Ma detto questo, alcune nostre inquietudini appaiono giustificate... e primarie. Prima inquietudine. E' stata una mobilitazione di mera protesta e appartenza. Dei contenuti programmatici dei candidati alle primarie - del tutto assenti - gli elettori del centrosinistra se ne sbattono. Conta l'antiberlusconismo. Prodi non ha avuto nemmeno il pudore di abbozzare uno straccio di idea che non fosse il ritiro delle truppe dall'Iraq. Non si è sforzato neanche un po' di difendere la famosa direttiva Prodi-Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi proprio in questi giorni contestata dai comunisti. Figuriamoci se ci si può aspettare che venga messo in discussione, come ha fatto Blair al Parlamento europeo, l'attuale modello (anti)sociale.
«Ditemi: che tipo di modello sociale è un modello che produce 20 milioni di disoccupati in Europa, che ha tassi di produttività inferiori a quelli degli Stati Uniti, che ha un numero di laureati scientifici inferiore a quello dell'India? L'obiettivo del nostro modello sociale dovrebbe essere quello di espandere la nostra abilità nel competere, aiutare i nostri popoli a tenere il passo con la globalizzazione...».L'anomalia tutta italiana della sinistra. Osservava acutamente Oscar Giannino ieri su Il Messaggero: «In nessun grande Paese dell'Europa continentale i partiti riformisti della sinistra sono alleati per governare con quelli della sinistra antagonista ed estrema... Il problema politico di un programma di governo di un paese occidentale e di mercato condiviso da riformisti e antagonisti l'Europa lo risolve finora in modo del tutto difforme da quanto sembra fare in Italia l'Unione». Questo il secondo motivo di grande inquietudine.
Torniamo alla mobilitazione. Ciò che è motivo di vanto per Emanuele Macaluso, tanto da sbatterlo in faccia al Berlusca ("tu non ce l'hai, pappappero..."), è invece per noi motivo della terza inquietudine. «Il Cavaliere non capisce cosa significhi il voto di oltre quattro milioni di persone che hanno atteso ore per avere una scheda, rispetto a un consenso passivo o allo scetticismo che pure ha caratterizzato la vita politica italiana. Quei votanti sono persone determinate, "attivisti" che operano in tutti i gangli della società, che parlano, si confrontano e fanno politica». Questi hanno già occupato tutto, e se ne vantano.
La teoria dello stato nello stato è davvero solo leggenda o c'è del vero? Imbattibili nel colonizzare le amministrazioni pubbliche e il loro indotto, e attraverso esse nel distribuire lavoro ottenendo voti e appoggi, questi accompagnano il cittadino-elettore dalla culla alla bara ricavandone in cambio provetti e scattanti «attivisti» che vanno a occupare a loro volta «tutti i gangli della società». Il risultato è il costituirsi di un blocco sociale, che va dai poteri forti fino alle più piccole corporazioni di privilegiati e ai clientelismi, sempre pronto a essere mobilitato.
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