Prima delle elezioni, prima della democrazia formale, scrive Magdi, bisogna «radicare e diffondere i valori del primato della persona e della sacralità della vita di tutti». Il suo mi sembra un errore fondamentale. Com'è possibile che questi valori si affermino, che almeno formalmente siano riconosciuti i diritti umani e politici dei cittadini in società chiuse? Come provocare quella «rivoluzione di valori» se non a partire proprio dalla democrazia formale? No alla democrazia formale, dice Allam, ma i due esempi che cita - Egitto e Iran - non sono affatto di democrazie formali. Esse sono, anche formalmente, delle dittature.
Se è vero, come lo stesso Magdi scrive, che «le dittature e l'opposizione teocratica sono due facce della stessa medaglia, il prodotto della stessa ideologia dell'intolleranza, della violenza e della morte», più consentiamo il protrarsi nel tempo di questo circolo vizioso della dittatura che alimenta l'integralismo e dell'integralismo che richiede la dittatura per arginarlo e più sarà difficile provocare e aiutare qualsiasi cambiamento.
Ciò che succede in Egitto è emblematico proprio dell'urgenza democratica. Prima di tutto non è ancora dimostrato che quando i popoli arabi e musulmani sono messi in condizione di scegliere, essi scelgono l'integralismo. In Egitto (e men che meno in Iran) non abbiamo visto elezioni libere, ma un'operazione messa su dal presidente Mubarak per scegliersi la controparte con la quale venire più facilmente a patti per conservare il proprio potere. Illegali ma tollerati, i Fratelli Musulmani hanno avuto miglior trattamento (finché non si sono avvicinati alla soglia di seggi che il regime aveva stabilito di concedergli) di quello riservato ad Ayman Nour e al suo partito liberaldemocratico Al-Ghad, sui quali si sono concentrati gli atteggiamenti intimidatori del regime. Chiaro il messaggio di Mubarak all'occidente, e alla Casa Bianca in particolare: "Vedete? io li faccio votare, ma poi vincono gli integralisti islamici". C'è da scommettere che sia stata questa la frase che Mubarak ha pronunciato al telefono con Bush.
Non dobbiamo cadere in questa trappola retorica che ha il solo scopo di minare la nostra determinazione a promuovere la democrazia in Medio Oriente. Magdi Allam c'è caduto. Anche la dicotomia tra democrazia formale e sostanziale è fonte di troppi equivoci. La forma è sostanza. Questo pregiudizio di nuovo di moda in certi intellettuali - in fondo dettato dalla paura - che i cosiddetti valori danno sostanza alla democrazia, mentre le regole si risolvono in vuote forme, fa perdere di vista la premessa di qualsiasi democrazia, cioè proprio le regole che garantiscono il suo corretto funzionamento formale. Per rincorrere i valori pensati in astratto si perdono spesso di vista le regole empiriche che li fanno vivere.
Un rischio ineluttabile nel dare una possibilità alla democrazia in Medio Oriente è anche quello di veder vincere componenti integraliste. In una società chiusa è fisiologico che la voce dell'integralismo diffusa dalle moschee sia la sola a essere ascoltata oltre a quella del regime, ma sono persuaso che in una società aperta e in elezioni libere, che solo il rispetto formale delle regole democratiche può garantire, forze autenticamente liberali e democratiche possano dire la loro. Comunque dalla democrazia formale e dal «rito» delle elezioni si dovrà passare. Meglio prima che poi.
UPDATE: Anche Carlo Panella ha risposto a Magdi Allam:
«Magdi Allam ha ragione a prevedere questi esiti elettorali catastrofici. Ma ha torto nel pensare che vi sia un'alternativa. Questa tematica è molto presente nel dibattito dottrinale che attraversa da anni gli Stati Uniti dai tempi di Kennedy, tanto che la "Great Middle East Strategy" presentata da George W. Bush al G8 di Savannah, nel 2004, s'impernia innanzitutto sulla diffusione della parità di diritti della donna, dell'istruzione, dell'informazione, e non soltanto sull'indizione di elezioni democratiche (Magdi comunque sbaglia a citare quelle iraniane, che sono una farsa in salsa bulgara). Il problema è, però, che non esistono nei paesi musulmani forti leadership nè di governo nè di opposizione disposte a diffondere i diritti umani, neanche in cambio della garanzie di continuità dei loro regimi».
6 comments:
Niente da aggiungere. Chapeau.
Mi astengo dal commentare (mi copro anche la bocca per nascondere il riso).
Piccola nota: in Iran quando i popoli hanno scelto, si è optato per la repubblica islamica. Non significa che la volessero, nè che gli piacesse o gli piaccia. Ma il referendum ci fu, e il risultato non lascia dubbi.
aa
E' incredibile la vostra cecità. Avete creato un mostro.Non la democrazia.
IO invece sono con Magdi Allam e trovo che la declinazione dell'idealismo in chiave realista sia un'intuizione da condividere.
Tommaso
http://inoz.ilcannocchiale.it
Non si tratta di questo, Inoz, non è l'idealismo in chiave realista di Krauthammer. Allam ha parlato di sospendere - sospendere! - la promozione della democrazia.
Vediamo se è un momento di sfiducia o una svolta.
Paolo, ti ho già risposto nei commenti aperti :-))
Dai, allora vi dico la mia da "realista": nessuno esporta la democrazia. Tutti fanno i loro interessi. Dove fa comodo, si ribaltao i regimi. Altrove li si tiene invita.
Nessun problema morale: nei dicasteri degli esteri non ci sono attivisti per i diritti civili. Ci sono persone serie. aa
Post a Comment