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Thursday, February 15, 2007

In attesa della nota ufficiale e vincolante della Cei

Benedetto XVIAttendiamo la nota ufficiale della Cei annunciata da Ruini all'indirizzo dei parlamentari cattolici sul comportamento di voto da tenere riguardo il disegno di legge sui Dico. Per i trasgressori della nota prevediamo una sanzione che va dal «gravemente immorale» fino anche alla scomunica. Staremo a vedere.

Ma se la nota dovesse davvero essere, come annunciato dallo stesso Ruini, «vincolante», contenere cioè una sorta di mandato imperativo, sarebbe un altro grave strappo anticoncordatario da parte del Vaticano. Il patto costituzionale che regola i rapporti tra Stato e Chiesa verrebbe denunciato unilateralmente.

Come dicevamo giorni fa, che i vertici di uno Stato estero dettino i comportamenti di voto degli eletti nel nostro Parlamento, richiamandoli alla lealtà nei confronti di un'istituzione straniera, rappresenta una chiara violazione della sovranità italiana. Dell'art. 7 della nostra Costituzione, che dichiara lo Stato e la Chiesa, «ciascuno nel proprio ambito, indipendenti e sovrani», del Concordato dell'84, che ribadisce quel principio di separazione, nonché dell'art. 67, in cui si legge che «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato».

Dettare, da parte della Chiesa, i comportamenti di voto ai parlamentari cattolici significa svolgere un'azione perturbatrice del regolare funzionamento delle istituzioni di un altro Stato, quello italiano. Se la Chiesa fosse una delle tante formazioni sociali potrebbe dettare ciò che vuole ai suoi iscritti. Il problema sorge dal fatto che la Chiesa cattolica è ancora uno Stato, lo Stato Città del Vaticano. E' per conservare questo status che ha sottoscritto i Patti Lateranensi prima e il Concordato dell'84 poi. Non ha voluto "sciogliersi" nella società italiana, ma conservare il suo status di Potere temporale, Stato tra gli altri Stati, la cui conseguenza inevitabilmente è il dovere di astenersi da indebite ingerenze negli affari interni altrui.

Dunque, alla provocazione dei "contro-appellanti", oggi su Il Foglio, è semplice rispondere: se fossimo in America, avreste ragione, ma siamo in Italia, la Chiesa è uno Stato estero. Se gli Stati Uniti avessero incistato all'interno - nel cuore - del loro territorio uno Stato estero confessionale che interviene per influenzare le decisioni dell'assemblea legislativa, avrebbero già mandato i marine a togliere quel ridicolo cappellone bianco dalla testa del Papa.

Il ruolo pubblico della religione (delle religioni) nessuno lo nega e lo ha mai negato. Il calendario è pieno di feste religiose riconosciute dallo Stato, come le strade di processioni, come stampa e tv sono piene delle posizioni del Papa e di tutti i cardinali. Piuttosto, nessuno solleva mai il problema del carattere statale che la Chiesa continua ad avere. E' questo, è ancora la "questione romana", il vero problema dal punto di vista istituzionale. Via lo Stato, accettino di far parte di quello italiano come ogni altra formazione sociale, e potranno condurre tutte le battaglie politiche che riterranno, anche candidandosi direttamente. Modello americano, insomma.

Oltre quello istituzionale, esiste poi il problema politico, da risolvere però - una volta risolto il primo - nel libero confronto del dibattito pubblico. Se «nessuna legge può sovvertire la norma indicata dal Creatore per la famiglia», e di cui ovviamente il Papa si fa rappresentante, qualsiasi legittima approvazione di un disegno di legge senza il suo consenso diverrebbe un atto «sovversivo» dell'ordine naturale. Nel momento in cui la Chiesa proclama che vi sono «norme inderogabili e cogenti» - definite e custodite esclusivamente da essa - che non possono essere affidate alla volontà del legislatore, assume un atteggiamento questa volta sì sovversivo: nega la democrazia stessa e propone la teocrazia, la sovranità delle autorità religiose sopra quella delle istituzioni pubbliche.

4 comments:

Anonymous said...

Non dimenticare che, mentre l'America è stata costruita intermanente sulla filosofia, l'Europa poggia su un ineliminabile sottofondo storico. Sto parafrasando la Thatcher, come avrai ben capito.
Anch'io guardo al "modello americano" come a un punto di ottimo, ma non dimentico che voler applicare modelli teorici a prescindere dalle premesse storico-culturali di ciascun contesto politico che li rende fattibili è puro costruttivismo.
In Italia la questione romana esiste dacché l'unità nazionale si è realizzata a cannonate sotto le insegne piemontesi, proprio come esisterebbe - che so - una "questione renana" se l'integrazione europea fosse stata perseguita con i metodi violenti che avevano in mente i tedeschi negli anni '40.
Inoltre un'entità statale confessionale non sarà fisicamente incapsulata nel tessuto geografico americano, ma il magistero cattolico agisce comunque sull'opinione pubblica USA: il fatto che ciò avvenga "a distanza", nell'epoca dei mass media, è un distinguo specioso. Chi prende i voti proclamandosi cattolico non può appellarsi alla "coscienza" secondo il suo comodo: è proprio in America che gli opportunisti della fede ricevono sonore bastonate dall'elettorato religioso.
Sta di fatto che oltreoceano le chiese si autofinanziano, mi dirai. Bella forza: laggiù nessuno ha dovuto cancellare preesistenze storiche remote (non ce n'erano, anche se presumo che i nativi avrebbero da ridire in proposito) per poter tenere a battesimo una certa architettura istituzionale.

JimMomo said...

Non dimentico, ma non si dimentichi che, al di là di come e perché, il Vaticano è uno stato estero e come tale va trattato nel momento in cui si intromette nel regolare funzionamento delle istituzioni.

Anonymous said...

ma vincolante per chi??????????????????????????????????????????????????????????????????????

per don gerasimo????????????????


ciao.


io ero tzunami...

Anonymous said...

Slurp. slec, slurp, slec...*

*Ferrara mentre succhia avidamente il cazzo di Ruini.