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Wednesday, February 16, 2005

Errare è umano, ma perseverare... è di sinistra/5

Il rifinanziamento della missione italiana in Iraq è stato approvato, nonostante il "no" compatto del centrosinistra. Ma l'Unione (sovietica) ha già i suoi dissidenti

E' il mio tormentone, lo è perché ci tengo, perché è in gioco un'alternativa, e in un Paese democratico è importante andare alle elezioni politiche con due alternative ben distinte ma entrambe credibili e "di governo". Ad oggi a sinistra c'è il nulla, a meno di non dichiararsi, fieramente, comunisti.

D'Alema, il Reperto. Inizio la solita carrellata da Christian Rocca, Il Foglio, che se la prende giustamente con l'intervista di D'Alema ieri a la Repubblica: secondo lui «nessuno ha chiesto a chi non ha condiviso la guerra di inviare i propri soldati in Iraq. Non lo ha chiesto Bush, non lo chiede Kofi Annan». E' falso.
«Il Consiglio di sicurezza dell'Onu - ricorda Rocca - (risoluzione 1546 approvata l'8 giugno del 2004) al punto 15 "richiede agli Stati membri e alle organizzazioni regionali e internazionali di contribuire all'assistenza della forza multinazionale, comprese le forze militari, come stabilito in accordo con il governo dell'Iraq, per andare incontro ai bisogni della popolazione irachena di sicurezza e di stabilità, di assistenza umanitaria e per la ricostruzione, e di appoggiare gli sforzi dell'UNAMI, la missione Onu di assistenza all'Iraq". Non penso che l'ex leader della sinistra non conosca l'argomento. Penso che al solito creda di essere il Migliore».
Sempre sull'intervista di D'Alema 1972 scrive a Giuliano Ferrara: «Un'intervista come questa non si può non consegnare ai posteri. Ricordate quando qualcuno implorava D'Alema di dire qualcosa di sinistra? Ecco, l'ha detto e non si capisce niente. Wittgenstein definisce l'ex premier acrobatico. Ma Wittgenstein, si sa, per statuto non si sbilancia. Perché è vero che siamo al circo: ma nel numero dei pagliacci». La risposta:
«Come molti di noi, D'Alema è un Reperto vivente, sa quanto sia importante per una coalizione di governo avere una politica estera, sa che la sua coalizione non la ha, sa che il sequestro della medesima è firmato Prodi-Bertinotti, sa che il discorso di Berlusconi è esattamente il discorso che avrebbe fatto lui al suo posto, magari con una punta di arroganza in più. Ecco perché il Reperto fa numeri da circo, a copertura».
Nel suo editoriale di oggi, Ferrara definisce Prodi «il pifferaio dell'arcobaleno», che «impone una decisione impolitica all'Unione, mentre tutto cambia». Il discorso di Berlusconi ieri in Senato attinge ai fatti, visti e ri-conosciuti da tutto il mondo, della situazione irachena, ma...
«La nomenclatura di centrosinistra sa bene che le cose stanno precisamente così, e Fassino o D'Alema o Rutelli da premier avrebbero fatto un identico discorso, senza alternative. Prodi ha invece imposto, per il bene mitico dell'unità della sua alleanza, la rinuncia alla politica estera, una posizione demagogica di mera compiacenza verso Rifondazione comunista e gli altri gruppi pacifisti organici, a prezzo di una devastante perdita di credibilità come forza di governo.

A parte l'Unione, che sembra la caricatura di una manifestazione pacifista arrivata in ritardo, guidata da uno stanco pifferaio dell'arcobaleno, tutto il resto nel mondo si muove... sebbene stabilità, realismo, cautela e molta paura siano ancora le linee dirimenti della cultura politica europea del dopo 11 settembre, ed è comprensibile che sia così, qualcosa sta cambiando... Che Prodi ragioni come un sunnita ex baathista, vabbè, sarà la Gruber a fargli da portavoce; ma che i professionisti politici della sinistra italiana debbano andargli dietro, compresa una minoranza vigile e cosciente, questo è un mistero poco gaudioso».
I dissidenti. Sul Corriere della Sera a dire la sua è Francesco Rutelli, che ha sostenuto la proposta di astensione avanzata da Marini. Intanto ci ricorda che il centrosinistra votò contro anche alla missione in Afghanistan, dove ritennero di farsi coinvolgere anche la Francia e la Germania, e la Nato. Ieri «si è persa l'occasione di affermare la posizione riformista nell'Unione, ed è evidente che nel centrosinistra c'è una grande necessità di trasformare le parole in gesti concreti», riconosce Rutelli, tradito anche sulla presentazione di un "innocuo" odg in cui si avanzasse una strategia alternativa a quella del governo. Avrebbe esposto L'Unione al contrattacco senza-se-e-senza-ma di Bertinotti.
«Si è preferito sorvolare sulle obiettive differenze in politica estera, si è rinunciato a proporre con chiarezza la nostra strategia alternativa al governo per l'uscita graduale dall'Iraq: l'intervento dell'Ue, della Nato, dell'Onu».
Poi l'ex radicale per la verità va un po' in confusione.
«L'obiettivo di rovesciare Saddam - dice - andava raggiunto attraverso il suo isolamento. Esattamente com'è avvenuto con l'Unione Sovietica... l'Urss è crollata perché un'azione massiccia per i diritti umani, unita alla competizione militare ed economica tra i blocchi, ha portato al collasso dell'intero sistema sovietico. Così si dovrebbe lavorare anche per superare il regime nord-coreano».
Giusto, prima rivaluta la politica reaganiana nei confronti della quale persino gli "atlantisti" radicali ebbero troppe esitazioni, poi propone una politica improntata al regime change nei confronti della Corea del Nord. Si contraddice però, elogiando la scelta di Bush padre di non puntare a Baghdad dopo aver liberato il Kuwait nel '91. Ma gli sciiti che vennero massacrati? Già, rinviene, «la questione irachena è sempre stata maledettamente complessa». Ricorda di essersi opposto alla collaborazione militare svolta dall'Italia con Baghdad, e anche a quella in campo nucleare, e che ebbe «parole di plauso per l'azione israeliana che bombardò la centrale atomica di Saddam», non ricorda che lo fece da radicale.

Lunedì Antonio Polito aveva minacciato di ritirarsi dal centrosinistra se questo avesse votato no al rifinanziamento della missione in Iraq. Oggi, dopo l'assemblea della Fed., plaude all'iniziativa dissidente di Marini, ma fa capire che dovrebbe andare avanti e portare quella posizione in aula.
«Noi che non abbiamo mai smesso di invitare l'opposizione a giocare in campo aperto, a non fare catenaccio per paura di Bertinotti, a non offrire il destro a Berlusconi perché si presenti come il leader del buon senso contro i leader del nonsense, non possiamo che apprezzare il distinguo dei riformisti. Ma chi tra gli elettori capisce tutti gli zigzag, le contorsioni ulcerose, i rotolamenti epilettici, gli avvitamenti udineschi? Sì è sì, no è no. Motivati, spiegati, fondati, ma chiari. Quanto a Berlusconi, non è certo la sua grandezza di statista che lo tiene a galla. Ieri gli è stata alzata la palla, e lui si è limitato a mettere la mano per schiacciarla oltre la rete». Leggi tutto
Infine, Paolo Franchi sul Corriere, la decisione della Fed. «non sarà una tragedia, ma una partenza peggio che mediocre, sì».
«Nessuna iniziativa politica, nemmeno uno straccio di ordine del giorno comune da portare in Parlamento, solo la reiterazione burocratica, come se niente fosse avvenuto, di un no già pronunciato più volte».

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