Regime Change, commentando l'iniziativa, incorre in un errore veniale quando definisce i radicali di Pannella «perfettamente sovrapponibili» ai libertarians americani. Vi sono dei punti di contatto, ma anche delle differenze profonde, persino sul piano delle politiche economiche, che ne fanno due ceppi distinti del liberalismo. Senza considerare poi, che l'esperienza italiana del partito di Marco Pannella vive di un "eccezionalismo" tutto suo, senza voler attribuire un connotato per forza o del tutto positivo.
Non direi che fino a quando la destra sarà questa destra i radicali si guarderanno bene dall'entrarci. Piuttosto, finché questa destra e questa sinistra continueranno a vedere nell'"eccezionalismo" radicale una minaccia e non una ricchezza rimarranno sempre questa destra e questa sinistra. Detto questo, non pretendo neanche per i radicali un posto al sole su uno dei due rami della politica italiana, epperò per lo meno mi aspetto che le due coalizioni mostrino un volto un tantino più liberale, questo sì.
Una cosa è certa. I radicali non si arrendono né a questa destra né a questa sinistra, ma iniziative come quella recente della richiesta di ospitalità dimostrano che Pannella non ha pregiudizi di sorta, tantomeno di natura identitaria, nel dialogare e nell'entrare a far parte di una delle due coalizioni. Sia nei termini di un contratto a tempo per il «governo radicale di una situazione», sia nei termini dell'«ospitalità» o del «tratto di strada insieme». Piuttosto, è dalle due coalizioni che giunge il gran rifiuto, che si privilegia un approccio identitario, non pragmatico, e nemmeno lontanamente fusionista.
Pannella con la sua ultima "offensiva" nel febbraio scorso ha dimostrato agli italiani che non è lui a non saper scegliere, quanto i poli a temere i radicali. Sì, gigantesche navi da guerra - decine di partiti, milioni di elettori, grandi leader, storie "gloriose" - che temono di annacquare la propria identità ospitando un movimento minuscolo, di poche decine di persone. Quanto deboli e misere le idee di queste grandi coalizioni devono essere, e quanto forti e grandiose le idee dei radicali!?
Il motivo lo ha scritto Oscar Giannino su il Riformista: «E' solo la mancanza di sicurezza politica di chi guida le coalizioni, la sua debolezza e non la sua forza, la sua incertezza programmatica e non la sua pretesa irriducibilità ai programmi di Pannella». In quella circostanza i due poli sono venuti alla luce nella loro perfetta simmetria, nel rappresentare entrambi un unico regime partitocratico, nei suoi connotati di illegalità, clericalismo, degrado politico e di governo. Le più classiche delle due facce della stessa medaglia. Non ci sono al di qua i "perbene" e al di là il "male assoluto", Berlusconi. Anche Furio Colombo aveva colto nel segno scrivendo che l'"ospitalità" ai radicali avrebbe «segnato il grado alto di libertà e di istinto democratico, rischi e benefici inclusi, di quella delle due parti che lo accetta».
«Una sana iniezione di cultura liberale farebbe bene a entrambi i poli. Ma, forse, è proprio questa la ragione per la quale entrambi guardano a tale prospettiva con tanta diffidenza».
Piero Ostellino
«Sono un cavallino di Troia, sia di qua che di là: lo hanno percepito ex democristiani, leghisti, ex comunisti, e meno, stranamente, i comunisti di etichetta vigente».
Guido Ceronetti
1 comment:
Condivido la tua analisi, riconosco ai radicali la primazia sul tema dell'uninominale e del bipartitismo e apprezzo il tuo appello al "fusionismo".
Proprio per questo, trovo i tuoi "distinguo" (ad es. libertarian americani vs. radicali) un po' troppo ... radicali.
Ne facciamo tutti un po' troppi, di distinguo! Ad esempio, io amerikano apprezzo più Dalla Vedova che Capezzone ... del resto, siamo o no tutti incorreggibili individualisti, di qua della barricata? (ps: ma perchè qualche radicale dà ancora agli altri del "compagno"?)
Detto questo, trovo che dovremmo tutti (amerikani, neo-, teo-con, radicali e tradizionalisti di destra) sforzarci per identificare più quello che ci unisce che non quello che ci divide.
Il metodo (liberale), tanto per cominciare. Lo Stato Minimo, tanto per continuare. E chi più ne ha, più ne metta.
Tocque-Ville nasce a mio avviso proprio per questo: per darci un luogo di confronto tra consimili, tra amici. Amici, non "compagni". I "quartieri" dentro la Città? Ben vengano, purchè non si richiudano o vengano rinchiusi in ghetti.
Una città dove ognuno giri in centro con le proprie idee bene in vista, potendo contare su una serie di fattori a minimo comun denominatore come quelli sopra accennati. Don't you think?
ciao, Abr
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