L'insostenibile ambiguità dei regimi arabi
Per riassumere in due parole la situazione in Egitto descritta da questo articolo di Saad Eddin Ibrahim, dissidente democratico egiziano, sul New York Post. La sua analisi parte da quando l'amministrazione Bush ha annunciato i suoi piani per promuovere la democrazia nella regione. Da allora, scrive, Mubarak e gli altri autocrati arabi «si sono innervositi». In risposta alle iniziative americane della Middle East Partnership nel novembre del 2002 e della Broader Middle East and North African Initiative del G8 nel 2004, Mubarak guidò i suoi compagni autocrati della regione nell'opporsi all'«intervento straniero» e a «riforme imposte dall'esterno».
L'Iraq è il fronte principale nella guerra al terrorismo, avevo scritto qualche post fa. Per Ibrahim rappresenta il «campo di battaglia fra tre visioni del futuro arabo: autocratico, democratico o teocratico». Fino a oggi i regimi autocratici per la loro sopravvivenza hanno giocato di sponda con i teocratici, la cui minaccia sembrava meno imminente di quella dei democratici, sia interni che occidentali.
Le continue battute d'arresto delle forze americane non sono solo attribuibili agli insorti, ma anche il risultato del gioco dei regimi autocratici del Medio Oriente con le forze che sperano che l'esperimento democratico iracheno fallisca clamorosamente, offrendo loro nuova vita.
A livelli ufficiali, negli incontri bilaterali e a porte chiuse, il regime rivendica la sua vicinanza strategica agli Stati Uniti, mentre i media di Stato accreditano un'immagine degli Stai Uniti come del nemico n°2, dopo Israele, dell'Egitto. I media controllati da Mubarak hanno dapprima definito gli insorti in iraq «resistenti», poi «combattenti per la libertà». Tuttavia, ora che l'ambasciatore egiziano a Baghdad è stato brutalmente ucciso da Al Qaeda, e che gli attentati terroristici scuotono anche l'Egitto, l'ambiguità su cui si fonda il potere di Mubarak comincia a scricchiolare e anche sulle tv i «resistenti» sono diventati «terroristi».
Nel crescendo delle manifestazioni di opposizione e alla vigilia delle eleizoni presidenziali nel fronte di Mubarak «cresce la confusione». E una performance patetica, ma «il popolo egiziamo merita di meglio».
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