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Tuesday, May 17, 2005

Falsi scoop con licenza di uccidere

Lui si «sente malissimo». Chissà come si devono sentire i morti provocati dalle sue irresponsabili bugie. Quel che è peggio, non da bugie involontarie o "colpose", piuttosto diciamo "preterintenzionali", indotte dal cedimento intellettuale al politically correct che dipinge il soldato americano come un selvaggio torturatore. Il direttore del settimanale Newsweek, Mark Whitaker, ieri ha ammesso che quell'articolo è una balla: non è vero che a Guantanamo il Corano viene profanato, che le guardie americane lo gettano nel cesso per intimidire i detenuti. Pazienza se le proteste e gli incidenti che ha innescato in Afghanistan, Pakistan e in altri Paesi, hanno provocato almeno una 16 morti e un centinaio di feriti. Lui, il direttore, è rammaricato, eppure la fonte dell'articolo era «una persona che consideravamo credibile», un funzionario di alto livello dell'amministrazione.

Bush e Karzai hanno preteso le scuse di Newsweek, subito ribattezzato Newsweak, «notizie debolucce». Su Il Foglio, anche un'utile raccolta, da portare sempre con voi, delle patacche spacciate per verità dai mainstream media:
«Versione postmoderna del battito d'ali di una farfalla che diviene uragano, questa è la verità nell'epoca della falsificazione mediatica globale... E a forza si slabbrare il sospetto si ricava la bugia che, urlata con foga e sostenuta dalla potenza di un immaginario scosso, si trasmuta in realtà credibile e genera profitti duraturi».
Però il commento più incisivo lo firma Gianni Riotta, a conclusione del suo articolo sul Corriere della Sera di oggi:
«Il destino bizzarro di tutti noi giornalisti nel nuovo mondo della guerra globale e dei media globali è usare ancora i ferri del mestiere autoreferenziale, vecchi come i tempi quando interlocutori soli erano politici e classe dirigente. Chiamati a informare in una dimensione in cui i lettori sono anche autori, via Internet e blog, ogni dispaccio fa ll giro del mondo e viene verificato, e stravolto, in 60 minuti, dovremmo mutare e non siamo invece capaci. La dignità della signora Mlller salva tanti, anche i suoi critici, ma o impariamo in fretta a scrivere in modo leale, diretto, e sapendo sempre di avere gli occhi del mondo addosso, o l'informazione, come l'abbiamo conosciuta dall'Illuminismo a oggi, è finita. E' un destino, ma è il nostro, duro, destino».

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