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Thursday, June 09, 2005

Contro chi e cosa non l'abbiamo capito

«Si parla di droghe senza averle provate, di nonviolenza senza aver digiunato, di petrolio senza aver mai guidato (a Scandicci direbbero "si ragiona di passera senza averla annusata"), mi son chiesto: "si potrà recensire un libro senza averlo letto?" Grazie al libertarismo di Notizie Radicali si può. Il libro in questione è "Contro l'ONU", di Christian Rocca (Edizioni Lindau € 13,50). Non l'ho letto e non m'è garbato. Che il libro sia ben scritto lo si capisce dal titolo, che la tesi sia predefinita lo si immagina conoscendo l'autore, ma che le Nazioni unite siano inutili, anzi dannose, non lo si concede a Milosevic, figuriamoci all'"americanista" de Il Foglio».
Basterebbe l'incipit da simpaticone per passare ad altro, invece JimMomo questa recensione di Marco Perduca, dal titolo Contro "Contro l'ONU", se l'è letta tutta e deve dire un paio di cose. E' una pseudo-recensione non solo perché l'autore non ha letto il libro (sport diffuso tra i recensori), ma anche perché più che essere contro va oltre. E scopre l'acqua calda. L'Onu non va, ma sbarazzarcene non serve, sostiene Perduca, «senza denunciare che i problemi di malgoverno mondiale sono frutto di politiche che antepongono sempre gli interessi nazionali di democrazie e dittature al "bene comune"».

Migliaia di battute di bischerate (in senso buono per carità) per arrivare a un nodo che ci saremmo aspettati maggiormente approfondito e che non è affatto contro "Contro l'Onu": ci si può sbarazzare dell'Onu e contemporaneamente «denunciare che i problemi... etc etc. Gli interessi, quegli "sporchi" interessi a cui si riferisce, non saranno mai cancellati dalla faccia della terra. Anzi, direi che la competizione regolata e trasparente fra interessi è l'anima delle società aperte, liberali. Ed è ineluttabile, persino auspicabile, che trovino rappresentanza in governi democraticamente eletti. Quanto del "bene comune" meglio non farne un mito, ci hanno già provato e con risultati poco "igienici". Diffido per natura di chi mi assicura di agire per "il mio bene".

Piuttosto, la vera novità che mi pare Perduca non abbia ancora colto è che abbiamo scoperto (loro esistevano da tempo) una cricca di pericolosi pensatori, i neocon, che - guarda un po' - sono convinti che la tutela degli interessi nazionali americani, primo fra tutti la sicurezza, passi inevitabilmente per l'esportazione della democrazia e della libertà nel mondo. E si dà il caso che l'attuale presidente degli Stati Uniti si sia persuaso a sufficienza da tentare di attuare, non senza errori, una politica coerente. Si dirà che bisogna stare attenti a giocare con le armi, e lo concedo, ma possiamo almeno "sfruttare" la situazione per diminuire proprio quell'insopportabile tasso di ristretta e miope realpolitik che prevale in Europa?

Quanto alla «qualità» di ciò che si esporta, non sarà perfetta, ma so distinguere, e sanno farlo anche gli arabi, se sia preferibile tenersi la merce contraffatta di Saddam, o di Mubarak, o pagare un po' di più per avere un pizzico dell'odiata America in casa, anche se si tratta dell'America del "fondamentalista" Bush. Se è giusto riconoscere a Clinton la pregevole idea della Community of Democracy (tenendo presente la deriva "onusiana" denunciata da Emma Bonino) e la guerra "giusta" senza l'Onu in Kossovo, non mi pare che quanto ad antiproibizionismo sulla droga, pena di morte, Kyoto e altre riforme "democratiche" si sia speso molto.

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