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Tuesday, June 07, 2005

Votare 4 sì da conservatori

Individuo
«Gli embrioni precoci sono un esiguo cumulo di poche cellule e se lasciati a se stessi non potrebbero in alcun modo sopravvivere e svilupparsi. Quindi questo esiguo cumulo di cellule va incontro a morte, in base a una legge di natura. Una morte questa priva di sofferenza non essendo l'embrione, nello stadio precoce, dotato di un sistema nervoso».
Mi serve partire da qui, dalle parole che Rita Levi Montalcini scrive oggi su la Repubblica, citando l'altro premio nobel Renato Dulbecco. Mi serve perché l'embrione non è una persona. Aggiungo subito che l'embrione è incontestabilmente un progetto di vita umana, un progetto genetico unico, originale, irripetibile, che però non fa dell'embrione un uomo, o una donna, insomma un individuo, una persona. Non basta il dato genetico, nell'uomo - soprattutto per i credenti - c'è un di più. Si vuole una risposta alla domanda fuorviante posta da Giuliano Ferrara? L'embrione descritto dalla Montalcini è «qualcosa».

Papa Benedetto XVI ribadisce «l'intangibilità della vita umana dal concepimento», ma «nell'uomo e nella donna la paternità e la maternità, come il corpo e come l'amore, non si lasciano circoscrivere nel biologico: la vita viene data interamente solo quando con la nascita vengono dati anche l'amore e il senso che rendono possibile dire sì a questa vita». Anche per il teologo Ratzinger, sebbene l'embrione non si tocca e la procreazione in provetta è inaccettabile, tuttavia l'embrione non è equiparabile a una persona.

Ciò che voglio dire è che all'embrione si devono tutele, che la madre, il padre, i medici e i ricercatori, insomma le persone, hanno dei doveri nei suoi confronti, ma l'embrione, non essendo persona, non può ritenersi un soggetto di diritti naturali così come postulati dal costituzionalismo e dal liberalismo classico. La legge 40, e tutti i sostenitori dell'astensione, ritengono viceversa l'embrione un soggetto di diritti equiparabile agli altri soggetti coinvolti nella sua procreazione.

Questa estensione del concetto di persona all'embrione è rivoluzionario rispetto alla nostra civiltà giuridica. Infatti, ad oggi, sulle tutele che l'ordinamento riconosce all'embrione prevale sempre la libertà dell'individuo. Ecco perché uno dei fronti sul quale i referendum ci chiamano ad esprimerci è quello della conservazione dei principi fondanti la nostra civiltà giuridica, contro la relativizzazione del concetto di persona.

Così come sono contrario alla crescita abnorme del paniere dei diritti in senso orizzontale, così lo sono all'estensione della titolarità dei diritti in senso verticale, includendo chi individuo non è ancora e non può diventarlo se non attraverso la libertà di scelta di un individuo. Non è desiderabile dare dell'individuo la definizione più ampia possibile, così da garantire più diritti? No, ammetto che per qualcuno ciò sia desiderabile ma non è liberale. E' da questo relativismo applicato al concetto di individuo introdotto dalla legge 40 e dai suoi sostenitori che vengono i maggiori pericoli per le libertà individuali così come si sono storicamente palesate come naturali.

Un esempio recente è rappresentato da questo articolo di Giovanni Orsina pubblicato su il Foglio e ripreso da ideazione.com.
«La definizione di che cosa sia un individuo non può essere lasciata agli individui: in primo luogo perché fin quando non li si è definiti, non si sa ancora chi essi siano; e poi perché attribuire dei diritti agli individui e al contempo dare licenza a chiunque di stabilire chi sia un individuo e chi no, equivarrebbe nella sostanza a non dar diritti a nessuno. Anche nella società più individualistica, dunque, almeno la decisione su che cosa debba intendersi per individuo non può che trascendere gli individui».
[Trascendere gli individui] Vediamo come. Orsina fa un esercizio di massimo relativismo quando spiega che a definire chi sia un individuo debba essere una maggioranza, il legislatore, e che la minoranza si deve adeguare.
«Una collettività, anche la più liberale, decide necessariamente di autorità chi sia titolare di diritti e chi no e impone alle minoranze il rispetto delle proprie decisioni. Quando ci si sta muovendo lungo i confini incerti fra l'umano e il non-umano, dove quella collettività decida di porre i limiti che separano la presenza dei diritti dalla sua assenza è cosa che riguarda la sua sensibilità, non il suo tasso di liberalismo».
Questione di sensibilità e non di liberalismo? Ma il liberalismo non lascia affatto a un voto di maggioranza, cioè al legislatore, la definizione di chi sia individuo, dunque titolare di diritti naturali soggettivi. Seguendo il ragionamento di Orsina, c'è pericolo, per usare le parole di Ostellino, «di snaturare il concetto stesso di diritto attraverso scelte collettive per quanto democraticamente espresse».

Il tranello logico di Orsina sta nel voler definire se l'embrione sia o no individuo.
«A chi, negando l'umanità di quegli esseri marginali, mi darà dell'illiberale perché, imponendo le mie idee, violo i suoi diritti, potrò rispondere che a essere illiberale è lui, perché viola i diritti di quegli esseri marginali dei quali io postulo l'umanità. La mia posizione e quella del mio interlocutore saranno allora esattamente simmetriche, entrambe difendibili in termini individualistici a partire da due definizioni di individuo differenti, ma ugualmente frutto di una premessa etica soggettiva, discutibile e al contempo degna di rispetto... ciascuno di noi s'interroghi seriamente, profondamente, in coscienza, sul punto nel quale lui, se vivesse su un'isola deserta, tirerebbe la riga fra l'umano e il non umano. Lì dove tira la riga, dovrà volere che la tiri anche la società in cui vive».
Dunque, sarebbero due posizioni entrambe liberali, ma di diversa sensibilità. Azioneparallela coglie la tremenda contraddizione:
«Orsina porta buoni argomenti per dimostrare che un liberale, un liberale vero, qualora ritenesse che gli ebrei non sono individui, potrebbe escluderli dal novero degli esseri che hanno diritti individuali, passando magari per razzista, ma non per illiberale. Vi sarebbe un problema di "sensibilità", insomma, "ma non di liberalismo"».
Al direttore scientifico della Fondazione Einaudi risponde il presidente della Fondazione Einaudi, Valerio Zanone, che su il Riformista mette in guardia dalla «pretesa retrocessione dei diritti delle persone viventi fino alle forme embrionali della vita».
«Orsina sviluppa in sintesi la seguente argomentazione: non si può ragionare sui diritti dell'individuo senza definire cosa si intenda per individuo; la definizione di individuo compete al legislatore; in sede legislativa la maggioranza decide "chi sia titolare di diritti e chi no, e impone alle minoranze il rispetto delle proprie decisioni". Quindi il corpo legislativo può decidere di estendere i diritti dell'individuo fino al concepito.

Se la maggioranza ha sempre titolo di decidere chi sia titolare di diritti e chi no, una collettività spiacevolmente illiberale potrebbe decidere per legge (è accaduto) che titolari dei diritti di individuo siano i maschi ma non le femmine, i bianchi ma non i neri, gli ariani ma non gli ebrei. Si dirà che nel caso della legge 40 la decisione è invece, all'opposto, quella di dare dell'individuo la più comprensiva definizione possibile, fino ad estendere la piena titolarità dei diritti a chi individuo non è ancora e può non diventarlo. Ma l'estensione va a carico degli individui viventi... Nel 1975, giudicando della legge sull'interruzione volontaria della gravidanza, la Corte costituzionale si pronunciò contro l'asserita equivalenza fra i diritti della madre e la salvaguardia dell'embrione. Adesso dietro l'appello astensionista si prepara l'attacco alla legge sull'aborto, che farà compiere al sistema dei diritti individuali un salto indietro di trent'anni».
Anche Piero Ostellino spiega ad Orsina come stanno le cose per il liberalismo:
«A una democrazia liberale non si può chiedere di dare una riposta a un quesito etico: se l'embrione umano sia qualcosa o qualcuno... Tra la dottrina tomista della Legge naturale — sulla quale si fonda l'identificazione fra etica e diritto — e quella liberale dei Diritti naturali soggettivi, che presuppone la separazione fra diritto ed etica, non c'è possibilità di conciliazione. La Legge naturale implica un'obbligazione; quella liberale dei Diritti naturali soggettivi presuppone la libertà di scelta. E' questa, del resto, la ragione per la quale i padri del liberalismo cercarono di individuare un fondamento all'ordine politico che prescindesse dalle etiche in conflitto, relegandole nella sfera privata».
Il guaio di Orsina (vero dramma per noi) è che il suo stesso ragionamento si fonda su presupposti inaccettabilmente relativisti adottati prima di tutto ai concetti individuo e di liberalismo, filosofia politica che ha già storicamente una definizione di individuo che è indisponibile a qualsiasi maggioranza.

In chiusura del suo articolo, Zanone rimprovera a Orsina non solo di voler decidere a maggioranza sui diritti che il liberalismo sottrae al potere della maggioranza, ma - aderendo alla campagna astensionista - di voler ricorrere persino a una decisione a minoranza.
«Nel referendum sull'aborto i contrari all'abrogazione si misurarono ad armi pari con gli abrogazionisti. Nei referendum sulla legge 40 i contrari all'abrogazione hanno invece voluto sottrarsi alla conta per lucrare a proprio vantaggio quel trenta per cento di assenze che è abituale in tutte le votazioni. La democrazia liberale garantisce i diritti individuali contro l'abuso del potere maggioritario, ma ora è di fronte al tentativo di abuso del potere minoritario; chi ritiene che sui diritti dell'individuo si possa decidere con un voto di maggioranza, ricorrendo all'astensione si mostra consapevole di non disporre neppure di quello».
UPDATE. Anche in questo articolo recente di Stefano Rodotà, su la Repubblica, emerge la portata rivoluzionaria, dal punto di vista costituzionale, dei principi introdotti nell'ordinamento con la legge 40. Rodotà ricorda che la sentenza della Corte costituzionale spesso richiamata dai sostenitori di quella legge «non nega tutela giuridica all'embrione, ma indica la via corretta per farlo... non impone impossibili equiparazioni, ma si impegna nel distinguere e nell'offrire discipline differenziate», e che è ferma nel negare qualsiasi equivalenza «fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona». «Letta nella sua interezza, quella decisione va dunque nella direzione opposta rispetto a quella verso la quale i sostenitori della legge vorrebbero forzarla».

Altrettanto netta è la distorsione operata con il riferimento all'articolo 2 della Carta dei diritti dell'Ue. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che si possono riconoscere tutele all'embrione «senza considerarlo persona con diritto alla vita secondo l'articolo 2». Anche questa una sentenza che «fornisce piuttosto argomenti a chi osserva come non vi sia alcun principio che imponga di identificare l'inizio della vita con il concepimento e di considerare l'embrione come una persona». Anzi, da queste sentenze «risaltano con evidenza ancora maggiore le forzature che essa (le legge 40, n.d.r.) contiene, vere e proprie cancellazioni di principi e valori che stanno alla base della prima parte della Costituzione, dove si disciplinano libertà e diritti fondamentali».
«È ignorato il principio di dignità nel momento in cui la donna non è considerata nel suo particolarissimo rapporto con chi solo attraverso di lei può nascere, ma viene ridotta a puro contenitore. Viene negata l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge attraverso una serie di irragionevoli divieti all'accesso delle donne alle tecniche procreative. Si comprime così il diritto alla salute, il cui carattere "fondamentale" è affermato dalla Costituzione e ripetutamente ribadito dalla Corte costituzionale».
Quello dei sostenitori della legge 40 e degli astensionisti sembra quindi un «disegno perseguito con determinazione», una «deriva» costituzionale fondata su una «cultura che sostiene questa impresa, gli obiettivi perseguiti, la durezza con cui si difende anche l'indifendibile». In sostanza, «avanza un'altra idea di Stato e di società ed emerge, con caratteri inediti, la Chiesa cattolica come vero soggetto politico». Come è possibile che accada tutto questo?
«Perché il mondo cattolico, a differenza di quello laico, è oggi l'unico capace di esprimere valori forti. È questo il regno del relativismo, della debolezza, o sono deboli la cultura e la convinzione con cui troppi laici hanno guardato a quel nuovo quadro costituzionale e, prigionieri d'un vecchio pregiudizio che vede il mondo cattolico più attrezzato per le questioni etiche, hanno finito con il cadere nella trappola di chi continua a sostenere che la fondazione dell'Europa è debole perché non ha voluto parlare delle sue radici cristiane?»

3 comments:

Anonymous said...

SULLA VITA NON SI VOTA

Se la dignità dell'uomo fosse rappresentata dal soffire mentre viene ucciso o dal potersi esprimere, rispondo a Rita Levi Montalcini che l'Embrione Umano ha la stessa coscienza di un uomo che dorme, è necessario aspettare che si svegli (o che cresca) per poter manifestare a pieno titolo un'umanità che non gli manca.
Dal concepimento l'Embrione Umano è già uomo o donna e il suo unico desiderio è quello di vivere ed essere amato.
Enrico Masini

Anonymous said...

Va bene JimMomo. Non possiamo relativizzare la definizione di individuo. Sono d'accordo. Ora però ti tocca darmi una definizione non controversa di individuo. Ossia, da liberale, devi trovare un ancoraggio sufficientemente robusto ("oggettivo") al quale aggrappare quella definizione. Ma fa attenzione, però: Dio è morto; la natura l'abbiamo sciolta nella cultura; della storia abbiamo fatto un cumulo di errori ed orrori. In bocca al lupo!

Anonymous said...

Questa mi piace. scrive Masini che l'Embrione Umano desidera vivere ed essere amato. eh??? ma un libretto di biologia l'hai letto? l'embrione fino a quell fatidica settimana non ha una cresta neurale. e allora cosa può mai desiderare? la logica vorrebbe una conseguenza tra frasi fermo restando la costanza temporale. ciò che sarà non è ora, sarà. no?