Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio». Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: «E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo». Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso». Gli rispose il padre: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».Ecco, secondo qualcuno il figlio maggiore avrebbe dovuto presentare una mozione. Va bene accogliere il figlio "indegno" che si è pentito, ma addirittura far festa in suo onore, questo no.
E' finita miseramente, alla Camera, la mozione che impegnava il governo a trovare soluzioni, anche normative, per impedire che condannati per reati gravi contro la persona e le istituzioni democratiche, anche dopo aver espiato la pena, potessero accedere a cariche istituzionali di rilievo.
Per fortuna, in diversi hanno battuto quel colpo che mi aspettavo battesse Benedetto Della Vedova. Lo stesso Della Vedova (RL), l'intero gruppo della Lega Nord, che ha annunciato l'astensione sulla mozione, Tabacci (Udc), La Malfa (Misto), Mauro Del Bue (Nuovo Psi), Reina (MPA) e persino Teodoro Buontempo (video della seduta).
"Assolto il terrorista, ma i calciatori no", era il sobrio titolo in prima pagina su Libero, ieri. La politica «salva» D'Elia. Ma «assolto» da cosa? Non era in corso nessun nuovo processo contro D'Elia, ieri, alla Camera. «Salva» da cosa? Forse da un linciaggio? Tanto rischiava? Neanche la qualifica di "ex-" si vuole concedere a D'Elia? E soprattutto, cosa c'entrano i calciatori? Davvero una singolare acrobazia retorica, quella di Libero, che ormai quanto a mistificazione e alla violenza verbale degli attacchi è pari solo al Manifesto e a Liberazione.
La stessa cronista di Libero ammette che a fare «affondare» la mozione è stata «soprattutto una falla politica. Quella aperta nel Polo da qualche parlamentare di An, molti di FI e tutta la Lega che hanno dichiaratamente annunciato chi l'astensione, chi il voto contro. Viste le brutte, i firmatari della mozione l'hanno ritirata in corner, accortisi, dichiarazione di voto dopo dichiarazione, di essere rimasti quasi soli». Cinque gatti: Elio Vito, Sandro Bondi, Giovanardi, Volonté e Leone. Essendo stati così clamorosamente sconfessati da parte dei propri colleghi di partito e di coalizione, forse qualcuno ne dovrebbe pretendere le dimissioni da capogruppo.
L'editorialista, Michele Brambilla, è il genio dell'accostamento con i calciatori e si espone di più, rivelando molto dello spirito che animava la campagna contro D'Elia. La mozione, ammette con amarezza, «non solo non sarebbe mai passata, ma sarebbe naufragata vergognosamente». Al momento delle dichiarazioni di voto, «a catena i parlamentari dell'opposizione (...) hanno via via tirato indietro la manina con la quale avrebbero dovuto lanciare il sasso».
Insomma, ai parlamentari era richiesto di «lanciare il sasso». Non a caso un'immagine che fa tornare alla mente l'evangelico «scagliare la prima pietra». Ebbene, questi deputati si sono vergognati di scagliare la prima pietra. Probabilmente chiedendosi chi fosse «senza peccato». L'hanno fatto per proteggere se stessi, ha malignamente ipotizzato il Brambilla. Sì, i deputati si sono resi conto che fosse meglio non creare un precedente pericoloso per la democrazia, che si sarebbe potuto ritorcere su chiunque e avrebbe potuto limitare la libertà e le prerogative del Parlamento. Certe cose è meglio lasciarle a Travaglio, a Di Pietro... e al Signor Brambilla.
Patetica la scenetta finale. Vito ritira la mozione. Rivolto alle tribune del pubblico della Camera, saluta «i familiari delle vittime», ma i presenti sono solo militanti radicali e l'unico vero congiunto di una vittima degli anni di piombo, Potito Peruggini, nipote del brigadiere Ciotta, solidarizza con D'Elia che, «avendo espiato la pena ha tutti i diritti di coprire le funzioni a cui è stato eletto». Vito e La Russa hanno preso per provocazione lo spontaneo moto d'ilarità proveniente dai banchi dei radicali.
Oggi il fango sparso da quanti hanno voluto «sfruttare politicamente, da mercanti nel tempio, quella cosa sacra che è il dolore delle vittime» ricade su di essi. Per questa volta il sussulto della destra forcaiola, e ben poco "cristiana", è stato battuto.
3 comments:
Ecco Fede...ora come potremo nascondere le nostre oscure trame???? :-)
Pure entrambi lettori dei Vangeli siamo...:-)))Inyqui Punziani...
E' passata quasi un'ora dalla pubblicazione di questo post e non c'è ancora nessun commento. Strano, sarann o tutti ancora a mangiare. O a fare la siesta per ricaricarsi. Torno dopo. Ciao Jim
Ah un commento c'era, figuriamoci...:-)
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