E così Emma Bonino non ce l'ha fatta: l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati non sarà donna e non avrà nazionalità italiana. Non sarà - come molti nel nostro Paese speravano - l'eurodeputata radicale ed ex commissaria europea per i diritti umani. La notizia, pubblicata ieri dal quotidiano The Australian che celebrava il passaggio tra i cinque finalisti del candidato di Canberra Gareth Evans, è stata confermata al Corriere dalla stessa Bonino. «Lo sapevo da giorni, e da giorni sono davvero arrabbiata», dice da Bruxelles. «Perché è finita così? Chiedetelo al nostro governo, che si è addormentato e poi ha continuato a dormire. Che mi ha mollato come una pera. Chiedetelo a Fini». ContinuaDunque Emma Bonino è fuori dai giochi, è stata steccata, e parte della responsabilità va attribuita al nostro Governo, a una Fernesina fin troppo distratta quando c'è da far valere le ragioni, buone ragioni, dell'Italia nelle sedi internazionali. Una timidezza che denota assenza di strategie chiare, una politica estera del giorno per giorno, senza obiettivi, che naviga a vista. Troppo tardi e senza troppa convinzione il Governo italiano s'è mosso con gli Stati Uniti, nonostante il credito che dovrebbe capire come riscuotere da Washington.
Fonte: Corriere della Sera
Emma è molto, molto delusa. Lei la notizia, uscita solo oggi, l'ha appresa mentre era a Santiago del Cile, a guidare la delegazione italiana alla terza conferenza ministeriale della Comunità delle Democrazie. Altra cocente delusione.
Comprendiamo l'amarezza della leader radicale, che si vede candidata a tutto, magari strumentalmente perché fa comodo a destra e a sinistra tenere una porta aperta a un'alleanza con la galassia radicale, ma mai appoggiata da nessuno con la convinzione necessaria. Nonostante l'autorevolezza e la credibilità conquistate sul campo, non riesce a ottenere un riconoscimento e un incarico di responsabilità per dimostrare come le politiche radicali siano in grado di governare le crisi e i processi della politica internazionale.
JimMomo spera che Emma non si butti troppo giù. Non l'hanno voluta, ma forse questa Onu del signor Kofi Annan non la merita. L'Onu è fallita, irrecuperabile. L'amministrazione americana non è granché impegnata sulle riforme, è tiepida sulle nuove nomine, tenterà più per scrupolo che per convinzione la via dell'Onu sul nucleare iraniano e nordcoreano, mentre sia il presidente Bush sia il segretario di Stato Condoleezza Rice scelgono di andare in giro per il mondo a sobillare rivoluzioni democratiche e di fare approvare dal Congresso leggi e documenti che provvedono al sostegno materiale dei movimenti democratici. Ma la politica del Bush II sull'Onu apparirà più definita appena il Senato approverà la nomina di John Bolton ad ambasciatore Usa al palazzo di vetro.
Nonostante l'ostruzionismo dei Democratici e le faide interne ai Repubblicani in Commissione, alla fine il brusco funzionario, che non aveva esitato a dichiarare che Annan poteva fare a meno di dieci piani del suo palazzo, dovrebbe essere confermato dal Senato. «Continuiamo a non vedere nessuna irresistibile ragione per negare al presidente la sua scelta», conclude il Washington Post in suo favore, mentre a David Brooks il New York Times affida il suo editoriale. Un duro capace di sostenere le linee della politica estera americana all'interno dell'Onu, ma uno anche capace, se ncessario, di mandare tutti a quel paese. Perché se c'è una cosa che dobbiamo sempre ricordare è che gli americani non saranno mai disposti a riconoscere anche alla più riuscita organizzazione internazionale una legittimità morale maggiore di quella sui cui si fonda il Congresso eletto democraticamente dal popolo.
L'Onu è fallita, irrecuperabile. «Contro l'Onu» è il titolo del nuovo libro di Christian Rocca, lì trovate tutti i fallimenti della grande utopia che fu prima di Wilson e poi di Roosevelt. L'autore ne parla qui. Ormai ne sono consapevoli in molti, persino i clintoniani Lindsay e Daalder che ritengono inutili anche le sempre annunciate riforme. Visto lo stato terminale in cui versa l'Onu in termini di credibilità e capacità d'azione, le riforme potrebbero addirittura configurarsi come un caso di accanimento terapeutico.
Onu e Nato sono inadeguate ad affrontare le sfide di questa epoca. Non è un problema di riforme o di fondi, ma di principi obsoleti. Il primo in discussione, la sovranità statuale:
«Il rispetto per la sovranità dello stato deve essere condizionata a come gli stati si comportano al loro interno, non solo all'esterno. La sovranità porta con sé una responsabilità a proteggere i cittadini e un dovere a prevenire gli sviluppi interni che minaccino gli altri. I regimi che falliscono nell'adempiere a questi doveri dovrebbero perdere il loro diritto alla non-interferenza negli affari interni».Tra l'altro, Emma Bonino ha visto con i suoi occhi e sentito con le sue orecchie a Santiago del Cile che la via intrapresa dalla Comunità delle Democrazie sembra esattamente quella dell'Onu, opposta quindi a quell'autostrada indicata dagli studiosi clintoniani. Quella di una formale Alleanza delle Democrazie, che innanzitutto sia un'alleanza regolata da un trattato, e non una comunità, la cui membership sia limitata ai paesi dove la democrazia è così radicata da ritenere impensabili processi regressivi verso forme autocratiche di potere, e a un nocciolo duro in grado di partire subito senza ostruzionismi.
Un ampio mandato, con reali responsabilità. «Unire le democrazie per affrontare le loro comuni sfide di sicurezza»: il terrorismo, le armi di distruzione di massa e le malattie infettive, il clima terrestre. Ma soprattutto far avanzare nel mondo i valori fondamentali per questa sicurezza: governi democratici, rispetto dei diritti umani, economia di mercato. Sul fronte politico, l'Alleanza rappresenterebbe un potente caucus sia all'interno dell'Onu sia all'interno del Wto, sul fronte militare dovrebbe emulare la Nato, nel coprire sia scenari di guerra ad alta intensità che operazioni di peacekeeping. La cooperazione tra i paesi membri potrebbe estendersi anche alle sfide economiche: eliminando le barriere doganali, elaborando strategie di assistenza finanziaria e nuove politiche energetiche. Americani ed europei dovrebbero farsi promotori della costruzione di tale istituzione. Servirebbe a «promuovere i valori dell'America tutelando i suoi interessi», ad incoraggiare gli europei ad «assumersi più ampie responsabilità», trovando anche il modo di coinvolgere gli Usa in un «multilateralismo formale». Occorre partire subito, con chi ci sta, poi ci sarà la corsa all'adesione, come accade oggi per la Nato.
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