Pagine

Sunday, October 09, 2005

«Premio per il quieto vivere»

Mai titolo poteva essere così indicativo come quello del Foglio sul premio Nobel per la "pace" che il comitato norvegese ha assegnato all'Aiea guidata dall'egiziano El Baradei.

Il suo lavoro all'agenzia è la più emblematica dimostrazione che quando il controllore si trasforma in diplomatico, svolgendo quindi un ruolo politico, anche se di mediazione, di cui non deve rendere conto, sono danni. El Baradei non dovrebbe "negoziare", o "mediare", ma limitarsi a verificare, a controllare e a relazionare il Consiglio di Sicurezza. Quando in possesso di informazioni sul riarmo nucleare di un paese in violazione di un trattato che cosa ci sarebbe da mediare? Tra chi? E perché?

A causa dell'impropria estensione del suo ruolo, anche un articolo improntato alla cautela nel giudizio sul direttore dell'Aiea, come quello su il Riformista sabato, è indotto ad utilizzare termini equivoci, che dimostrano l'ambiguità del lavoro svolto da El Baradei e dei suoi meriti impropri. Tra questi, il merito di saper ben «destreggiarsi» nelle crisi nordcoreana e iraniana. Destreggiarsi? Dovrebbe invece cercare dati di fatto. E in possesso di questi, riferirli. Per la sua capacità di «mediazione diplomatica» gli sarebbe stato assegnato il premio. Nel fare cosa, nel concedere il «beneficio del dubbio» agli iraniani, nell'adottare una politica dell'«aspetta e spera» fin troppo sospetta? Non è pagato per concedere il beneficio del dubbio, per ritagliarsi un ruolo da cuscinetto che metta al riparo le dittature nucleariste dalle politiche aggressive di Washington o (magari) Bruxelles, ma per presentare pareri tecnici.

Inquietante la sua prima dichiarazione da Nobel:
«Dobbiamo abbandonare la nozione che sia moralmente riprovevole per alcune nazioni cercare di entrare in possesso di armi di distruzione di massa e che sia, invece, moralmente accettabile che altri Stati se ne possano dotare per garantire la propria sicurezza».
La sovranità nazionale non è equivalente. Le dittature non possono essere intoccabili come le democrazie. E' uno di quei principi che dovrebbe, ma che sappiamo non sarà, essere alla base di qualsiasi riforma dell'Onu.
«Gli iraniani devono essere tranquillizzati che nessuno pensa seriamente al "regime change"».
Ecco, quando capiremo che oggi questa sicurezza non va mai, mai garantita, e che in passato abbiamo sbagliato a garantirla? I regimi autoritari cercheranno di dotarsi di armi sempre più distruttive? Lo impediremo, e magari sarà anche occasione per liberare i popoli oppressi.

1 comment:

Anonymous said...

se gli iraniani non confidassero in un "regime change" si sarebbero già sollevati in una rivoluzione o se ne sarebbero andati già via,è solo per la convinzione che il regime islamofascista che gli iraniani hanno la forza di andare avanti giorno per giorno.
Baradei è l'emblema del conservatore dello status quo e dei regimi ancora presenti sul pianeta.Il fatto che diano a lui il nobel per la pace è più che ovvio.infatti la pace è concepita come appeasement da dopo la 2 guerra mondiale,nulla di più,è quello su cui è fondato l'onu,ed è il motivo per cui fallirà clamorosamente e,forse,molto dolorosamente.
L'unica speranza sono gli Stati Uniti e le nazioni che li seguono nella salvaguardia e nella promozione della Libertà.
Se non si vuole comprendere questo la pace,qualunque significato le si voglia attribuire,non la si vuole proprio.
saluti.