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Sunday, May 01, 2005

Superare la palude, Berlusconi chiami d'Alema e Pannella

Appena dopo il voto di fiducia, si ricomincia, a conferma che quello del Berlusconi-bis sarà un anno di logoramento per il Cav. Oggi però sono due i leader della CdL a subire le pugnalate alle spalle dall'Udc. La mela avvelenata stavolta la porge Baccini, ministro della Funzione pubblica, che lancia Fini candidato premier nel 2006. Dando così il ben servito a Berlusconi (eccezionali oggi le vignette di Giannelli e Vincino) e bruciando Fini per quella che si presenta come una debàcle elettorale.

Però c'è un asse che può tirare fuori il Paese dalla palude in cui si è cacciato. Berlusconi concretizzi in iniziativa politica la sua voglia di bipartitismo e partito «americano», chiami i Ds, a suo tempo favorevoli al maggioritario a turno unico, e i Radicali, promotori dei referendum che proprio l'attuale premier stroncò definendoli «comunisti». Fini non mancherà e via alla riforma elettorale in barba a Udc, Prodi, Lega e cespuglietti neo-post-comunisti.

Sul maggioritario e la "serietà" di destra e sinistra nell'affrontare il tema delle riforme istituzionali, oggi sul Corriere della Sera l'editoriale di Angelo Panebianco:
«E' lecito essere scettici sugli esiti pratici della discussione avviata da Berlusconi sul "partito unico". Mancando solo un anno alle elezioni è inevitabile che ogni presa di posizione sulla "forma" del nostro sistema politico finisca per essere ispirata, a destra come a sinistra, da un tatticismo di corto respiro. Così apprendiamo che solo oggi Forza Italia si pente (forse) per aver fatto fallire, nel 1999, il referendum radicale volto ad abolire la quota proporzionale del nostro sistema elettorale. Oppure, si veda con quanta poca serietà, a sinistra, si discute di riforme istituzionali.
(...)
L'enfasi sulla pluralità di culture politiche per le quali — tutte — si pretende rappresentanza (e finanziamenti pubblici) è solo il comprensibile espediente di frazioni di personale politico in lotta per la sopravvivenza. E che trovano nelle cattive abitudini contratte in un’altra epoca storica, quella della Prima Repubblica, le motivazioni pseudo- ideologiche per difendere un sistema di rappresentanza frammentato. Ma possono le pur rispettabili aspirazioni alla sopravvivenza politica personale di questo o quel notabile avere la precedenza sull'esigenza di dare al Paese un più stabile, meno frammentato, sistema di governo?».

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