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Friday, July 01, 2005

La questione matrimoniale (fra Azioneparallela e 1972)

Azioneparallela risponde a 1972 sulla legge che in Spagna ha esteso anche ai gay l'istituto del matrimonio. Riporto dei passaggi:
«Non mi è chiaro cosa impedisca a uomini e donne di sposarsi e fare figli, una volta che anche le coppie gay possano sposarsi. Neppure mi è chiaro, se il punto è il ripopolamento della società, perché non approvare entusiasticamente l'adozione gay. Il fatto poi che il matrimonio sia un contratto, i cui effetti vanno al di là degli individui che lo contraggono, è un buon argomento per legittimare un intervento dello Stato perché si sposino solo individui con Q.I. superiore: non è interesse della società che nascano figli belli e intelligenti?

... ritieni che la legge spagnola annulla la diversità. Questa è bella: no, consente alle diversità di esprimersi liberamente dentro la legge: allo stesso titolo. L'argomento è puramente ideologico e lo si vede bene dal fatto che si potrebbe parimenti dire anzi che attualmente la legge (per esempio italiana) consente solo matrimoni tutti uguali. Che noiosa uniformità! Perdonami, ma quella dell'uniformazione indiferenziazione livellamento è una vecchia sciocchezza che accompagna la progressiva espansione di liberalismo e democrazia dal loro sorgere».
Come ho scritto in un mio recente post non credo che i matrimoni gay minaccino il matrimonio e la famiglia tradizionali e l'ordine sociale, o che segnino la decadenza morale della nostra civiltà. Articoli come quelli di Introvigne rafforzano i miei non-timori.

Ciò che mi ha colpito, e ho voluto discutere, della legge di Zapatero è il modo di introdurre il diritto al "matrimonio" per gli omosessuali. Cioè, epurando dal punto di vista del linguaggio e omologando situazioni diverse. Non so «in cosa i nuovi istituti giuridici dovrebbero differenziarsi dai vecchi». Non conosco bene il diritto di famiglia, ma poniamo anche che io creda (ed è probabile) che lo Stato non dovrebbe dar luogo a differenze di condizioni tra unioni etero e omo (adozioni comprese). Resta il fatto che la nozione, anche giuridica, di "matrimonio", ha un significato preciso e invece di riconoscere un diritto sacrosanto facendo pulizia linguistica, poteva essere introdotto un diverso istituto. Tutto qui.

Per spiegarmi meglio, cito Pannella in un passaggio all'ultima all'assemblea radicale:
«Personalmente anche per rivendicare la ricchezza della novità, non sono mai stato d'accordo sul diritto al matrimonio, il matrimonio ha una sua dimensione storica che è quella».
Altra cosa è voler riconoscere delle forme familiari più ampie nel diritto di famiglia, anche forme di convivenza fondate sull'amicizia, e quindi sull'amore, come i conventi.

Leggo gli argomenti di 1972 e di Azioneparallela e mi convincono entrambi, non so a chi dar ragione. Sarebbe interessante conoscere la soluzione legislativa trovata in Olanda. Alla fine convengo con Malvino: perché dovrebbe interessarmi il fatto che i gay si sposino se non vedo in alcun modo un danno per me o la società? Il resto sono disquisizioni, anche utili.

2 comments:

Anonymous said...

A me, 'sta adozione per i gay è una cosa non piace proprio. Vogliono che sia tutto uguale. Ma così non è. Voglio vedere proprio un bambino adottato da una coppia di "femminelli". Quando, il primo giorno di scuola, gli chiederanno "e tua mamma che lavoro fa", come gli risponderà? "Maestra la sua è una domanda politicamente scorretta"? GM

Anonymous said...

... secondo me l'importante è che si formi una famiglia, cioè un'unione di sentimenti, di solidarietà, di progetti, di sicurezza, di sussidiarietà,...

il modo in cui si forma può essere secondario.

spesso gli schemi hanno la forma delle sbarre incrociate.