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Wednesday, June 22, 2005

Il laico devoto Pera scopre il gioco di Ratzinger-Ruini

Marcello PeraIeri il presidente del Senato Marcello Pera ha dichiarato di accettare la sfida lanciata da Papa Ratzinger ai laici, di agire cioè «come se Dio esistesse», pur precisando di non essersi convertito né di essere divenuto clericale. Il suo vorrebbe essere un crociano "non possiamo non dirci cristiani". La sua interpretazione, che fa riferimento non solo a radici storiche e culturali, ma che rintraccia legami fra il Decalogo e il diritto dello Stato a esso ispirato, è discutibile, ma non è qui che voglio affrontare questo argomento, anche perché ci ha pensato Malvino e non occorre aggiungere altro alle parole dello stesso Benedetto Croce.

Pera lancia a sua volta una sfida al credente: «E' disposto a de-istituzionalizzarsi, a pensare che quella religione per lui irrinunciabile possa diventare una religione cristiana civile? La Chiesa è disposta a uscire dai privilegi» degli accordi concordatari e «farsi missione all'interno della società?».

Insomma, la domanda è stringente, il laico devoto Pera ha colto in pieno le contraddizioni di questa Chiesa, ricevendo risposte apparentemente ambigue, ma a uno sguardo più attento precise, che a lui conviene far apparire "aperte" in vista della corsa al Quirinale.

E' Ratzinger stesso nel libro "Senza radici", ricorda Pera, a lodare il modello delle chiese libere americane, che predicano nella società, competono, e si fanno missionarie. «E' questa la via che la Chiesa e i credenti intendono perseguire?». Una via per forza di cose a-concordataria? Secondo Pera la risposta sta nelle parole pronunciate dal Card. Camillo Ruini l'11 febbraio scorso, all'Opera romana pellegrinaggi:
«La cosiddetta religiosità civile americana, di carattere non confessionale ma di chiara impronta cristiana, sembra il modello meglio in grado di garantire, nell'attuale società libera e democratica, i fondamenti morali della convivenza e in ultima analisi una comune visione del mondo, cosicché la promozione della democrazia appaia un imperativo morale in sintonia con la fede religiosa».
Tuttavia, ieri la risposta del cardinale non si è fatta attendere ed è stata un garbato e velato no, non è disposta:
«La Chiesa deve vivere in una società aperta. Ma è anche vero che non può essere solo religione civile perché perderebbe l'essenza profonda del suo essere comunità di fede».
Come in America si giura "Under God" senza che ciò costituisca una minaccia per la separazione fra Stato e Chiesa, anche in Europa il nuovo Trattato costituzionale potrebbe accogliere il riferimento alle radici cristiane (giudaico- si è perso per strada) se la Chiesa accettasse di rinunciare all'art. 52.

Pera osserva che nel suo nuovo libro il Papa sembra richiamare proprio l'art. 52 del Trattato costituzionale europeo, che riconosce i concordati nazionali, come se fosse stato un errore da parte della Chiesa Cattolica ritenerlo sufficiente a compensare la perdita della menzione delle radici cristiane nel preambolo. Garantiti i diritti istituzionali, temporali, delle chiese, il prezzo è che esse trovano posto nell'ambito dei rapporti concordatari, ma il loro contenuto non trova spazio nelle basi dell'Europa e riconoscimento nella sfera pubblica. Ruini sostiene però che la Chiesa non ha potuto scegliere tra l'art. 52 e l'inclusione delle radici cristiane: «Non volevano darci né l'uno né l'altro».
Però il riferimento alle radici cristiane non c'è, mentre l'art. 52 sì, dunque qualcuno la scelta deve pur averla fatta.

Dunque, il richiamo al modello americano di religiosità civile è strumentale. Per un verso Ratzinger e Ruini, lamentando «l'esclusione di Dio dalla coscienza pubblica» europea, rivendicano per la Chiesa cattolica la stessa rilevanza pubblica e la stessa libertà d'azione evangelizzatrice riconosciute alle religioni nella società americana. I laici non arroccati su vecchi princìpi dovrebbero convenire, ma del modello americano non si può prendere solo ciò che fa comodo. Infatti, per altro verso, la Chiesa rifiuta il presupposto inderogabile di quel modello: il rapporto a-concordatario fra Stato e chiese. Citando Gaetano Salvemini ed Ernesto Rossi, potremmo affermare che Ratzinger e Ruini «reclamano la loro libertà in nome dei nostri principi» per negarla agli altri «in nome dei principi loro».

In cambio della non ingerenza della Chiesa cattolica nella vita politica e istituzionale dello Stato italiano, il concordato le assegna privilegi e benefici dovuti al fatto che è riconosciuta come religione degli italiani. Così, per esempio, riceve i finanziamenti dell'otto per mille e ottiene l'inserimento in ruolo degli insegnanti di religione. Cose intollerabili negli Stati Uniti, dove il primo emendamento vieta espressamente qualsiasi riconoscimento di una religione da parte dello Stato. E' lecito chiedersi se il progetto della Chiesa sia davvero una missione ri-evangelizzatrice per la rinascita della religiosità cristiana nella società europea. Il progetto sembra sì quello della religione civile sul modello americano, ma senza rinunciare ai privilegi dei concordati: l'Italia sarà il nuovo modello.

Audiovideo: qui Pera, qui Ruini

Conclusioni. Questo dialogo fra Pera e Ratzinger, fra laici e cattolici, dovrebbe essere necessario per aggiustare i confini di separazione fra Stato e Chiesa, «non fissati in astratto e una volta per tutte». Trova la sua ragion d'essere nelle presunte difficoltà di entrambi a riconoscerli, mentre entrambi, a parole, quei confini non fanno che affermarli. Allora a quale scambio, a quale venirsi incontro, il dialogo dovrebbe approdare?

Se Pera chiede alla Chiesa cattolica di accettare la sfida di farsi religione civile sul modello americano a-concordatario, l'ambizioso progetto Ratzinger-Ruini è sì quello di affermare il ruolo della Chiesa nella sfera pubblica, quindi di avere mani libere nella vita politica e istituzionale degli Stati, ma senza rinunciare ai privilegi concordatari, costituendo anzi a partire dall'Italia un nuovo modello da esportare in tutta Europa.

Pera e Ratzinger si usano a vicenda: l'uno per ottenere il favore degli ambienti cattolici nella corsa al Quirinale, l'altro per far breccia nel mondo laico e poter esercitare ingerenze senza dover mettere in discussione il regime concordatario.

3 comments:

Anonymous said...

Stavo iniziando a raccogliere le idee per scrivere un post proprio sul tema delle libere chiese americane, cosi' come citate da Ratzinger in "Senza Radici", e su quanto stridente sia la differenza con la situazione italiana, ma dopo aver letto questo tuo masterpiece mi ritiro in rispettoso silenzio...

Anonymous said...

JimMomo anch'io sto riflettendo molto su questo tema(e ci ho fatto un post)...e devo dire che sono arrivato alle tue stesse conclusioni!! se pure sono ancora molto dubbioso su questi "atei devoti", secondo me sono ancora troppo attaccati alla sottana di Ruini e non riescono a comprendere fino in fondo il suo "tranello". Segnalo anche a te l'intervento del cardinal Martini sul relativismo cristiano, che in effetti apre le porte proprio all'idea di una religiosità all'americana.

Anonymous said...

Scusa, continuo a dissentire su un punto. Quello della Chiesa come motore primo della situazione in cui ci troviamo. Come se non ci fossero o non ci fossero stati tentativi di annichilimento delle ragioni delle Chiese, tali da giustificare e rendere opportuni i concordati.

Secondo me interpreti in maniera restrittiva le affermazioni di Benedetto XVI, e quelle di Ruini. Io non leggo l'interpretazione che ne dai tu. Penso, ed è questo ciò su cui noi stiamo discutendo da tempo, che dal mondo americano e anglosassone ci divida un abisso culturale che, per quanto ci possa portare a desiderare quel modello, la strada prima di giungervi sia lunghissima. E' una trasformazione culturale prima che istituzionale. Non basta il do ut des che tu prospetti (io ti do le radici cristiane e tu mi dai l'art. 52 - cosa su cui concordo; oppure io ti do la religione civile e tu mi dai l'otto per mille). Fosse così facile!

Invece va compiuta un'opera di radicale ma graduale trasformazione culturale della nostra società. E questo non potrà farlo uno scambio di vertice che, se non ha seguito nelle masse, rischia di accentuare conflitti che il sistema concordatario, pur pessimo, almeno tiene a bada.

Ciao,

harry