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Monday, February 21, 2005

Prodi ha una sua politica estera: il «social-gollismo»

Realtà allarmante: altro che succube di Bertinotti, intende l'Europa come «antagonista dell'America» ed è «disposto a giocare la carta chiracchiana del nuovo multipolarismo»

Secondo Paolo Franchi, l'intervento di Romano Prodi sui rapporti tra l'Europa e gli Stati Uniti ospitato ieri dal quotidiano la Repubblica rappresenta un «cambiamento, e comunque il senso di un'apertura», scrive oggi sul Corriere della Sera.
«Prodi sembra muoversi sulla stessa falsariga, anche se, a differenza da D'Alema, non sembra avvertire né il "fascino avventuroso dell"ideologia neoconservatrice" né la preoccupazione per un'Europa che rischia di farsi paladina del mantenimento dello status quo, fino ad assumere, di fronte ai problemi della democrazia e dei diritti umani nel mondo, "i panni di un continente vecchio, cinico, bottegaio e moralmente pigro". In ogni caso, a leggere le sue parole tenendo a mente le questioni della cucina politica italiana, è chiaro che Prodi non ha alcun interesse a lasciar schiacciare la propria leadership (come vuole la propaganda avversa, ma come temono anche molti moderati del centrosinistra) sull'immagine, tendenzialmente perdente, del "Prodinotti"».
Ma no, Prodi non è succube di Bertinotti in politica estera, come dice la «vulgata giornalistica», ma ne ha una sua: il «social-gollismo». A spiegarlo è Antonio Polito su il Riformista di oggi. Prodi ha preso la decisione finale sul voto contrario alla missione italiana in Iraq e lo ha fatto per «convinzione» oltre che per motivi tattici. «La politica estera è uno dei contenuti più definiti del prodismo». Intende dire esattamente quel che dice quando parla di «riportare l'Italia in Europa», ma per lui l'Europa ha tre capitali: Bruxelles (il governo), Parigi (la spada, e quindi la potenza) e Berlino (la moneta).
«Per compiere il miracolo alchemico di una nuova statualità sovra-nazionale, c'è bisogno però di avere una ragion d'essere nel mondo: e questa non può che essere una rivalità, seppure cooperante, con gli Stati Uniti... che invece rivendicano e praticano con disinvoltura il ruolo di unica superpotenza... Prodi non è antiamericano... ma che Prodi intenda l'Europa come antagonista dell'America, e non come deuteragonista, nella rappresentazione globale, è fuor di dubbio. Per farlo è disposto a giocare la carta chiracchiana del nuovo multipolarismo».
Tenendo presenti questi obiettivi, Prodi ha convinto Putin ad aderire al Trattato di Kyoto, ha stretto i rapporti con la Cina, «condivide le due maggiori riserve europee sulla lotta al terrorismo»: non crede che si possa sconfiggerlo senza estirparne le cause, e tra esse non c'è la mancanza di democrazia, ma la povertà e gli «errori di arroganza americani. Non è solo un dissidio sui messi: la diplomazia piuttosto della guerra. E' una divergenza sui fini».

Niente del programma di Prodi è alternativo a quello di Berlusconi come la politica estera, che Polito definisce «social-gollismo». Il direttore non va oltre a degli accenni nello spiegare le sue profonde riserve per questa politica, e si limita a sottolineare che nelle elezioni politiche del 2006 il tema della politica estera sarà per la prima volta centrale e dirimente tra le due coalizioni.
L'analisi di Polito mi convince non poco, e bisogna ammettere che questa ipotesi è ben più allarmante di quella del Prodinottismo.

3 comments:

Anonymous said...

Ridi ridi, sono quasi vostri compagni.

JimMomo said...

Miei no di sicuro!

JimMomo said...

Ci sarà di sicuro un mio post sull'"ospitalità" ai radicali. Giuro. Ma come la penso non è un mistero, ci sono parecchi post indietro.