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Friday, July 11, 2008

La partita più importante si gioca in Italia, non fuori

Con il Dpef si comincia finalmente a tagliare la spesa, ma manca lo shock

A giudicare dalla dichiarazione finale del G8 di Toyako, in Giappone, in cui si legge dell'«importanza di implementare rapidamente tutte le raccomandazioni del Financial Stability Forum», presieduto dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, per contrastare la crisi finanziaria internazionale, si direbbe che all'estero nella sua disputa con Draghi il ministro Tremonti stia avendo la peggio.

Non mi pare che nei consessi europei o internazionali la crociata che Tremonti porta avanti con toni davvero troppo apocalittici nei confronti della speculazione e della globalizzazione stia riscuotendo molto successo. Il che è un bene e dovrebbe forse rassicurarci, indurci a non enfatizzare troppo le parole del ministro nel dibattito interno e a goderci un Dpef e una manovra finanziaria che effettivamente, come ha riconosciuto lo stesso Draghi, sono impostati per la prima volta sui tagli alla spesa.

Vi consiglio però di sentire l'audizione di Tremonti sul Dpef dinanzi alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, lo scorso 2 luglio. Non è rassicurante il fatto che il ministro, di fronte a ciò che succede (o meglio, alla sua interpretazione di ciò che sta accadendo) nell'economia mondiale, ritenga che sia tutto sommato irrilevante o poco rilevante ciò che decide il governo per l'Italia. In sostanza, dice, il governo ridurrà il debito, non alzerà le tasse, farà tutte le politiche che servono, ma di fronte alla crisi la soluzione dipende da ciò che si decide fuori dall'Italia.

Figurarsi se vogliamo negare il carattere interdipendente dell'economia globalizzata. Tuttavia, l'Italia, per cause interne, è la più fragile e la più esposta tra i Paesi sviluppati. Il nostro Paese, e i redditi delle famiglie, si troverebbero in una situazione certamente assai migliore se venissero realizzate le riforme di cui abbiamo urgente bisogno. Proprio per l'arretratezza in cui ci troviamo, l'Italia ha molti margini di miglioramento, persino in una situazione di crisi internazionale. Nella situazione in cui versa l'Italia, faremmo bene a guardare al nostro interno, non ai massimi sistemi. Il «male» dell'Italia, prim'ancora che nella speculazione internazionale, è nello Stato. Tremonti dovrebbe concentrarsi su quello. Il rischio invece è che si limiti all'ordinaria amministrazione, a fare il minimo indispensabile, mentre ciò che serve è uno shock.

Lo ha ricordato alcuni giorni fa Antonio Martino in un editoriale sul sito dell'Istituto Bruno Leoni: oltre all'aumento del prezzo del petrolio e all'inflazione, «sappiamo tutti che quello che stiamo pagando è il prezzo salatissimo di 45 anni di cattocomunismo, di crescita delle tasse e delle spese inutili, oltre che dei debiti pubblici e della pletora di regolamentazioni insensate che scoraggiano le attività produttive». Scrollandoci di dosso questi «45 anni di cattocomunismo» possiamo migliorare di molto la nostra condizione a prescindere dalle crisi internazionali. Mentre Tremonti sembra rassegnato al fatto che tutto si giochi fuori dall'Italia, a me sembra che la partita più importante si giochi dentro.

«Gli Italiani hanno perfettamente compreso che il nostro Paese ha l'urgente bisogno di una radicale inversione di tendenza, di una svolta liberale che riduca il costo del settore pubblico e lo renda meno inefficiente, di una drastica riduzione delle tasse e delle spese improduttive, della liberazione delle nostre energie produttive». E qui, dopo l'analisi, la critica di Martino:
«Tutti ci aspettavamo che il successo elettorale del PdL avrebbe indotto il nuovo governo, largamente dotato dei numeri per farlo, a mantenere quanto a gran voce promesso in campagna elettorale, dando vita ad una profonda riforma fiscale e riducendo il peso delle tasse gravante sulle famiglie e sulle imprese, invertendo il corso inaugurato dal governo dei sinistri. Invece, a nemmeno due mesi dal suo insediamento, il governo aumenta le tasse giustificando la decisione con le spiritosaggini del ministro dell'Economia che si appella all'autorità di Robin Hood, rinazionalizza quella autentica vergogna nazionale che è l'Alitalia e la sua montagna di debiti (la "compagnia di bandiera" perde oltre un milione di euro al giorno), taglia le già scarse risorse delle forze armate e delle forze di polizia e manda 2500-3000 militari a presidiare discariche e svolgere compiti di ordine pubblico come se non fossero sufficienti a quello scopo i 400.000 addetti delle forze dell'ordine. Non è questa la svolta promessa, non è questa la rivoluzione liberale di cui abbiamo bisogno. L'Italia non ha bisogno di un governo che gestisca l'esistente – è l'esistente la causa del nostro declino – l'Italia vuole ed ha chiesto in modo inequivocabile un cambiamento, una inversione di rotta. Se questo governo non si affretta a darcela rischia di incappare nel profondo disprezzo degli Italiani di oggi e di quelli che verranno».
Non saranno i toni comprensibilmente astiosi dell'ex ministro Martino - uno dei tanti liberali doc a non aver trovato nella compagine governativa un incarico all'altezza del suo valore e della sua figura - a impedirci di dargli ragione. Nel Dpef varato dal governo e all'esame del Parlamento c'è un'importante svolta sulla spesa pubblica, sia rispetto al governo Prodi sia rispetto al precedente governo Berlusconi. Di questo sarebbe ingiusto non darne atto.

Ma manca lo shock. Potrebbero rivelarsi ancora insufficienti le riforme di Brunetta, Sacconi e Gelmini - sempre che riescano a realizzarle - in tre settori chiave. Sarebbe stato opportuno, per esempio, già prevedere almeno entro il prossimo trienno un piano di riduzione delle aliquote fiscali. Il rischio è di ritrovarci con «un governo che gestisce l'esistente», quando è proprio «l'esistente la causa del nostro declino».

Lo stesso difetto nell'approccio di Tremonti lo registrava Guido Tabellini, rettore della Bocconi, su Il Sole24 Ore: «La risposta del Governo sembra essere: sul fronte interno c'è poco da fare, perché i vincoli di bilancio non consentono margini di manovra; sul fronte esterno, mobilitiamo i Governi europei contro la "speculazione". È una risposta inadeguata su entrambi i fronti».

C'è, spiega Tabellini, un «fronte esterno su cui dovrebbe concentrarsi l'azione del Governo», ma non riguarda la "speculazione". Sul «fronte interno, la politica monetaria può fare ben poco... Gli effetti dello shock invece dovrebbero essere contrastati con la politica fiscale. Lo strumento corretto è una riduzione delle imposte sui redditi da lavoro: dal lato dell'offerta, scenderebbero i costi di produzione; dal lato della domanda, si darebbe sollievo al reddito disponibile delle famiglie». Si potrebbe così «difendere il potere d'acquisto delle famiglie senza scatenare una vana rincorsa tra prezzi e salari».

E' comunemente accettato il fatto che quando mancano risorse e l'economia è stagnante non si possano ridurre le tasse. «Se il Pil dovesse riprendere a correre» si potranno restituire i soldi ai contribuenti, dice Tremonti. «Se questa fosse l'impostazione - avverte Tabellini - avremmo una politica fiscale prociclica che amplifica gli shock esterni: quando le cose vanno male si tira la cinghia, quando vanno bene anche la politica fiscale diventa più espansiva. Esattamente il contrario di ciò che bisognerebbe fare».

Secondo gli obiettivi del Dpef, nel 2010 sia la pressione fiscale che la spesa corrente al netto degli interessi in percentuale del Pil continueranno a essere praticamente sugli stessi livelli del 2007. «È un programma troppo rinunciatario, date le difficoltà del Paese», conclude Tabellini. Si comincia finalmente a tagliare la spesa, ma manca lo shock.

3 comments:

Anonymous said...

Certo, lo shock...
Ma lo shock, si è detto altre volte, produrrebbe difficoltà all'inizio, forse per un paio di anni... poi sortirebbe gli effetti positivi.
Nel frattempo per rendere sostenibili le difficoltà da shock si dovrebbe operare su ammortizzatori sociali e simili...

Sarò certamente schocko ed ignorante a non capire, ma questo bel programmino "a tavolino" dello shock che per due anni crea difficoltà... vorrei tanto sapere alla vita concreta quotidiana di chi, di quanti e quante difficoltà creerebbe e con che cosa si finanzierebbero gli ammo sociali e le altre forme di sostegno...

Grazie per le spiegazioni.
Ciao

Anonymous said...

Ecco dove sbaglia la sinistra, invece di concentrarsi sui fantomatici bocchini dei ministri dovrebbe attaccare il governo su questi argomenti. Certo, per poter parlare di riduzione fiscale bisognerebbe prendere per sempre le distanze dall'operato del governo Prodi e da gente come Scalfari che lodava la disastrosa prima finanziaria del governo di centrosinistra, quella che di fatto ha portato quella coalizione alla rovina. Dato che è impossibile li rivedremo molto presto in piazza a protestare per qualche intercettazione dove si parla di culi tette e fica ...

Anonymous said...

TREMONTI PORTERA' ALL'ENNESIMO GOVERNO BERLUSCONI IMPOTENTE E INCAPACE DI REALIZZARE LE RIFORME ECONOMICHE NECESSARIE.
BASTA! TREMONTI HA ROTTO MA ROTTO DAVVERO.
ALESSANDRO