Vittorio Agnoletto è il primo a tagliare il traguardo della corsa alla cazzata sul sequestro della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena. «Chi tocca Falluja viene rapito, prima la giornalista di Liberation, ora Giuliana», osserva insinuando l'attività dei servizi segreti americani intenti a nascondere al mondo il fantomatico "massacro di Fallujah". Come l'anno scorso si accreditò, con la complicità dell'Onu, il massacro di Jenin a opera degli israeliani, poi rivelatosi infondato, oggi nuovo capitolo della disinformatia, nuovo mito di quella lunga leggenda antiamericana di cui si nutrono i fascisti e i comunisti (a vostro piacimento) che si sono riuniti a Porto Alegre. Ma pensare il "probabile", e cioè che Fallujah è la zona più calda e piena di terroristi dell'Iraq intero è davvero chiedere troppo?
Scrive il Riformista rivolgendosi al giornale per cui lavorava la Sgrena:
«Aveva ragione la Jena, quando ebbe il coraggio di scrivere l'ovvio: tra i marines e i tagliatori di teste, meglio i marines. Il Manifesto... tra tutti i fogli della sinistra cosiddetta radicale dovrebbe dunque essere il più pronto a leggere la realtà, a discernere il terrore e il banditismo dalla lotta di liberazione nazionale. E anche a proposito della lotta di liberazione nazionale dovrebbe chiedersi se ormai, a processo democratico avviato, essa non debba ripudiare la violenza per esprimersi in forme politiche.
(...)
Forse quei ribelli sarebbero meno aggressivi se sapessero che le loro imprese non trovano sponde ideologiche all'estero. E' una tragica circostanza del destino che proprio il collettivo del Manifesto sia costretto a questa riflessione dall'ansia e dall'angoscia per la sorte di una sua compagna. Aiuterebbe la rilettura della frase pronunciata al congresso ds da Fassino: i veri resistenti sono gli otto milioni di elettori che hanno votato in Iraq. Ma, per rileggerla, al Manifesto devono prima pubblicarla, visto che ieri è stata censurata...»
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