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Sunday, October 23, 2005

Per Blair scatta l'ora della mission impossible europea

Non è più l'era del Big State, ma è il tempo dello Stato strategico che dà il potere, che abilita, che pone la libertà e la responsabilità di decidere nelle mani della gente e non più del governo.

-Non chiedeteci più cosa possiamo fare per voi. Noi vi abbiamo dato le risorse ed il potere di utilizzarle, adesso tocca a voi dire cosa ne farete-. Tony Blair


Quella di Tony Blair, alla vigilia del vertice europeo di giovedì prossimo a Hampton Court, è la calma dei forti. I forti delle proprie convinzioni. Proporrà un terzo del budget europeo per la ricerca e lo sviluppo e il rilancio della competitività delle università europee, favorendo accordi tra business e atenei. Contro il modello franco-tedesco-italiano spera nel nuovo ruolo che potrebbe giocare la Germania della Merkel.

A presentare informalmente il piano Blair in tutte le capitali europee è il sociologo Antonhy Giddens, ideatore della "terza via". In un suo intervento su la Repubblica ha ricordato i presupposti della ricetta blairiana «per la ripresa economica: riforma radicale del welfare e recupero di competitività attraverso l'investimento sul capitale umano». A partire dalla domanda che Blair pose al Parlamento europeo nel giorno dell'inaugurazione della sua presidenza di turno: che tipo di modello sociale è quello che lascia disoccupati 20 milioni di persone... e 93 milioni di persone "economicamente inattive"? Soltanto il 40 per cento degli uomini e delle donne di età superiore ai 55 anni è "attivo" in Europa, contro il 60 per cento degli Stati Uniti e il 62 per cento del Giappone. A tutto questo contribuiscono al 70 per cento Francia, Germania e Italia.

In un'intervista rilasciata al Corriere, Blair chiarisce che «lo scopo non è quello di proteggere i posti di lavoro, bensì i lavoratori».
«Quando ci fosse dislocazione di persone, la risposta non sta nel dire che la dislocazione non deve avvenire, perché se le aziende hanno bisogno di ristrutturare devono poterlo fare, ma nel dare aiuto ai lavoratori a riqualificarsi, a trovare nuovi lavori».
Tutto dunque dipenderà dalla ricomposizione o meno del contrasto tra Gran Bretagna e Francia sul termine modernizzazione. Spiega Giddens:
«Per il presidente francese, lo stesso termine "modernizzazione" è sospetto, in quanto considerato semplicemente un'altra parola dietro la quale si cela la espansione del dominio del mercato e una insidia alle forme di protezione sociale che sono, prima di ogni altra cosa, il cuore stesso del modello sociale... Quando Blair ha ricordato questi punti al presidente Chirac, nel contesto della discussione sulla Politica Agricola Comune, Chirac ha esclamato adirato: "Lei è molto sgarbato! Nessuno mi aveva parlato in questi termini prima d'ora"».
Patetico Chirac

Andrea Romano, su La Stampa, sintetizza efficacemente la «ricetta politica» utilizzando espressioni dello stesso Blair.
«Non è la riscoperta keynesiana di grandi opere sostenute dal debito pubblico o un controllo dei prezzi da affidare alla banca centrale europea... Al contrario, la strada per la riforma del modello sociale passa attraverso "l'apertura dell'Europa alla competizione internazionale", "l'investimento in politiche educative migliori e più sostanziose", "la flessibilità del mercato del lavoro intesa come chiave del successo economico". E soprattutto per "il superamento della resistenza degli interessi corporativi in Germania, Francia e Italia", dove "né i governi del centrosinistra nè quelli di centro destra sono riusciti a produrre riforme, con il risultato di conservare sistemi di welfare non più sostenibili e associati a tassi alti di disoccupazione e sottoccupazione"».
Questo sarà anche il programma di Prodi? Ne dubitiamo fortemente e ci auguriamo invece che almeno siano le parole d'ordine, le bandiere e le frecce nell'arco del nuovo soggetto tra radicali e socialisti. Per una sinistra alternativa a quella prodinottiana.

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