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Tuesday, July 11, 2006

A Roma per la Nazionale, a Teheran per la libertà

Mentre in Italia scendevamo in piazza per festeggiare la Nazionale di calcio, anche quest'anno, il 9 luglio, giorno del settimo anniversario della rivolta studentesca del 1999, migliaia di studenti universitari di Teheran, Isfahan, Mashad, Shiraz e Mahabad, hanno manifestato scontrandosi con le forze di sicurezza. Pare che a Teheran i dimostranti fossero più di 5 mila. Mentre in Occidente ci si concentra sulla questione nucleare, il divario tra la società civile iraniana e il regime degli ayatollah, con tutto il suo apparato repressivo, aumenta, testimoniato da scioperi e manifestazioni sempre più frequenti.

Presi dalle gesta degli Azzurri, forse abbiamo fatto poco caso alla doccia fredda arrivata in questi giorni dal ministro degli Esteri iraniano Mottaki: solo tra il 15 e il 22 agosto – cioè a Ferragosto – i 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) sapranno se l'Iran accetterà di negoziare lo stop del suo programma nucleare con il pacchetto di proposte avanzato a inizio giugno e sul quale una risposta era attesa per il 6 luglio. Il Segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, è stata costretta a ribadire che l'Iran deve fornire una risposta subito.

Talmente allettante venne giudicato quel pacchetto da indurre i più all'ottimismo. Solo un mese fa commentatori e analisti salutavano la lungimirante decisione degli Stati Uniti di entrare per la prima volta in modo diretto nel dialogo con Teheran sul nucleare: finalmente gli americani hanno capito che all'Iran interessa trattare.

Tuttavia, dopo i primi facili entusiasmi, la sensazione è che Teheran, come al solito, stia solo prendendo tempo, approfittando della pazienza e delle divisioni della comunità internazionale, e che sarebbe inutile impelagarsi nel gioco "del bastone e della carota", consumando invano un decennio come accaduto già per l'Iraq di Saddam Hussein.

2 comments:

Ottavio said...

Gli americani hanno finalmente capito che all'Iran interessa trattare... ... ... da idioti tutti quelli che credono nella sua buona fede...

Qualcuno potrebbe per favore elencarmi dei casi concreti in cui la diplomazia (in particolare di ONU ed UE) abbia risolto casi simili ad Iran, Nord Corea, Darfur, Tibet, ex Jugoslavia, Rwanda, Somalia, Afghanistan, Palestina e tanti altri?

La domanda non è retorica, lo diverrà in caso non ci siano risposte.

La conseguenza diretta? Il passaggio dalle minacce ai fatti (che non vuole dire per forza guerra), mettendosi in gioco con il rischio di perdere la faccia e il portafogli, se non lo si fa in questi casi allora quando?

Ottavio said...
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