Cgil, Cisl e Uil bocciano il piano Nicolais sugli esodi incentivati nella Pubblica amministrazione - l'assunzione di una persona ogni tre dipendenti pubblici pensionati - ma allo stesso tempo chiedono al Governo di stanziare in Finanziaria le risorse per il rinnovo dei contratti pubblici.
Ovviamente la disponibilità di Cgil, Cisl e Uil è invece giunta sulla riorganizzazione e semplificazione della PA a livello delle singole strutture, sulla base del memorandum sul lavoro pubblico siglato col Governo. In quel memorandum, infatti, come denunciavamo lo scorso gennaio, si prevede che la stessa riorganizzazione degli uffici sia oggetto di preventiva concertazione con i sindacati, legittimando di fatto una «cogestione sindacale dei poteri pubblici».
Non solo la mobilità e i controlli "qualità", ma anche l'affidamento e la rotazione delle funzioni dirigenziali. Tutto dev'essere concertato con i Sindacati. Ovvio che questi si mostrino ben disponibili su questo fronte: si aprono enormi possibilità di lottizzazione e occupazione di posti da parte delle varie sigle. Il risultato sarà l'accentuarsi in modo definitivo di quella tendenza, in verità già in atto nel pubblico impiego e negli enti parastatali, per cui progrediscono in carriera, per quote, i "protetti" dei vari partiti e sindacati, mentre l'etichetta del "fannullone" rischia di venire affibbiata agli elementi "scomodi", troppo indipendenti.
Un'amministrazione così gestita non potrebbe certo essere «imparziale» come la vorrebbe la Costituzione. Un dirigente le cui funzioni, mobilità e carriera dipendono dalla spinta di un partito o di un sindacato non potrebbe certo essere «al servizio esclusivo della Nazione». Un esercito di funzionari "promossi" dai Sindacati nelle contrattazioni è pronto a invadere l'amministrazione, che così occupata rimarrebbe leale a quelle organizzazioni anziché allo Stato, anche ostacolando e sabotando le politiche dei governi democraticamente eletti. Un pericolo concreto per la democrazia.
D'altra parte, la formula degli esodi incentivati, di un nuovo assunto ogni tre pensionati, non convince Pietro Ichino: «Incentivando ad andarsene gli anziani in quanto tali, si rischia che se ne vadano soltanto gli anziani migliori, quelli che trovano facilmente qualcun altro per cui lavorare. Che cosa trattiene il governo dal dirigere, invece, le proprie forbici verso i casi assolutamente indifendibili?»
Ichino rilancia la sua proposta: ciascuna amministrazione pubblica dovrebbe dotarsi di «un organo di valutazione (peraltro già previsto dalla legge Bassanini del 1999, per lo più disapplicata), garantito nella sua indipendenza e guidato sul piano tecnico da un'autorità indipendente centrale, capace di individuare subito almeno i casi più evidenti di nullafacenza individuale o di inefficienza e improduttività di un'intera struttura: quei molti casi clamorosi, sui quali non può esserci discussione». L'opinione pubblica, avverte Ichino, è ormai «sensibilissima su questa materia». Se non altro, «per ragioni di equità prima ancora che di efficienza».
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