettere di portare le nostre fabbriche in cina no? a è vero gli interessi economici vengono prima di tutto...pardon. cmq i curdi non meritano questa attenzione? i ceceni? gli abitanti del sahara occ? il sudan? ecc ecc... come fu prima della guerra all'iraq gli interessi economici prima di tutto. GO FREEDOM FIGHTERS