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Wednesday, June 08, 2005

La forza della ragionevolezza

La forza della ragionevolezza, e della ragione, oggi fa scacco matto in tre mosse. L'editoriale di Gianni Riotta sul Corriere della Sera presenta un argomento forte della sua semplicità, «il silenzio freddo sul soggetto cruciale del voto: le coppie di genitori italiani che desiderano bambini e non possono concepirne».
«Si discetta di talassemia e Giobbe, di "crioconservazione" e "cultura del desiderio", "ootide ed embrione", ma si dimenticano padri e madri disposti a subire pratiche mediche lunghe, umilianti, spesso dolorose e con impatto grave sulla vita affettiva. Non per piacere effimero, non per narcisismo, ma per una decisione che non ha nulla di erotico o decadente, un atto d'amore, di fede nella vita. Un amore semplice e pulito, controcorrente in un'Italia che di far figli non vuol saperne, troppo edonista per rinunciare al weekend, o troppo disoccupata per arrivare in tre al 27.
Anziché incoraggiare queste famiglie generose, la legge ne rende la Via Crucis ancor più punitiva, sovrapponendovi l'offesa del censo: chi ha i soldi vola all'estero, in cliniche dove non vige la legge 40, definita dalla rivista Foreign Policy "la peggiore al mondo", i poveri restano sterili come il giunco della Bibbia. Le parole di Benedetto XVI contro "la banalizzazione del corpo" e la «pseudolibertà» ci richiamano alla riflessione. Ma le famiglie che hanno avuto un bambino con l'assistenza messa a rischio dalla legge 40 testimoniano proprio di un ritorno al corpo come luogo sacro, di sacrifici, concepimento, vita.
E' la rinuncia concreta alla "pseudolibertà" per il dovere, lungo e faticoso, di maternità e paternità: e Paesi di fervida fede religiosa, dagli Usa a Israele, si guardano infatti dall'imporre i diktat della 40. Chi non vorrà, per convinzione morale, non usufruirà della procreazione assistita».
La seconda mossa è di Gianfranco Fini, che ha deciso di esporre a pesanti critiche la sua leadership per convinzioni personali. Una rarità in una politica italiana dei tanti che hanno «preso posizione quasi unicamente nella speranza di lucrarne un vantaggio politico». E non è esagerato dire che il dibattito referendario oggi si è spostato a destra, all'interno di An, facendo venire qualche mal di pancia sul quorum agli astensionisti. Chissà come la penseranno quei fascistelli di Azione Giovani, che seguendo gli esempi dei loro cugini no-global, hanno invaso la sede del Comitato per il Sì.

Nonostante le rassicurazioni, la legge 40 e la 194 sull'aborto sono in «così stridente contraddizione tra loro» che a Fini qualche sospetto che si voglia mettere in discussione anche la seconda gli è rimasto.
«Le donne sono le più convinte su questo punto: non si può chiedere loro di abortire perché una legge vieta attraverso una diagnosi pre-impianto di verificare se il feto è affetto da una grave malattia di tipo genetico. Se la campagna referendaria fosse stata più onesta intellettualmente, il nodo del rapporto tra la legge 40 e la 194 avrebbe dovuto essere il tema dominante. Perché c'è un'evidente contraddizione giuridica, c'è una legislazione schizofrenica. Chi tiene gli occhi chiusi dinnanzi a questa palese contraddizione è in una condizione di scarsa coerenza».
Ma se c'è una cosa che a Fini dà «fastidio» è «l'opportunismo e la spregiudicatezza di quanti hanno preso posizione quasi unicamente nella speranza di lucrarne un vantaggio politico».
«È indubbio, almeno ai miei occhi, che il trionfo del tatticismo c'è stato soprattutto tra coloro che invitano all'astensione, nella speranza di ricevere consensi dalle gerarchie cattoliche, per presenti o future manovre politiche più o meno centriste. E dico centriste, non democristiane, perché la Dc aveva ben altra prudenza e ben altra lungimiranza... Sono in atto manovre evidenti e strumentali di tipo partitico, atteggiamenti tattici. È una guerra di posizionamento».
Fini difende «il ruolo della Chiesa da quanti, nostalgici di Porta Pia, la accusano di ingerenza nelle questioni della politica», ma «o si segue l'insegnamento della Chiesa di vietare l'aborto e la pillola del giorno dopo, oppure si deve intervenire. E noi stiamo parlando della legge di uno Stato laico».
«... ci sarà un motivo se 88, tra scienziati e premi Nobel, dicono che la legge 40 rischia di impedire alla scienza - cui vanno posti dei paletti - di aiutare la qualità della vita? Se tutte le associazioni dei malati invitano il legislatore a entrare in sintonia con la normativa europea?».
Come giudicare l'astensione? Legittima, ma «diseducativa, favorisce la deresponsabilizzazione del cittadino, allarga il fossato tra il Palazzo e il Paese». Soprattutto i politici, «che dovrebbero avere a cuore la partecipazione motivata degli elettori» non dovrebbero invitare all'astensione, ma ironizza, «naturalmente ne comprendo le ragioni, visto che in qualche modo danno ascolto alla preghiera della Cei».
Oltre all'intervista rilasciata al Corriere della Sera, alla trasmissione di Maurizio Costanzo, stamattina su Canale5, Fini di nuovo non si è tirato indietro:
«La Chiesa è contro la pillola del giorno dopo, contro l'aborto. Ma noi non siamo chiamati come cittadini ad un atto di fede, viviamo in uno Stato laico e io voglio una legge in cui ci sia coerenza nell'ordinamento.
(...)
Vedete, il clima che c'è adesso, la clava, gli opposti estremismi per cui per qualcuno io sono una sorta di dottor Menghele perché vorrei l'eugenetica e contemporaneamente alcune punte di nostalgici di Porta Pia per cui la Chiesa fa ingerenza - ma la Chiesa parla alle coscienze e poi vanno a votare gli elettori - è proprio questo clima di Guelfi e Ghibellini, come se l'Italia fosse nel 1948, proprio questo clima - ha proseguito - impedì quelle soluzioni ragionevoli che speriamo adesso vengano corrette dal voto».
La terza mossa è un altro degli editoriali a cui ormai ci ha abituati Oscar Giannino su il Riformista. «Quando si deve leggere che il senatore Pedrizzi di An arriva a dire che siamo ormai "ai referendum di Erode", vuol dire proprio che la faccenda è incarognita», osserva con rammarico. E pensare che sono state le parole del papa a San Giovanni in Laterano a «offrire il destro agli urlatori dei sedicenti valori della vita». Ricordando il Dio di Lessing («Che cosa può vedere più volentieri Dio padre di una creatura lieta?»), Giannino sbotta, «altro che norma (la legge 40, n.d.r.) posta per rispetto di Dio. Rende le creature infelici, trasgredisce a ciò che è buono e giusto».
«Che il papa oggettivamente a San Giovanni abbia di nuovo ceduto alle pressioni della Cei, deliberatamente sovrapponendo ai quesiti referendari temi che nulla c'entrano come la tutela del matrimonio e il no alle coppie gay rende forte il rammarico e più agevole l'opera dei mestatori. Ancora una volta, Ratzinger è stato coerente con se stesso rifiutando la nozione del biologismo alla base del relativismo che può tentare l'uomo, inducendolo a credere di essere onnipotente. Ma a noi pare che il rifiuto del biologismo poni proprio a escludere che persona ed embrione coincidano. Una tale nozione, alle estreme conseguenze, renderà domani impossibile qualunque terapia genica, non solo oggi la ricerca sulle staminali embrionali. Anche ogni componente genica umana è un progetto di vita. Impedire alla medicina per la vita di applicarvisi alla ricerca, è un favore alla morte di ogni progetto di vita umana fallato da patologie gravi. L'inveramento dell'eugenetica, compiuto per sacrilegio nel nome di un Dio opposto a quello di Lessing che ci è caro».

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