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Monday, June 13, 2005

Episodio III, la rivincita. L'eredità dei referendum

Semplicemente il vostro parlare sia sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno (Matteo - 5,37)Avendo già parlato di quanto il lapidario dato dell'affluenza (25,9) sia stato determinato in primo luogo dall'assenza e dall'indifferenza degli italiani, che i referendari non sono stati capaci neanche di scalfire, è indiscutibile il successo dell'appello astensionista della CEI. Niente meno e niente più che «la rivincita degli sconfitti del '74 e dell'81, del divorzio e dell'aborto». E questo successo ci pone di fronte a un problema che pensavamo risolto nei decenni scorsi: il rapporto fra Stato e Chiesa. E' questo il tema che si apre, e non si chiude, con il voto. L'eredità di questi referendum.

Marco Pannella, fin dallo scorso dicembre - con il convegno di Bruxelles in cui ha riunito autorevoli teologi e vaticanisti italiani ed europei per discutere di religione e laicità - ha inseguito (e guidato il movimento radicale in questo inseguimento) i credenti «in altro che negli ori e nel potere temporale» della Chiesa. Quanto questo inseguimento sia stato portato a termine è ancora da valutare, ma va registrato il tentativo.
«Noi non siamo contro la Chiesa. Ci poniamo le stesse domande, anche se diamo risposte opposte. Siamo figli di don Romolo Murri, dei modernisti».
Con l'aggressiva campagna della CEI in atto, il tema dei rapporti fra Stato e Chiesa, e non la disquisizione sullo statuto ontologico dell'embrione (morale, filosofica, religiosa), poteva e doveva divenire il valore, il discrimine politico attraverso cui mobilitare gli italiani per il voto.
Ne è consapevole Pannella, che ci ha provato:
«Hanno avuto paura di rompere con i cattolici, come sempre. Non solo. Si è sbagliata campagna. Tutti a disquisire sulla personalità giuridica dell'embrione. O a denunciare il trucchetto dell'astensione. No. D'Alema e Fassino potevano salvarci se avessero fatto politica. Bisognava ricreare il clima del '74, dell'81: "sì" contro "no", clericalismo contro laicità. Dovevamo presentare il voto come lo scontro decisivo, la terza grande prova. Gli altri l'hanno fatto. Noi no. E ne paghiamo il prezzo».
Ne era consapevole Eugenio Scalfari, che ne scriveva l'altro ieri:
«Il punto centrale di fronte al quale si trova oggi e domani l'elettore è molto preciso e si chiama clericalismo, potere clericale o se vogliamo esser chiari fino in fondo, potere temporale della gerarchia ecclesiastica sulla vita politica della società e dello Stato. Chi è a favore della vittoria di quel potere e chi è contro di esso. La religione o la miscredenza non c'entrano. Si può essere religiosi oppure no, ma non è questo il punto di discrimine...»
Da evitare qualsiasi banalizzazione: non è in discussione la libertà d'espressione della Chiesa, non la scristianizzazione del continente, né la funzione pubblica e morale della religione, ma "solo" il clericalismo, il quando e il come le gerarchie ecclesiastiche esercitano potere temporale.
«I valdesi sono religiosi ma vanno a votare. Gli ebrei sono religiosi ma il presidente delle comunità italiane li ha esortati a votare. Molti cattolici religiosi, anzi religiosissimi, voteranno, a cominciare dal presidente della Repubblica, Ciampi, e dal suo predecessore, Scalfaro. Per converso molti miscredenti incalliti non voteranno perché, pur essendo miscredenti, sono clericali dichiarati e mobilitati, come Giuliano Ferrara e Oriana Fallaci. Auspicano una società guidata da una gerarchia ecclesiastica militante e tendenzialmente fondamentalista. Mettono sui loro vessilli il Dio degli eserciti e non il Gesù della misericordia. Si battono affinché il peccato divenga reato. E affinché le loro libere e legittime scelte divengano obbliganti anche per chi non le condivide... Aborro l'anticlericalismo sguaiato e intollerante. In Italia era stato superato e spento da tempo. Se sta ora risorgendo dalle ceneri è perché il clericalismo delle gerarchie ecclesiastiche e di chi obbedisce al loro richiamo ha l'effetto di un mantice sulle ceneri dell'anticlericalismo».
Con quesi referendum la Chiesa ha scelto una condotta nettamente a-concordataria, che mi piace, che condivido, ma a questo punto la lezione di Tocqueville va digerita fino in fondo. Come ha scritto il Riformista qualche giorno fa, la Chiesa «si fa parte, combatte la sua battaglia nel libero mercato delle idee, si espone apertamente al rischio di essere minoritaria, anzi implicitamente lo ammette, quando si appoggia all'astensionismo fisiologico con la dichiarata motivazione che altrimenti vincerebbero i sì. Così avviene negli Stati Uniti e in tutte le società a pluralità di confessioni. Contemporaneamente, però, la Chiesa gode in Italia di un regime concordatario, che le assegna privilegi e benefici dovuti al fatto che essa è la religione degli italiani.

Così, per esempio, riceve i finanziamenti dell'otto per mille. Così, per esempio, ottiene l'inserimento in ruolo degli insegnanti di religione, i quali in questi giorni potranno anche invitare i loro studenti e relativi familiari a non votare. La coabitazione di entrambi i regimi non è tollerabile sul lungo periodo. E la nuova Chiesa, più confidente in se stessa, più decisa sui suoi valori, più parte, dovrebbe cominciare a chiedersi essa stessa se non debba smettere di condurre le sue campagne in regime di protezionismo concordatario».

Durante il week end, mentre si votava, scrivevo questo editoriale uscito oggi su Notizie Radicali, consapevole del tema che questi referendum ci avrebbero lasciato in eredità. Di fronte a molti blogger entusiasti del nuovo Papa che per tranquillizzarmi sottolineano l'apprezzamento che Ratzinger e il Card. Ruini manifestano per il modello americano dei rapporti fra Stato e Chiesa e il pensiero di Tocqueville in materia, io vorrei proprio farmi tranquillizzare, ma non posso trascurare qualche elemento di dubbio e di fatto: Ratzinger & Ruini hanno ancora molto da imparare da Tocqueville.

E questi referendum ne sono stati una prima dimostrazione: «Non interferire nella sfera politica, dice il Concordato rivolgendosi alla Santa Sede», ce lo ricorda Scalfari:
«Se volete mescolare Dio alle contese politiche, allora usciamo dal Concordato, torniamo al regime cavourriano della libera Chiesa in libero Stato, senza più ricorrere al sostentamento finanziario e ai privilegi che lo Stato e noi tutti contribuenti garantiamo alla Santa Sede. Non si può avere Chiesa clericale e statuto concordatario».
Stefano Rodotà, su la Repubblica, collega il dualismo clericalismo/laicità con il rapporto fra etica e diritto. Il liberalismo e il costituzionalismo moderno hanno avuto il merito di riberare il potere dello Stato «dalla pretesa pericolosa di un'etica, qualsiasi etica, che agisse in presa diretta sulla società, usando il diritto come braccio secolare, come inammissibile scorciatoia autoritaria».
«È vero che il ritmo incalzante delle innovazioni scientifiche e tecnologiche produce sconcerto, difficoltà sociale nel metabolizzarle. Ma la risposta, quando si decide di ricorrere al diritto, dovrebbe forse essere cercata ricordando una vecchia definizione del diritto come "minimo etico" all'interno di una società. Che non voleva dire indifferenza per principi o valori forti, ma additava il diritto come strumento che non può limitarsi a chiudere autoritativamente un conflitto».
Oggi occorre, soprattutto ai liberali, recuperare la consapevolezza «della dimensione propria dell'etica», della «rinuncia all'uso puramente autoritario del diritto», di individuare i limiti dello stesso diritto, «dunque delle situazioni nelle quali è bene che non entri».

Anche Francesco Merlo in un suo splendido articolo di alcuni giorni fa, avvertiva che gli italiani stavano per essere chiamati a pronunciarsi «sulla legittimità del partito delle parrocchie, sulla religiosità armata e filosofizzante, sugli intellettuali atei che vogliono rubare al popolo la sua fede, soffusa e senza asprezze, per fondare un'etica di stato». Chiamata a rispondere su «questioni impossibili», la gente avrebbe dovuto rispondere "sì" o "no" all'ingerenza del cardinal Ruini, più invasiva per il fatto che «la benedizione del Vaticano piace anche a sinistra, e dunque Rutelli si astiene, e Prodi andrà a votare, ma non dirà come, cercando di compiacere tanto il no quanto il sì».
«Sono tanti anche i cattolici che voteranno "sì", sono quelli che hanno costruito la loro religione nella capanna del presepe, attorno alla culla del Bambin Gesù. La natività è il fuoco della loro fede. L'immacolata concezione è fecondazione assistita da Dio. Nel presepe Ruini non c'è e non c'è il professore di teologia... la nostra gente non vuole amare Dio "contro" qualcuno o qualcosa, alla maniera astratta del Santo uffizio. E non è vero che l'Italia è un paese scristianizzato. Quella della religiosità italiana è un'evoluzione dolce e civile, ricca di esperienze reali, di tolleranza, di politeismi, di Madonne nere, di santi arabi come San Gerlando, di santi panteisti che parlano con il vento e con i lupi come san Francesco, "nel flusso d'amore dell'universo"».
Il dibattito di queste settimane ha infatti portato alla ribalta molti ricercatori italiani che «non ritengono l'intelligenza una sfida al Creatore, ma uno strumento che Dio ha messo a disposizione degli uomini per produrre reti di solidarietà». Merlo immaginava che don Sturzo, «che voleva maritare il cattolicesimo con la modernità», avrebbe cacciato dalla sua parrocchia gli intellettuali atei, «che sono scesi in campo in appoggio al clero vaticano, le nuove teste pensanti del partito di Ruini, lo strano mondo laico in cerca di una nuova identità politica».
«Questi atei, guidati da Marcello Pera e Giuliano Ferrara sono alla ricerca di un pensiero forte che, nell'attuale povertà, possa diventare egemonia culturale e fare dell'Italia il fortilizio sacro di una Chiesa debole e invecchiata che si sente assediata da religioni astiose e muscolose che vogliono l'apocalisse dell'Occidente».
«Lo Stato laico - concludeva Merlo - è una conquista epocale e il cristianesimo laico e secolarizzato non è una retrocessione, ma una maturazione dell'organizzazione della religiosità che sempre meno ha bisogno di strutture clericali... Certo, l'astensione ingigantisce la forza reale del partito di Ruini, aggiunge la furbizia alla pigrizia; è una tattica politica legittima, ma piena di paure. Ebbene, il referendum non servirà a stabilire se l'embrione è persona, che è una domanda filosofica, ma forse a scoprire un paese di cui nessuno dà notizia, un'Italia che si è evoluta pur restando fedele alla propria antichità, a sapere su quante divisioni può contare in Italia il cardinale Ruini, e non Dio, che non ha bisogno di reggimenti».

4 comments:

Anonymous said...

... tuttavia questo articlato post non è riuscito a togliermi di mente che:

- la Chiesa aveva assoluto diritto di esprimere la propria opinione

- i fedeli avevano diritto di dissentire

- quelli che ora inneggiano alla cancellazione dei favoritismi nei confronti della Chiesa dimenticano le espropriazioni forzate di cui la Chiesa è stata oggetto. Quindi basta col livore in merito a questo ed avviamo, semmai, un dibattito onesto!

Paolo

Anonymous said...

Caro Federico,
mi perdonerai se, pur non avendo letto tutto questo lunghissimo post, mi permetto di fare un commento sul tema di base. E' una cosa che ho ripetuto a tutti gli amici radicali con i quali ho avuto modo di discutere in questi giorni.
Smettetela di appiattire così la discussione sul binomio laici-cattolici. Non centrate la questione. Ma credi davvero che il 75 per cento degli italiani si faccia dire dal parroco come deve gestire la sua vita? Credi davvero che gli italiani abbiano improvvisamente consegnato il cervello a Ruini? Vi prego, smettetela di avere così poco rispetto per chi non la pensa come voi. Smettetela di offendere.
Ci sono stati atei, femministe, medici, liberali che hanno sposato la battaglia contro il referendum, partendo da presupposti che con Ratzinger non c'entrano niente. Si può credere di dover rispettare la vita, anche quella in nuce, pur non credendo in dio. Si può credere di non avere il diritto di manipolare un altro essere e considerarsi liberali. Smettetela di dare etichette che fanno sorridere per quanto vanno lontane dal bersaglio. Per combattere una battaglia, bisogna prima di tutto capire chi si ha di fronte davvero. Inventarsi un nemico a proprio uso e consumo, non serve a niente.
Con affetto a te e a tutti i miei amici radicali,
Babs

ps: ti chiedo scusa se, magari, ho finito per dire cose che col tuo post non c'entrano niente. Ho preso solo spunto dalla foto e dalle prime righe.

Anonymous said...

penso anch'io così, la chiesa ha auvto la sua influenza, ma non ha potuto pilotare la volontà di così tanti persone.
però sul bisogno di una maggiore autonomia tra stato e chiesa son d'accordo.
cmq io ho votato.

Anonymous said...

Continuate a farvi del male... mah.

La gente vi ha dato una lezione e non la capite.

Falco78