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Monday, February 19, 2007

Ernesto Rossi, i Radicali e il Pci

Ernesto RossiSi è sviluppato su Notizie Radicali un interessante dibattito sull'eredità storica e politica di Ernesto Rossi, di cui giorni fa ricorreva il 40° anniversario della morte.

A polemizzare con Bandinelli e Vecellio è il prof. Pier Vincenzo Uleri, al quale non è piaciuta la letterina di Bandinelli a Il Foglio, nella quale veniva declassato a «volatile commemorazione» un incontro tenutosi a Firenze con gli autori di tre libri sulla figura di Rossi. Dunque, ha duramente replicato:
«Non mi convince l'idea di Bandinelli secondo la quale le iniziative dei Radicali sarebbero un quotidiano "approfondimento... fedele delle battaglie di quel grande maestro" per cui non sarebbe necessario e utile organizzare incontri per ricordare e ripensare la figura del maestro. Non ho titolo per giudicare se sia vero che le battaglie dei Radicali sono un "fedele... approfondimento", ma temo che sia solo un modo per mettere la bandiera del Partito Radicale sulla figura e la memoria di Ernesto Rossi».
A Vecellio, invece, fa notare che «non ha davvero alcuna rilevanza storica e politica sapere oggi cosa si dissero Rossi, Marco Pannella e Gianfranco Spadaccia sul Terminillo». Piuttosto, osserva Uleri, «sarebbe necessario discutere del come e perché Rossi non aderì al Partito Radicale di Pannella, Bandinelli, dei fratelli Aloisio e Giuliano Rendi, Spadaccia, Sergio Stanzani, Massimo Teodori etc. etc.; una o più ragioni (giuste o sbagliate) ci saranno pure state. E se nel 1963, a distanza di quattro anni dalla lettera di Pannella a "Paese Sera", Rossi ritorna sulla questione della prospettiva dei rapporti tra Radicali e Pci (esprimendo la preoccupazione "di non lavorare per il re di Prussia"), una ragione ci sarà pure stata».

Insomma, al di là degli screzi, la questione centrale sembra politica: i rapporti dei Radicali con il Pci. Premetto che non sono uno storico e non conosco approfonditamente il pensiero e le vicende politiche di Rossi, ma non mi sembra questione da poco, visto che Ernesto Rossi scriveva:

Terminillo (Rieti) 5 agosto 1963 - Caro Pannella,... condivido quasi tutte le vostre idee: ma io sono molto più preoccupato di quanto non dimostriate di esserlo voi, di non "lavorare per il re di Prussia". I dirigenti comunisti se ne fregano dei principi dell'89; se ne fregano della difesa dello stato laico, non hanno un attimo di esitazione a seminarci per la strada se viene una nuova parola d'ordine da Mosca: sono i "gesuiti moderni": il loro unico, vero, permanente obiettivo è la grandezza della Chiesa (della Urss). (...) "Si può anche mangiare la zuppa col diavolo - dicono gli inglesi - ma occorre adoperare un cucchiaio col manico molto lungo". Mi pare che voi non teniate sempre conto sufficiente di questa esigenza: fate troppo credito alla buona fede democratica dei dirigenti comunisti. In tutti i modi non è per questo motivo che non me la sento di accettare il Suo cortese invito di sfogarmi sul bollettino di Agenzia Radicale. ... Anche questa volta avete fatto il passo più lungo della gamba. Non vorrei dispiacere a Parri e a Piccardi, dando la mia collaborazione ad un bollettino che puo far nascere equivoci per il simbolo e per la parola "radicale" che continua ad usare. (...)
Ernesto Rossi

Parole superate, direte voi, dopo la caduta del Muro nell'89 e la fine dell'Urss. I dirigenti oggi ex comunisti non hanno più «parole d'ordine da Mosca», né come obiettivo la «grandezza della Chiesa Urss». Eppure... eppure qualche cosa non torna. E non torna perché non è un caso se il Presidente Napolitano, credendo di fare un'apertura saggia e ragionevole, non ha suggerito di «tener conto», nella stesura della legge sui Dico, delle preoccupazioni dei cittadini italiani di religione cattolica, ma di quelle «espresse dal Pontefice e dalle alte gerarchie». E' la logica dell'art. 7 della Costituzione, del togliattiano "non si governa contro la Chiesa", ad essere inscritto nel Dna pcista.
«Non si riesce a governare se non siamo scelti dalla Chiesa e dalla Dc. Se facciamo polemiche troppo gravi li compattiamo, le loro differenze non esplodono».
Da questa logica è del tutto assente - anche se così, spesso, ci viene presentata - il proposito di non "spaccare" l'Italia tra laici e cattolici, di preservare la coesione della società italiana come se fosse un valore assoluto, come se lo richiedesse una sorta di responsabilità istituzionale nei confronti dell'unità repubblicana. Si tratta, invece, di un compromesso di potere tra "poteri".

Anche oggi gli ex comunisti si mettono facilmente d'accordo con la ex sinistra democristiana quando si tratta di mortificare il pensiero laico e liberale. In economia come sui diritti civili. E' questo, ancora e sempre di più, il problema italiano.

Nonostante siano mutate le condizioni storiche che suggerirono a Rossi quel pessimismo, gli eredi diretti di quel Pci «se ne fregano» ancora della difesa dello Stato laico, si dimostrano ancora i «gesuiti moderni», si barcamenano tra le domande di maggiore libertà personale che provengono da una società secolarizzata e in veloce evoluzione da una parte, e le «preoccupazioni», i diktat, che giungono dalle gerarchie ecclesiastiche dall'altra. Avendo a che fare con entrambe in modo strumentale. Continuano a considerare le libertà dei cittadini e la laicità dello Stato come «sovrastrutture» sacrificabili di fronte alla necessità, che risponde a una mera logica di potere, di riuscire nella riedizione della sola formula oligarchica che li può proiettare al governo del paese: quella del compromesso storico catto-comunista.

Come dimostrano limpidamente un editoriale di Ezio Mauro e altri interventi di qualche giorno fa, la loro unica preoccupazione è non far saltare «l'alleanza tra i cattolici democratici e gli ex comunisti che è al centro della storia dell'Ulivo, che oggi forma il baricentro riformista del governo Prodi e che domani dovrebbe essere la ragione sociale del nuovo partito democratico». Se oggi la Chiesa "scomunica" i cattolici democratici e passa "a destra", loro che se ne fanno? Come recuperano l'aggancio ai "mondi" e ai "poteri cattolici"?

Probabilmente Ernesto Rossi non immaginava il disfacimento dell'Urss e a ragione non si fidava di condividere il fronte della difesa dello Stato laico con i comunisti, il cui pensiero strettamente dogmatico era per definizione in antitesi con la laicità. Ma chi l'avrebbe mai detto che in Italia neanche vent'anni dopo il 1989 saremmo riusciti ad avere una sinistra moderna, laica, liberale? Era la strada che Pannella può rivendicare di aver indicato a Togliatti e al Pci fin dalla lettera aperta a Paese Sera, e per tutti questi decenni fino al progetto della Rosa nel Pugno. Eppure, ancora oggi, sembra non esserci niente da fare.

All'ultimo Comitato di Radicali italiani, nel mio intervento mi sono permesso, in un passaggio colpevolmente superficiale, di evocare una lettura sugli anni '60 e '70: «Mentre conquistavamo il divorzio e l'aborto si stava di fatto socializzando l'economia e dilatando a dismisura il debito pubblico, ponendo le basi per il definitivo rafforzamento del regime partitocratico». Nazionalizzazioni, casse integrazione e "socializzazioni delle perdite", carrozzoni burocratici e Statuto dei lavoratori. Fatti realmente accaduti, nonostante i radicali, fedeli alla lezione di Ernesto Rossi, già allora non mancavano di denunciarli.

Dunque, fu da ingenui scommettere che dalle battaglie per i diritti civili potesse emergere un rapporto con i comunisti volto alla costruzione di una nuova sinistra, democratica, laica e liberale? Piuttosto che riuscire a riformare la "vecchia" sinistra, la straordinaria e per molti versi contraddittoria mobilitazione per i diritti civili fu egemonizzata dal Pci, che arrivò per ultimo e in modo strumentale su quel fronte, ma finì col metterci sopra il suo cappello, secondo il metodo, consolidato tra i partiti comunisti, dell'assimilare per neutralizzare.

Quella di Pannella e dei radicali è la storia della costante ricerca, da coerenti anticomunisti democratici, da una parte di parlare con il "popolo della sinistra", per smascherare un Pci che rappresentava quel popolo contraddicendone le istanze reali di modernità, e dall'altra di interloquire con gli stessi vertici comunisti sempre perseguendo l'obiettivo di una rigenerazione in senso democratico e liberale della sinistra.

Da parte del Pci - poi Pds e Ds - fin dagli anni '60 è proseguito invece il riflesso dell'annientamento dell'immagine e della conoscenza dei radicali, proprio per la sintonia potenziale che avrebbero potuto avere con il "popolo della sinistra", cui è stata sempre trasmessa nient'altro che demonizzazione nei confronti dei liberali, degli Einaudi, dei Rossi.

Fu davvero troppo corto, quindi, il manico di quel cucchiaio di cui parlava Ernesto Rossi nella lettera del '63? Si è lavorato "per il re di Prussia"?

L'ultimo tentativo, quello della Rosa nel Pugno, cui è stato "concesso" di aggregarsi all'Unione per inglobare quel 2% di voto radicale necessario a vincere le elezioni, è stato stroncato dai Ds, sia manovrando contro di essa i congegni elettoralistici, sia avvalendosi della pusillaminità dello Sdi. Delle cronache di questi giorni fanno parte il fragile e sbiadito compromesso dei Dico, le uscite "togliattiane" e filo-concordatarie di Napolitano e Fassino, i Nicola Rossi e i Debenedetti con il loro «sogno di una sinistra liberale già finito», il cinismo e il realismo della politica estera dalemiana.

Oggi che i radicali condividono responsabilità di governo con la vecchia sinistra di sempre, esposti al logoramento e all'ulteriore erosione del loro elettorato a causa di condizioni loro imposte soprattutto da Prodi e dai Ds, non c'è il concreto rischio, dopo decenni di tenace "ricerca", di fare la fine dei menscevichi? Volendo tirare delle conclusioni, viene da chiedersi, con il prof. Uleri: «Col senno del prima e del poi, avevano ragione Mario Pannunzio, Rossi e l'anonimo autore di un fondo de "Il Mondo" titolato "L'alleanza dei cretini", o Pannella, Spadaccia, Bandinelli etc. etc?»

P.S. All'intervento di Uleri, Bandinelli ha reagito con intellettuale distacco, Vecellio con una replica sprezzante. Spadaccia, invece, inviando una sua vecchia relazione. Poco abituati a ricevere solide obiezioni come quella di Uleri?

2 comments:

Anonymous said...

BRAVO!

Anonymous said...

epperò io continuo a credere che di Rossi la frase che ben si attaglia al Pannella di oggi è quella sulla robba.
In fondo sta nel csx e col csx nonostante i continui calci in bocca solo e soltanto perchè nell'estate 2005 sembrava che il csx avrebbe vinto a mani basse...
e quindi per salvare se stesso e la sua cosa radicale ha pensato bene di inventarsi la RnP.