Vi riassumo, brevemente, un documentato articolo di Alberto Mingardi, di qualche giorno fa, sui luoghi comuni che riguardano la sanità "made in Usa", che a ben vedere mostra segni di crisi non molto diversi da quelli della nostra sanità.
Il sistema sanitario americano «è senz'altro molto caro, fondamentalmente a causa degli alti costi di quella che l'economista Arnold Kling chiama "medicina premium", e che noi potremmo descrivere come la medicina tecnologicamente più avanzata al mondo. Il progresso della ricerca contribuisce a salvare delle vite, ma anche a fare lievitare i costi».
Il modello "assicurativo" americano «non era fuori controllo negli anni Cinquanta: lo è adesso. Parimenti, i programmi pubblici hanno costi in linea, e non inferiori, a quelli delle assicurazioni private. L'aumento dei costi della sanità è avvenuto negli ultimi vent'anni. Ovunque, i costi aumentano, perché i trattamenti sono diventati più raffinati e complessi... Negli Usa la spesa sanitaria pro capite supera i 5000$, la media nei Paesi Ocse è di circa 3000$. In termini aggregati la differenza è enorme, ma per persona la differenza è di soli 2000 dollari». Paghereste 2000 dollari in più l'anno per usufruire della sanità americana? Io sì.
La spesa sanitaria, negli Usa, «è quasi equamente divisa fra pubblico e privato. Nel 2006, la spesa complessiva è stata di oltre 2,1 mila miliardi di dollari, il 16% del PIL. Il 46% è stato speso attraverso programmi statali, il privato si è preso cura solo del 54%... Nel 2005 i beneficiari del programma "Medicare" (anziani e disabili) erano quasi 43 milioni, mentre "Medicaid" ha assistito oltre 45 milioni di americani "poveri"».
Le assicurazioni private «coprono il 68% degli americani (203 milioni di persone!), ma di questi solo 28 milioni acquistano la propria assicurazione da sé, sul mercato: il 60,2% di loro, al contrario, beneficia di un'assicurazione legata al posto di lavoro che occupa. Questi premi pagati dai datori di lavoro di fatto avvicinano sistema americano e sistema europeo più di quanto non possa sembrare: tale forma di assicurazione somiglia più al "diritto alla salute" garantito nei nostri Paesi, che ad un "bene" acquistabile dai consumatori... come in Europa, il beneficiario non ha alcun rapporto con il "prezzo" delle prestazioni che riceve».
In un mercato del lavoro flessibile come quello Usa, «questo legame fra assicurazione e posto di lavoro ha un impatto notevole sulla percentuale di non-assicurati. Buona parte di coloro che non hanno un'assicurazione sono "working poor" (troppo "ricchi" per beneficiare di Medicaid). Ma molti sono pure persone di età compresa fra i 18 e i 24 anni, che non sentono la necessità di una copertura assicurativa; persone che lavorano solo part time; uomini e donne non-assicurati fra un lavoro e l'altro».
«Ad ogni modo, non avere un'assicurazione non significa non venire curati. Dal 1986 - ricorda Mingardi - gli ospedali che accettano pazienti dei programmi Medicare o Medicaid sono obbligati a fornire cure sollecite in caso di emergenza a chiunque». Ci sono poi il pagamento diretto, programmi pubblici-privati, iniziative benefiche.
Conclude Mingardi: «E' un buon sistema, ma in crisi per gli stessi motivi che mettono a repentaglio la sostenibilità della nostra sanità: l'invecchiamento della popolazione, che va di pari passo con una domanda più complessa e importante da parte dei pazienti. I pazienti non sostengono direttamente i costi delle proprie cure, e questo ne comporta un'inflazione. Ma è difficile dedurne che un sistema che allontani ancora di più paziente e prezzo della cura, possa rivelarsi più sostenibile».
3 comments:
Nel 2004, ultimo anno di dati omogeneamente disponibili e raffrontabili, l'incidenza media di spesa sanitaria sul Pil era del 9.5 per cento per l'Ocse, del 15.3 per cento per gli Usa, dell'8.4 per cento per l'Italia. Non è solo un problema di maggiore intensità tecnologica nella diagnostica americana, anche perché gli stati Uniti hanno un invecchiamento della popolazione che è minore rispetto a quello tedesco, ad esempio. E peraltro la speranza di vita statunitense è minore di quella media europea (ma qui il discorso ci porterebbe troppo lontano...). Il vero difetto della sanità americana, che del resto lo stesso Kling ha identificato, è l'isolamento del paziente dalla spesa. Per questo occorre introdurre forme di compartecipazione alla spesa sanitaria. Non guardiamo sempre agli Usa, alcune loro peculiarità non sono né auspicabili né desiderabili.
Però "l'isolamento del paziente dalla spesa" da noi è persino maggiore? No?
ciao
No, noi abbiamo i ticket.
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