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Monday, October 17, 2005

Per una riforma americana dei rapporti fra stato e chiesa

La statua di San Benedetto a NorciaLe omissioni che rendono l'affare teocon alla norcina assai sospetto

Ciò che non mi spiego e che mi rende sospettoso circa il fine di operazioni culturali e politiche come quella del presidente del Senato Marcello Pera è per quale motivo il modello americano di religione civile (di questo si tratta) non venga raccontato e auspicato in tutte le sue parti. Perché, del confronto di cui parla Pera facciano parte le convergenze, anzi le vere e proprie adesioni, mentre non faccia mai parte ciò che dovrebbe fare la Chiesa cattolica per trasformarsi nella religione civile che sembra - sembra - essere invocata da tutte le parti. Perché i sostenitori di questo tentativo non citino per intero Tocqueville. Ecco, tutte queste omissioni rendono l'affare teocon alla norcina assai sospetto.

Procediamo con ordine. La domanda posta da Return al blog Wind Rose Hotel è una buon quesito di partenza: un sistema sociale può fondarsi soltanto sul concorso di ragione e interesse, come credevano gli illuministi, oppure ha necessità di un fondamento extrarazionale?. Non di necessità si tratta, risponde Wind Rose Hotel, ma di opportunità e utilità "sociale" del fondamento religioso. Non una scelta di fede, ma mera opportunità. In questo una decisione «laica e machiavelliana».

Sgombriamo subito il campo da un semplice equivoco espressivo. Ragioniamo sull'opportunità o meno che l'elemento religioso nelle nostre società si manifesti nella forma della religione civile. Se invece pensassimo a un «fondamento religioso» dello Stato, ebbene dovremmo sapere che non c'è alcuna possibilità di incontro con la laicità, sia essa nuova o vecchia.

A favore della religione civile si esprime Pera nel libro "Senza Radici":
«La mia idea è che ciò che occorre è una religione civile, la quale sappia trasfondere i suoi valori in quella lunga catena che va dall'individuo alla famiglia ai gruppi alle associazioni alle comunità alla società civile, senza passare per i simboli dei partiti, i programmi dei governi, la forza degli Stati, e perciò senza toccare la separazione nella sfera temporale fra Stato e religione. In Europa e nell'Occidente che l'Europa ha fecondato, una religione siffatta è naturaliter cristiana per la peculiare tradizione europea e occidentale. E' perciò una religione civile cristiana non confessionale».
Pera ribadisce a Norcia in cosa consiste una tale religione civile:
«Trasformare i princìpi e i valori della nostra tradizione cristiana in abiti, costumi, comportamenti consapevoli e vissuti della società e lasciare al libero corso della politica avvertita di tali princìpi e valori la determinazione della loro evoluzione nelle leggi e nelle istituzioni».
Sempre dal libro sopra menzionato leggiamo Ratzinger, oggi Papa, aderire con entusiasmo: ma è proprio ciò di cui parlava Tocqueville! La democrazia americana, prova a spiegare l'allora cardinale, funziona grazie a «un insieme di convinzioni religiose e morali di ispirazione cristiano-protestante, che nessuno aveva prescritto o definito, ma che veniva semplicemente presupposto». Il modello di religione civile americana, implicitamente contrapposto alla laicità di stile europeo, incontra anche il favore del presidente della Cei Camillo Ruini, il quale tempo fa dichiarava:
«Un tale modello sembra meglio in grado di garantire, nell'attuale società libera e democratica, i fondamenti morali della convivenza e in ultima analisi una comune visione del mondo, cosicché la promozione della democrazia appaia un imperativo morale in sintonia con la fede religiosa».
In America la libertà, secondo quanto osservato da Alexis de Tocqueville, trova nel sentimento religioso i limiti e il «ritegno» morale che la rendono praticabile. Non tutti i cittadini americani credono in una religione, ma credono necessarie le religioni e la libertà religiosa alla conservazione della democrazia. Il sentimento religioso svolge la funzione "civile" di promuovere negli individui virtù pubbliche profondamente rispettose delle istituzioni democratiche e repubblicane, ma esso non viene imposto per legge favorendo il magistero e gli averi dell'una o dell'altra chiesa. L'indebolimento del sentimento religioso prepara i cittadini alla servitù. In assenza di un'autorità religiosa credibile sono «pronti a sottomettersi a un padrone che assicuri loro almeno l'ordine materiale». Ma facciamo attenzione. Per essere credibile quell'autorità dovrà soddisfare una precisa condizione: non essere compromessa con i poteri mondani. Da queste riflessioni la celebre massima tocquevilliana: «E' il dispotismo che può non curarsi della fede, non la libertà».

Essendo nazismo e comunismo essi stessi delle fedi, hanno cercato invano di estirpare l'aspetto religioso dalle società. Non così i regimi liberaldemocratici, che garantiscono la libertà religiosa anche in ambito pubblico nella consapevolezza che essa fa parte dei diritti fondamentali dell'uomo e che una democrazia che voglia definirsi tale non può farne a meno. L'emendamento che nella costituzione americana fissa la separazione fra stato e chiesa tutela la libertà religiosa dall'ingerenza statale vietando allo stato il riconoscimento di religioni. Esattamente il contrario di quanto avviene in Europa, dove la separazione tutela la politica da influenze religiose. Questo perché negli Stati Uniti non vi fu all'inizio, e non vi è ora, alcuna fede religiosa contraria alle istituzioni democratiche, mentre a lungo in Europa vi fu l'opposizione cattolica nei confronti delle teorie liberali e democratiche. Mentre in Europa «lo spirito di religione e lo spirito di libertà» procedevano «in senso contrario», negli Stati Uniti «regnavano intimamente uniti». Se la religione ha «una così grande importanza in America, ed è professata spesso con tale ardore, lo si deve proprio alla completa separazione tra Chiesa e Stato». La laicità europea di oggi non è che il frutto dell'esperienza di coloro che nell'800 Tocqueville chiamava «gli increduli d'Europa»:
«Essi combattono i cristiani più come nemici politici che come avversari religiosi: essi odiano la fede più come l'opinione di un partito che come una erronea credenza; e nel sacerdote combattono assai più l'amico del potere che non il rappresentante di Dio. In Europa il cristianesimo ha permesso che lo si unisse intimamente alle potenze terrene».
Dunque, in un'ottica liberale la separazione fra stato e chiesa serve a garantire la libertà di culto e a preservare la credibilità delle autorità religiose, senza la quale verrebbe a mancare l'importante funzione civile della religione. Se lo stato dovesse riconoscere il primato di una religione sulle altre, o se mischiasse i suoi affari con quelli delle chiese, la libertà religiosa verrebbe negata sia alle chiese discriminate, sia ai fedeli che si vedrebbero imposti una confessione e una morale di stato. Negli Stati Uniti, più che in altri paesi occidentali, grazie alla netta separazione fra stato e chiesa, laicità e religiosità sono connotati della stessa realtà antropologica. Due liberali classici come Adam Smith e Thomas Jefferson intuirono due secoli fa che il senso religioso ne avrebbe tratto beneficio. E Tocqueville arriva a dire:
«Sono così persuaso dei pericoli quasi inevitabili che corrono le credenze religiose quando i loro interpreti si mescolano agli affari pubblici e, d'altra parte, così convinto che occorra ad ogni costo mantenere il cristianesimo in seno alle nuove democrazie, che preferirei incatenare i sacerdoti nel santuario che lasciarli uscire da esso».
Legando la propria autorevolezza alle leggi che regolano la convivenza civile e ai poteri terreni, la Chiesa invece «sacrifica l'avvenire in vista del presente e, ottenendo un potere che non le spetta, mette a repentaglio il suo potere legittimo».

Massima libertà d'espressione e di movimento della Chiesa nella società e nella politica; assenza di ogni legislazione e logica concordataria nei rapporti con lo stato. Mentre sul primo aspetto del modello americano di religione civile si concentra l'offensiva teocon per una «nuova laicità», proprio questo secondo corno del problema guarda caso sfugge. La possibilità della rinuncia ai privilegi concordatari e alla forma-Stato del Vaticano non sono nemmeno sfiorati, vengono totalmente e costantemente espunti dai discorsi degli ecclesiastici e dei teocon sulla presenza di Dio nella sfera pubblica. La Chiesa scende in campo accettando la società civile come spazio dialogico e le regole del gioco democratico che implicano l'eventualità di trovarsi in minoranza. Una Chiesa che combatte la sua battaglia nel libero mercato delle idee, rivolgendosi apertamente al mondo della politica, non può, contemporaneamente, godere di un regime di protezionismo concordatario, che le assegna privilegi e benefici dovuti al fatto che essa è la religione degli italiani. L'otto per mille e l'inserimento in ruolo degli insegnanti di religione sono solo i primi di una lunga serie di privilegi.

Cosa manca alla realtà italiana ed europea affinché l'elemento religioso si possa esprimere nei termini di una religione civile, così come auspicano i suoi ammiratori tra porporati e teocon? Proviamo a osservare per un attimo quali sono gli ostacoli che si frappongono alla auspicata religione civile sul modello americano. Ci accorgeremo che le possibilità di uno sviluppo in questo senso dei rapporti fra stato e chiesa non dipendono da un aggiornamento del vecchio concetto di laicità, ma sono tutte nelle mani della Chiesa cattolica, che potrebbe decidere di trasformarsi in religione civile se solo lo volesse. In tre mosse. 1) rinunciare a ogni rapporto e privilegio concordatario con lo stato; 2) rinunciare alla forma-Stato che le impedisce di godere delle garanzie di un qualsiasi corpo intermedio; 3) accettare la libera concorrenza delle altre religioni.

Un recente studio del Pew Research Center sulla religiosità nel mondo giunge alla conclusione che la forza permanente dei valori religiosi e la vitalità della vita spirituale che contraddistinguono gli Stati Uniti dalle altre nazioni ricche possono trovare una spiegazione nella teoria del mercato religioso, che dimostra come l'intensa competizione tra confessioni rivali possa generare tale fermento. Negli Stati Uniti le diverse religioni si fanno concorrenza per rispondere alla domanda di senso religioso esattamente come nel libero mercato le imprese competono tra loro per aggiudicarsi i clienti. Numerosi studi hanno dimostrato che il sentimento religioso, l'affermarsi di una religione civile, vengono favoriti da una società in cui convivano con pari dignità una pluralità di chiese libere, senza alcun rapporto privilegiato con lo Stato e senza quel monopolio sulle anime esercitato dalla Chiesa cattolica in Italia.

Ogni pubblica proclamazione della necessità di una religione civile, la quale sappia trasfondere i valori della tradizione cristiana nella società, per essere credibile e non sospettata di neoclericalismo e neotemporalismo deve affrontare la questione dei passi richiesti alla Chiesa cattolica in quella direzione. Quindi, caro Wind, da liberali non possiamo che farci promotori di una riforma americana dei rapporti fra stato e chiesa, fra politica e religione.

P.S.: C'è da dire, a scanso di ulteriori equivoci, che proprio il concetto di religione civile, se assumiamo come parametro l'esperienza americana, dimostra l'impossibilità di una soluzione al problema teologico-politico soddisfacente dal punto di vista dell'ortodossia religiosa. Una fede il cui ruolo nella sfera pubblica, nel rispetto della separazione fra stato e chiesa, viene riconosciuto in quanto "civile", di coesione sociale e rafforzamento delle istituzioni democratiche e repubblicane, fino ad assumere connotati patriottici (terreno su cui si fonda l'alleanza politica tra i neoconservatori - liberali e laici - e la destra religiosa americana) vede ridotta la credibilità delle proprie Verità rivelate. Ma questo magari sarà tema di un prossimo post.

6 comments:

Anonymous said...

lol

Anonymous said...

Impeccabile.

Anonymous said...

Per la miseria, potrei sottoscrivere tutto dalla prima alla...penultima (o terzultima) riga. Sempre sulle conclusioni ultime divergiamo. Io trovo invece che proprio la temperie "concorrenziale" conferita alla religione dalla cornice istituzionale americana renda evidenti i presupposti "veritativi" che essa implica. E che proprio oltreoceano si veda con chiarezza che il liberalismo è una forma di cristianesimo secolarizzato, sorto per placare almeno in quel paese la furia delle guerre intercofessionali europee sulla base del noto "cuius regio, eius religio". Un precetto, quindi, di spettanza intracristiana, non vagamente "ecumenico" come appare a certi suoi confusi sostenitori d'oggi.
Però il tuo discorso è, per me, condivisibile al 95%. Dove sarà l'inghippo? :-)

Anonymous said...

Per la miseria!!
Come modello la società americana NO, per favore, NOOOO.
Dio ci scampi.

S.R. Piccoli said...

Ci sono molti punti del tuo ragionamento che mi trovano concorde, a cominciare dal riconoscimento tocquevilliano dei “pericoli quasi inevitabili che corrono le credenze religiose quando i loro interpreti si mescolano agli affari pubblici.” Tu da qui fai derivare, una serie di contestazioni, che, all’ingrosso, mi sembrano non solo legittime, ma persino doverose. Tuttavia …, tuttavia attenzione alle interpretazioni “letterali”—siano esse riferite alla Bibbia, allo stesso Tocqueville o al modello americano …
La Signora Thatcher espresse una volta un concetto chiave, di grande chiarezza ed efficacia, sulla differenza tra l’Europa e l’America: la prima è stata forgiata dalla storia, la seconda dalla filosofia. Differenza fondamentale. L’applicazione all’Europa di vari aspetti del “modello americano,” quindi, deve essere sempre molto, molto cauta. Se c’è qualcosa che può far deragliare tutto è proprio questo tipo di errore.

Anonymous said...

Poi Paolo ci spiegherà cosa c'entra il protestantesimo con la Magna Charta...

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