Quando, trent'anni fa, ero corrispondente del Corriere dall'Unione Sovietica, la nostra sinistra mi accusava di essere «di destra» perché raccontavo la «vita agra» dei russi, contraddicendo la propaganda ufficiale che dipingeva il regime sovietico come la realizzazione della giustizia e dell'eguaglianza. Poiché, raccontandone le vicissitudini, ero dalla parte della gente comune, mentre la sinistra era da quella del potere costituito, io, liberale, mi sentivo «di sinistra», e la sinistra, che della gente comune non si curava, a me pareva francamente «di destra».Ecco, questo tipo di ragionamento, di Piero Ostellino, oggi sul Corriere della Sera, che attribuisce al termine "sinistra" un connotato naturalmente positivo e a quello "destra" uno sempre e comunque negativo, comprendo che possa irritare quanti si definiscono di "destra". E' un retaggio del passato, di vecchi schemi e divisioni ideologiche. Di quando erano netti i confini tra una destra che difendeva la libertà, anche frenando la partecipazione democratica, e una sinistra che anelava all'uguaglianza, anche sacrificando la libertà. Oggi quei confini sono molto più sfumati. La realtà politica delle democrazie occidentali è profondamente mutata. Non è raro vedere destre che sanno interpretare le esigenze dei ceti meno abbienti, della "gente comune", e sinistre che cominciano ad apprezzare quanto la libertà sia d'aiuto anche all'uguaglianza. Quel genere di uguaglianza che non deriva da teorie utopistiche: l'equità.
Anche se tentassimo di usare lo spartiacque conservatori/progressisti per distinguere destra e sinistra, oggi troveremmo con una certa facilità destre riformiste e sinistre conservatrici. A guardare bene è sempre stato così, anche per quanto riguarda la "collocazione" del liberalismo. Il liberalismo è per sua stessa natura a-ideologico. Caratterizzandosi essenzialmente come teoria dei limiti del potere dello Stato, dei governi, non è facilmente adottato da chi si trova a esercitare il potere legittimo, che tende naturalmente a espandere il proprio interventismo per realizzare la sua visione di società "buona".
E' per questo che il liberalismo non riesce ad essere di destra, di sinistra, o di centro. Al massimo ci si trova, a destra, a sinistra, e al centro, ma sempre in bilico. Sia le destre come le sinistre possono avvicinarsi ad esso fino a includerlo o allontanarsene fino a escluderlo del tutto.
Ma Ostellino, e come lui Alberto Alesina e Francesco Giavazzi con il loro ultimo libro "Il liberismo è di sinistra", non credo vogliano precludere il fatto che il liberalismo possa trovarsi a destra, quanto rivendicare il fatto che possa trovarsi a sinistra. Anche su questo blog avete molte volte letto, fino alla nausea, che "più libertà vuol dire più equità", che le uniche politiche "di sinistra" sono quelle liberali, che le disuguaglianze provocate dalle politiche liberali sono le uniche tollerabili. Scrive bene Ostellino, che i due economisti «confermano semplicemente che il "paradosso liberale" era già vincente allora». E coloro che si ritengono di destra liberale dovrebbero festeggiare la vittoria culturale nei confronti di una sinistra che per rimanere tale, fedele ai suoi migliori principi, deve convincersi a fare proprie le politiche liberali.
Giavazzi e Alesina usano il termine "sinistra" in modo provocatorio, perché la battaglia si svolge in quel campo. Si rivolgono proprio a coloro che per riflesso gli attribuiscono valore innatamente positivo, per cercare di comunicare il fatto che il liberismo risponde ai loro principi, è politica di governo efficace a centrare i loro obiettivi. Dunque, chi da destra legge Giavazzi, Alesina e Ostellino dovrebbe avere a mente quella frase del dissidente sovietico ai dirigenti del Pci: «Non dubito della vostra buona fede. Ciò che vi chiedo è di non continuare a far pagare a noi russi il vostro ritardo nel capire». Quel ritardo Giavazzi e Alesina intendono aggredire.
Sulla distinzione, che fa oggi Ostellino, tra liberalismo politico e liberalismo economico (o liberismo) ci sarebbe molto altro da dire. Mi limito a osservare che mi pare distinzione discutibile e fuorviante, essendo libertà politica (cioè stato di diritto) e libertà economica, condizioni necessarie ma entrambe non sufficienti per parlare di liberalismo. A indurre in errore è il termine "liberista", che infatti non esiste nella politologia anglosassone. Un liberale che disconosca il valore o della libertà economica o di quella politica non è liberale, né un "liberista". Discorso chiuso.
P.S. Sulla debolezza della cultura liberale in Italia, lucido questo articolo di Salvatore Carrubba su Il Sole 24 Ore.
11 comments:
Jim, ho riletto il tuo post un paio di volte, ma sostieni una tesi che non mi convince. Giavazzi sa benissimo quale programma portò l'Unione al voto e sa benissimo che di liberale non aveva niente. Anzi, ne era la negazione assoluta. Il problema è che dopo un anno e mezzo di governo sciagurato costantemente in bilico tra il capitalismo bancario di Prodi e il pauperismo della tradizione comunista, oggi uscirebbero a pezzi anche da una tornata elettorale che portasse al voto solo simpatizzanti di sinistra. E' un tentativo penoso di salvare il salvabile che prova a fare sponda al nascente partito democratico nel tentativo di evitare che si risolva in un aborto. Nulla da dire sul fatto che una politica liberale produca le sole ineguaglianze accettabili. E' una ovvietà che sfugge soltanto ai più trinariciuti. Ma tutto il resto sa di gioco delle tre carte.
Mi spiace dovertelo dire, ma hai letto senza voler capire.
SE L'UNIONE, LA SINISTRA, NON FOSSE QUELLO CHE E', GIAVAZZI E ALESINA SI RISPARMIEREBBERO DI SCRIVERE QUELLO CHE SCRIVONO!
Come si fa a non capire che non stanno dicendo "il liberismo è di sinistra - prodi è di sinistra - quindi prodi è liberista". Stanno dicendo quello che dicono per cercare di convincere la sinistra a fare politiche un tantino più liberali in economica.
Ora, si può ritenere che sia solo tempo perso, ma dire che vogliono salvare il salvabile dell'esistente vuol dire mistificare!
saluti
La nostra sinistra non sarà mai culturalmente liberale perchè la sua cultura dell'irresponsabilità individuale non potrà mai partorire nè l'individuo, nè la sua libertà e responsabilità.
l'ho letto solo ora, ma lo condivido in pieno.
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=204238
Jim, mi spiace che tu te la prenda per un'opinione, ma tant'è resto convinto di quello che ho scritto. Certo, puoi anche leggere l'operazione di Giavazzi come una provocazione nei confronti della sinistra, ma dovresti spiegarmi se, dal tuo punto di vista e non potendo fare a meno di considerare CHI sono i loro interlocutori di OGGI, hanno una sola speranza di convincere qualcuno. No, non l'hanno. Allora sono due allegri e ingenui boccaloni convinti di poter fare la rivoluzione liberale da quelle parti. E' una tesi legittima, per carità, ma continuo a ritenerla un po' forzata. Nei fatti, è un'operazione di comunicazione. Poi, certamente, io mistifico e non capisco bene l'italiano. Ma tant'è, da uno di centrodestra che ti vuoi aspettare?
Intendiamoci, è semplice in fondo. Una cosa è dire "poverini, s'illudono che la sinistra faccia prima o poi politiche liberali"; tutt'altra cosa è obiettare, come facevi nel primo commento, che l'Unione è tutt'altro che liberale, perché fai passare l'idea che la tesi del libro sia quanto è bello il liberismo di Prodi. Il che non è.
La verità è che ormai a destra (basta vedere l'homepage di TocqueVille su questo singolo tema) si ragiona sempre più come nella curva opposta. Le squadre sono date. E i toni sono quelli del manifesto...
saluti
Per uno di destra che si dichiari liberista dovrebbe essere ovvio che il modo migliore per realizzare gli ideali di sinistra (crescita del benessere dei cittadini, migliori servizi, maggiori opportunità) sia una maggior libertà economica, maggior "mercato". Non mi pare motivato questo gran casino che si è diffuso per Tocqueville. Certo, lette le ultime interviste a Tremonti (cui apparentemente il centrodestra ha delegato integralmente la politica economica), c'è da dubitare che il cdx sia, in effetti, favorevole all'economia di mercato.
Nel primo commento forse mi sarò espresso male, ma non avevo intenzione di sostenere che l'obbiettivo fosse quello di spacciare Prodi per liberale. Intendevo dire che rivendicare alla sinistra (il titolo è al presente indicativo e non al condizionale) il domicilio naturale di questo approccio è un'operazione truffa. In termini di principio, intendo, a prescindere da Prodi. Mi sembra evidente che la sinistra italiana non sia esattamente figlia dei ribelli al Re di Francia, ma abbia padri e madri di altra pasta. La mia convinzione è che Giavazzi e Alesina abbiano inteso comunicare al volgo che la sinistra che verrà sarà liberale come (per loro) è naturale che sia. E la sinistra che verrà si chiama PD. Tradotto: è vero che Prodi è uno scimmione, ma vedrete che col PD saremo diversi da oggi. Il fatto che la prima di TQV sia così fatta non mi sembra questione di tifo, ma di legittima incaxxatura per chi va in giro con Diliberto e poi viene a dar lezioni di economia di mercato.
Siamo il paese delle corporazioni, alcune appoggiate a destra, altre a sinistra, il liberismo economico è l'unico sistema che può sparigliare le carte, spostare la visuale dall'interesse particolare a quello generale, può aiutare i talenti, creare occasioni e mobilità sociale. Destra, sinistra? macchisenefrega!!!
ciao Paolo :)
In Italia esiste una cultura liberale?
Incredibilia!
PARTITO della LIBERTA', I LIBERALI AFFILANO LE ARMI PER SVENTARE L'INGANNO POLITICO della BRAMBILLA e di BERLUSCONI
La Direzione Nazionale della Federazione dei Liberali, riunita a Bologna, ha preso in esame le dichiarazioni televisive e le notizie stampa secondo cui la signora Michela Vittoria Brambilla ha spostato l'incontro dei Circoli della Libertà da Courmayeur a Roma i primi di ottobre, trasformandolo in assemblea costituente di quello che lei chiama il Partito della Libertà presieduto da Silvio Berlusconi. La Federazione dei Liberali – titolare da anni del dominio "partito della libertà" in piena coerenza con la sua azione politica di sostegno delle idee e degli indirizzi dell'Internazionale Liberale di cui è membro – si opporrà con ogni mezzo, legale e politico, al tentativo della sigra Brambilla e dell'on. Berlusconi di appropriarsi della denominazione "partito della libertà", addirittura affermando che il programma del Partito della Libertà sarà quello del Partito Popolare europeo. La Federazione dei Liberali intende tutelare, prima ancora dei propri diritti, quelli dei cittadini italiani, tenendoli al riparo dall'imbroglio a loro danno di spacciare i popolar conservatori come liberali. L'autonomia delle idee, della sostanza e dell'immagine dei liberalismo è un carattere essenziale del confronto politico. Soprattutto lo è oggi in Italia per chi intende arginare la deriva elettorale verso i popolar conservatori innescata dalla cattiva prova del governo dell'Unione nei primi diciotto mesi. La Federazione dei Liberali ha perciò deciso di demandare ai propri legali e consulenti in tema di marchi ogni azione diretta a sventare operazioni di appropriazione e di inganno politico in ordine al partito della libertà.
Federazione dei Liberali
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