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Saturday, February 12, 2005

Errare è umano, ma perseverare... è di sinistra/2

Come ultimi giapponesi ancora in trincea, i leader del centrosinistra si preparano a perseverare nell'errore

In modo più chiaro di così non poteva esprimersi. E' il segretario generale dell'Onu Kofi Annan a smentire, oggi in un suo intervento sul Washington Post, la posizione dell'Unione sull'Iraq. Cose note a tutti, ma che Fassino e Prodi, come i due ultimi giapponesi nelle trincee, si rifiutano di ascoltare: l'Onu ha già un mandato in Iraq, quella presente in Iraq è già una forza multinazionale di pace e non di "occupazione". Annan chiede alla comunità internazionale di impegnarsi in Iraq. Quindi, a chi non c'è ancora, di andarci, e a chi c'è già, di rimanerci. Questa, lo si prenda atto una volta per tutte, è la posizione dell'Onu. Votare contro il rifinanziamento della missione militare italiana in Iraq è legittimo, ma significa votare contro l'Onu, la sua autorità e le sue decisioni, e non per un suo maggiore coinvolgimento.

Sul Riformista di oggi la lezioncina facile facile gli è stata ripetuta anche dal ministro degli Esteri Gianfranco Fini:
«La coalizione di Prodi invoca l'Onu e al tempo stesso ne rifiuta le decisioni: chiede una proposta europea al Consiglio di Sicurezza dell'Onu per una strategia di consolidamento della democrazia in Iraq e, contemporaneamente, non riconosce il mandato attribuito dalla 1546, che prevede la presenza di una forza multinazionale al servizio della transizione politica irachena. Va infatti ricordato secondo verità che già oggi la forza multinazionale non è forza di occupazione, ma forza mandataria dell'Onu; (...)
Tutte le cosiddette garanzie richieste dall'opposizione sono già di fatto assicurate (rispetto del calendario della transizione politica, internazionalizzazione della crisi, espansione del ruolo dell'Onu e dell'UE). In tanti, anche nel centrosinistra, ne sono consapevoli. Dimostrarlo votando a favore del rifinanziamento della missione di pace significherebbe dimostrare di essere per davvero una credibile alternativa di governo a tutta la comunità internazionale».
Il «suicidio» dei riformisti. I nodi vengono al pettine, come già una volta in questo precedente post, quando uno come Piero Ostellino ci si mette di punta sul Corriere della Sera e sottolinea che un centrosinistra a guida riformista non è possibile se poi si cerca un programma comune con la componente radicale. E', nella migliore delle ipotesi, un tentativo destinato a soccombere, una presa in giro nella peggiore delle ipotesi. E', comunque, il «suicidio» dei riformisti.
«La verità - ha scritto Umberto Ranieri, un intelligente e onesto riformista diessino - è che i due propositi, l'aggregazione dei riformisti e un programma comune di tutte le opposizioni, sono in contrasto fra loro. Indicano due prospettive politiche diverse e contraddittorie. In realtà, solo in Italia si sostiene che l'intesa tra la sinistra radicale e quella riformista debba assumere i caratteri di un "programma comune"». Che piaccia o no, Prodi incarna, dunque, la contraddizione fra riformismo e programma comune di tutte le opposizioni. E Fassino, consegnandosi nelle sue mani, sta consumando il proprio fallimento politico e portando i riformisti al suicidio. Di fronte al «no» di Prodi al rifinanziamento della nostra missione in Iraq, sostenere, come fa ora Fassino, che, se su un punto mancasse l'accordo all'interno del governo di centrosinistra, i riformisti andrebbero in Parlamento - come per la guerra del Kosovo - incassando il voto dell'opposizione di centrodestra è ingannare se stessi e il Paese...

un tentativo maldestro di mascherare la propria impotenza e la propria resa. «E' irrealistico - scrive ancora Ranieri - immaginare la possibilità di un "comune programma di governo" tra radicali e riformisti. A meno di una resa di questi ultimi alle posizioni e alle suggestioni dell'estremismo». E', invece, proprio quello che è accaduto in passato e sta accadendo ora. «I riformisti più che ad affermare la propria identità, sembrano interessati a non perdere il legame con le componenti massimaliste in una sorta di eterna ricerca dell'appeasement con queste ultime» (sempre Ranieri). Ma ciò, «ne ha ritardato scelte strategiche che potevano essere compiute prima...

Fassino si sta comportando ora come si era comportato Berlinguer di fronte al riformismo di Craxi. Berlinguer, convinto che solo temporeggiando avrebbe potuto portare sulla sponda occidentale del fiume l'intera carovana del Pci che ancora guardava a Oriente, aveva finito col rimanere «in mezzo al guado». Fassino, convinto di vincere così le elezioni, resta volontariamente «in mezzo al guado», rischiando di farvi annegare il riformismo.

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