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Thursday, February 17, 2005

L'hanno fatto per davvero

Pattugliamento in elicotteroCome crescono i riformisti in cattività?

Incredibile, ma vero. E' la reazione incredula a una sconfitta della Roma che da bambino sentivo pronunciare dal radiocronista. L'hanno fatto per davvero. Ieri L'Unione ha votato "no" al rifinanziamento della missione militare italiana in Iraq, nonostante tutti i discorsi che si sono fatti in questi giorni. E la cosa più incredibile è che i sedicenti riformisti non abbiano trovato il coraggio per lo meno di astenersi, mentre di solito i "pacifisti" e i massimalisti non hanno lo stesso scrupolo per l'unità della coalizione. Ma non mi sembra il caso di sparare sui dissidenti che L'Unione (sovietica) già ha al proprio interno.

C'è la vicenda tragicomica di «un partito in ostaggio», come dice Il Foglio, e «il paradosso di Rutelli e Marini, due leader messi regolarmente in minoranza da Prodi». C'è lo smarrimento, denunciato sempre da Il Foglio, di un politico acuto come Massimo D'Alema che sa trasformare tutto ciò che tocca e in cui crede in piccole furbizie di propaganda. Quando sente «un certo fascino avventuroso nell'ideologia conservatrice», per chi è convinto «che la democrazia sia un valore universale», ma poi, propagandisticamente, aggiunge che «l'altra faccia della guerra per la democrazia è la fine di ogni legalità internazionale».
«La contraddizione tra la riflessione attenta del presidente Ds, per qualche aspetto coraggiosa, e la ricaduta nella propaganda appena si tratta di passare alle scelte è un aspetto caratteristico della sua figura politica. Nell'esame della situazione afferma, quasi citando testualmente Condoleezza Rice, che una politica multilaterale "non può consistere nel mantenimento dello status quo, in una concezione ottocentesca della legalità internazionale e della sovranità nazionale che tollera le dittature e la violazione sistematica dei diritti umani". Quando poi si tratta di aiutare concretamente la democrazia a svilupparsi, rifiuta di appoggiare la missione di pace italiana in Iraq "per ragioni di principio". Quale sia quel principio, come si concili con il valore universale della democrazia, tuttavia non è dato capire».
Per altro verso, c'è il «paradosso morale» del messaggio in cattività di Giualian Sgrena, che da prigioniera quello che dice «è identico a quel che diceva da libera, dunque qualcosa non torna, qualcosa non va», osserva Giuliano Ferrara su Il Foglio.
«Avere le stesse idee dei tuoi rapitori, ed essere costretta a ripeterle sotto la loro sferza brutale, ecco una sistuazione insostenibile, che richiede riflessione e severità di analisi. è nelle mani del nemico. E il nemico non sono i marines, non le truppe italiane di Nassiriyah, non il governo italiano. Il nemico sono i sequestratori della "resistenza"».
C'è Franco Venturini sul Corriere della Sera, che parla di «prigionieri del passato»:
«Inevitabile constatare come l'Unione, malgrado le insistite professioni di europeismo, abbia scelto di ignorare quanto l'Europa farà tra una settimana a Bruxelles... l'Unione ha voluto adottare una linea che tenesse insieme tutta l'alleanza di centro-sinistra. Tanto più che in Italia è aperta una campagna elettorale destinata a durare fino alle politiche del 2006, e che nessuno a sinistra ha intenzione di entrare in conflitto con la propria base notoriamente contraria alla guerra in Iraq. Ma la mossa, per risultare credibile in vista di una futura responsabilità di governo, esigeva motivazioni solide... Ed è invece proprio qui che l'opposizione è mancata».
«Si torna a insistere sul ruolo guida dell'Onu», un ruolo guida che l'Onu esercita già attraverso la risoluzione 1546 che ha portato alle elezioni, e su delle «tappe della transizione che sono già indicate nella 1546», mentre «la Fed non pare sospettare che mentre lei vota «no» un ritiro delle forze italiane possa avvenire alla vigilia delle elezioni del 2006 e fare così il gioco di Berlusconi».

Infine, Emma Bonino sul Corriere della Sera:
«Vogliamo lasciare l'Iraq in mano a dei tagliatori di teste che si spacciano per resistenti? Per me sono i resistenti veri che vanno sostenuti, quegli 8 milioni di iracheni che hanno votato nonostante le minacce subite. Sostenerli restando in Iraq ovviamente: restare finché gli iracheni ce lo chiedono, fino a quando non potranno garantire da soli la loro sicurezza. Da qualunque posizione si sia partiti rispetto alla questione Iraq, oggi il piu grande aiuto che possiamo dare è non lasciare il Paese. E' questa la nostra responsabilità... Ma se persino nel mondo arabo ormai si dice che bisogna smetterla di chiamare resistenti questi terroristi... Il centrosinistra ha sempre invocato l'Onu eppure, ora che le Nazioni unite chiedono di impegnarsi tutti insieme per la ricostruzione, dice "no"... Non si può continuare a essere sempre e soltanto antiamenicani senza vedere obiettivamente che cosa succede nella realtà. E la realtà è che gli iracheni ci chiedono "non andate via perché c'è un elevato rischio di guerra civile"».

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