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Monday, October 03, 2005

Dio è troppo pubblico e poco privato

E' questo il male spirituale d'Europa, mentre Ratzinger crede il contrario
«Noi uomini, ai quali la creazione, per così dire, è affidata in gestione, la usurpiamo... Vogliamo esserne i padroni in prima persona e da soli, vogliamo possedere il mondo e la nostra stessa vita in modo illimitato. Dio ci è d'intralcio. O si fa di Lui una semplice frase devota o Egli viene negato del tutto, bandito dalla vita pubblica, così da perdere ogni significato. La tolleranza, che ammette per così dire Dio come opinione privata ma gli rifiuta il dominio pubblico, la realtà del mondo e della nostra vita, non è tolleranza ma ipocrisia».
Siamo davvero sicuri che in Europa, e in Italia, Dio sia «bandito dalla vita pubblica»? Eppure, apprendo le parole del Papa da ampi servizi dei principali tg (ore 13 e 20). A ogni sua parola o dei suoi cardinali i giornali dedicano paginoni. Non mi risulta che siano vietate o mal sopportate processioni e feste religiose, mega-eventi che coinvolgono milioni di fedeli accolti benevolmente da grandi città europee. Le associazioni cattoliche sono più che mai vitali, seguitissimi i giornali e le radio, ai temi religiosi sono dedicati film, trasmissioni, sceneggiati. Lo Stato ha stretto con Dio un rapporto privilegiato, di benefici culturali e finanziari di cui la Chiesa si avvale. No, non regge alla prova dei fatti. A meno che per sfera pubblica non si intenda ben altro. Ed è quello che temo. Non è che forse per presenza di Dio nella vita pubblica il Papa intende un legislatore che sposi la visione morale cattolica?

Il grado di adesione alla dottrina cattolica e a uno stile di vita coerente e rispettoso dei precetti del magistero da parte dei cittadini europei è piuttosto basso, ma la percezione che angoscia Benedetto XVI, di un'Europa distante da Dio, non ha nulla a che vedere con la presunta espulsione dell'elemento religioso e del sacro dalla sfera pubblica. Viceversa, l'«influenza» che nella vita pubblica esercitano le religioni, come qualsiasi orientamento culturale, politico, filosofico, purché rispettoso dei principi di tolleranza e democrazia, è garantita dalla libertà d'espressione. E se l'invocare la presenza della religione nella sfera pubblica è un eufemismo che sta indicare la pretesa che le deliberazioni delle assemblee legislative siano ispirate ai principi della morale cattolica, cosicché ai cittadini sia indicata anche dalle autorità civili la via per il «Bene obiettivo», allora il laicista, di fronte a una tale pretesa, non può che opporsi.

Non può che opporsi quando un Papa ripete che le democrazie che hanno scelto la via della legalizzazione dei grandi flagelli morali e sociali del nostro tempo, proprio queste democrazie, questi Parlamenti democratici, sono eredi dei nazisti nella Shoah.

Per quanto possa essere antiquato e aggiornabile il concetto di laicità, che le leggi dello Stato sposino una visione morale o ideologica (che sia essa di ispirazione religiosa o atea non fa alcuna differenza) rimane inaccettabile e incompatibile con quel principio. Il che non equivale a negare che i legislatori presi singolarmente agiscano ciascuno con la propria morale. Ciò è persino ovvio. Ma l'ordinamento, il diritto, non devono contenere che un minimo etico, senza sposare una visione a scapito di altre cui non venga riconosciuta pari dignità morale. E' questa la conquista essenziale della laicità dello Stato.

Stupisce che Ratzinger si rivolga all'Europa, all'Occidente, dove le costituzioni liberali garantiscono la libertà religiosa, di espressione e associazione, e la presenza di Dio nella società non verrà mai messa in discussione. E dove, nei regimi comunisti, come Cina e Vietnam, o islamici, i cristiani sono tuttora perseguitati e vivono intensamente Dio solo nel privato? No, Ratzinger è troppo occupato ad aumentare il «dominio pubblico» di Dio dove c'è già. Non vede che proprio in Europa Dio è sempre più bandito dalla vita interiore: per colpa del clero Dio si è fatto troppo pubblico, addirittura statalizzato, e poco privato.

Ci mancherebbe - tanto per rispondere a Socci - che il Sommo Pontefice non possa commentare liberamente il Vangelo della domenica, al Sinodo mondiale dei Vescovi. Riconosciamo persino che la Chiesa, da 2000 anni, «ha salvato l'Italia dalla barbarie e l'ha trasformata nel giardino del mondo», non dimenticandoci però di altre barbarie di cui si è resa responsabile, contro i suoi sudditi, combattendo la scienza e il liberalismo. Tuttavia, il liberale, che sopra a ogni potere pone l'autonomia e l'autodeterminazione dell'individuo, potrà commentare o no liberamente il pensiero del Papa quando egli sostiene che «laddove l'uomo si fa proprietario di sé stesso, non può esistere la giustizia»? Dunque di chi dovrebbe essere proprietario l'uomo se non di se stesso?

Su una cosa diamo ragione a Socci, riguardo i supini e ipocriti commenti di tutti gli esponenti politici della sinistra, compresi gli irritanti Fassino e Livia Turco. E' vero, come dice Socci, che non c'è alcuna contraddizione nel pensiero del Papa. Il Papa davanti a Ciampi intendeva dire esattamente ciò che ha ripetuto ieri: la laicità dello Stato è «legittima» finché «sana», cioè ispirata ai principi di Dio. Questo, per il Papa, significa Dio nella vita pubblica: la democrazia è legittima fin tanto che il legislatore rimanga nei paletti fissati dall'autorità religiosa.

Non dimentichiamo, anzi apprezziamo «l'eccezionale rilevanza pubblica che ha in America il pensiero cristiano», ma di Tocqueville preferiamo rammentare altri passi:
«Sono così persuaso dei pericoli quasi inevitabili che corrono le credenze religiose quando i loro interpreti si mescolano agli affari pubblici e, d'altra parte, così convinto che occorra ad ogni costo mantenere il cristianesimo in seno alle nuove democrazie, che preferirei incatenare i sacerdoti nel santuario che lasciarli uscire da esso».
«Gli increduli d'Europa combattono i cristiani più come nemici politici che come avversari religiosi: essi odiano la fede più come l'opinione di un partito che come una erronea credenza; e nel sacerdote combattono assai più l'amico del potere che non il rappresentante di Dio. In Europa il cristianesimo ha permesso che lo si unisse intimamente alle potenze terrene. Oggi queste potenze cadono ed esso è come seppellito dalle loro rovine».

3 comments:

Anonymous said...

E' un interessante esercizio di ipotesi e supposizioni: "Non è che forse per presenza di Dio nella sfera pubblica il Papa intende un legislatore che sposi la visione morale cattolica?" Chiedilo a lui, oppure attendi e verifica. Vedi, fai troppa dietrologia e perfino un discorso che avresti dovuto accogliere con entusiasmo riesci a trasformarlo in un attacco alla laicità. Proprio citando Tocqueville, Paul Berman sul Corriere dà ragione al Papa e alle sue parole. E non mi pare che Berman sia Pedrizzi.

Ciao,

harry

ps: tralascio il discorso sulla presunta connivenza del Papa con Cina e Vietnam... Non mi risulta che qualcuno in Occidente si rifiuti di commerciare con la Cina.

ps2: credo che manchi un pezzettino di frase nel penultimo capoverso prima delle citazioni.

JimMomo said...

Comprendo Berman, ho già ampiamente scritto sulle differenze del ruolo della religione in America e in Europa e il differente quadro normativo.

Poi se lo ripeto tu mi risponderai che queste si devono alla nostra storia e allora zitti e mosca, anzi zitti e vaticano.
:-))

harry said...

LOL

Zitti e Mosca sarà ben presto un motto che dovrai far tuo :-)

Ciao.