«I Paesi con la maggiore libertà economica - si legge sul rapporto - hanno anche un più alto tasso di sviluppo economico di lungo termine e sono più prosperi di quelli che ne hanno meno». Non è, pertanto, un caso che l'economia italiana, negli ultimi cinque anni, sia cresciuta meno, nota Ostellino. L'osservazione più illuminante:
E' «fuorviante e ingiusto attribuire la responsabilità della nostra arretratezza in tema di libertà economica "solo" alla classe politica. C'è un rapporto diretto fra politiche pubbliche e società civile che, in democrazia, si chiama "consenso". Se, dunque, tutti i governi che si sono succeduti alla guida del Paese - compreso quest'ultimo che si è presentato come "il più liberale" - non sono riusciti a farlo progredire anche sul piano economico, la ragione a me pare una sola: la scarsa autonomia della Politica rispetto agli interessi organizzati, che continuano a farla da padroni.
(...)
Pesano sulla libertà economica del nostro Paese l'ancora eccessivo interventismo pubblico (punteggio 2), il carico fiscale "pesantissimo" (4,3), un sistema bancario e finanziario poco efficiente (2), diritti di proprietà non sufficientemente tutelati (2), il sistema pensionistico, la rigidità del mercato del lavoro, la corruzione, una burocrazia pletorica (regole che variano da regione a regione rendono il sistema poco trasparente, punteggio 3, ingolfano il mercato, 2,5, e, con l'elevato tasso di criminalità locale, scoraggiano gli investimenti esteri, punteggio 2). Dei nove parametri utilizzati, solo la politica monetaria raggiunge il punteggio pieno (1), a conferma dei benefici indotti dal "vincolo europeo"».
1 comment:
eredita' culturali prima che economiche difficili da lasciare...
www.bloggers.it/ispirati
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