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Tuesday, July 12, 2005

Global War on Terrorism/3 Perché l'Iraq

Paolo Mastrolilli intervista per La Stampa l'ex direttore della Cia (amministrazioni Clinton e Bush) James Woolsey, che giudica un «grave errore» valutare «la salute del terrorismo dall'ultima operazione».
«Dobbiamo metterci in testa che siamo in guerra, e questa guerra durerà diversi decenni. Per vincerla servono quattro cose: diffondere la democrazia in quella parte del mondo, perché non possiamo trattare gli arabi come i nostri benzinai e disinteressarci delle condizioni in cui vivono; ridurre la dipendenza dell'Occidente dal petrolio, perché i soldi investiti in questo settore spesso finiscono nelle tasche dei terroristi; rafforzare le nostre economie, le società e le infrastrutture, dalle centrali elettriche a quelle nucleari, affinché possano resistere e sopravvivere a qualunque attacco; individuare "i Torquemada" islamici che fomentano l'odio e neutralizzarli».
Sempre meglio ricordare perché il terrorismo si combatte anche in Iraq:
«E' davvero miope pensare che si potessero risolvere i problemi del Medio Oriente senza prima chiudere la partita con Saddam Hussein, e credere che i terroristi operino senza contatti con i governi. Il primo punto per vincere questa guerra è diffondere la democrazia e lo stato di diritto in tutta la regione. L'Afghanistan e l'Iraq sono stati i primi passi di una lunga serie, che speriamo non richieda sempre l'intervento militare. Ma sarebbe stato impossibile pensare di diffondere la democrazia, senza rovesciare il dittatore iracheno».

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