D'altra parte a Castro i dissidenti fanno il «solletico», la vera paura del dittatore è che i giornalisti tocchino con mano la miseria e il fallimento del castrismo, che raccontando la realtà della dittatura cubana in giro per il mondo rovinino l'immagine di Cuba, per molti ancora un mito. Un mito la cui forza presso ampi settori intellettuali e politici occidentali è davvero determinante per la sopravvivenza del regime, che si regge soprattutto grazie a quelle politiche di apertura dell'Ue possibili solo nel contesto dei pregiudizi anti-americani e anticapitalisti che accomunano le sinistre europee e Castro.
Per questa intervista a Oswaldo Payá, dissidente del Progetto Varela, Francesco Battistini, l'inviato del Corriere della Sera a Cuba per l'Assemblea per il progresso della società civile, è stato arrestato ed espulso.
«Questa non è una dittatura di sinistra. E' una dittatura e basta. Ogni volta che qualcuno viene qui a stringerle la mano, o a sostenere i suoi finti nemici, è come se calpestasse la testa dei nostri fratelli in prigione».Anche la Repubblica ha avuto la sua giornalista espulsa. Peggio che nell'Iraq di Saddam, ha raccontato Battistini: «In questo momento c'è molto nervosismo fra gli oppositori a Cuba. I dissidenti sospettano l'uno dell'altro. Chiunque può avermi venduto ai servizi». Il regime ha stretto molto le maglie del controllo negli ultimi tempi, «cerca di controllare tutto. Quello che è capitato a me, la pressione psicologica che ho assaggiato io per 24 ore, ai cubani dissidenti capita tutti i giorni».
In effetti, la prima assemblea pubblica del dissenso cubano ha mostrato le profonde divisioni all'interno dell'opposizione, in particolare tra l'ala dura, sostenuta e finanziata da Washington, e i moderati, che respingono le ingerenze americane e degli esuli anticastristi. La riunione per il progresso della società civile è stata disertata dai più noti dissidenti moderati, come Oswaldo Payà, fondatore del Progetto Varela e premio Sakharov, Elizardo Sanchez e Manuel Costa Morua, nonché dalle cosiddette "Damas de blanco", le mogli dei dissidenti in carcere. I dissidenti moderati criticano la scelta di Martha Beatriz Roque Cabello di accettare finanziamenti dalle organizzazioni di anticastristi della Florida, sostenute dalla Casa Bianca, e di aver proiettato durante la riunione un video-messaggio registrato del presidente americano Bush. Secondo un giornale di Miami, gli esuli anticastristi avrebbero fatto arrivare alla Roque circa 130 mila dollari.
A me sembra tutt'altro che biasimevole che i dissidenti accettino il sostegno finanziario e politico degli Stati Uniti. Anzi, non mi spiego perché mai dovrebbero rifiutarlo, la cosa mi lascia perplesso, e gli Stati Uniti, concentrati sullo scenario mediorientale, dovrebbero essere persino più attivi nell'isola. Il regime di Fidel Castro è uno dei più repressivi, ultimi avamposti della dittatura comunista e, come l'Iraq di Saddam, si regge grazie al favore di cui gode presso ampi settori intellettuali e politici occidentali e grazie alla politica dialogante e "inclusiva" dell'Unione europea.
Lo stangolamento del regime, l'ingerenza della comunità internazionale e la destabilizzazione politica dovrebbero essere le armi da utilizzare per la caduta della dittatura castrista, viceversa l'atteggiamento qui in Europa è di indifferenza quando non di vera e propria complicità ideologica.
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