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Thursday, February 01, 2007

Welby. Il medico fece il suo dovere

«La Commissione disciplinare dell'Ordine dei Medici di Cremona ha deciso all'unanimità di archiviare il caso Riccio». L'annuncio ufficiale, stamani, del presidente dell'Ordine Andrea Bianchi, in apertura di una conferenza stampa.

Né eutanasia, né accanimento terapeutico, ma l'accoglimento da parte del medico della richiesta del paziente di sospendere la terapia. In questa intervista Giuliano Amato traccia i confini tra eutanasia (intervento attivo per porre termine a una vita) e accanimento terapeutico, di cui ha senso parlare solo nei casi in cui il paziente non è in grado di esprimere la sua volontà, perché negli altri casi si tratta di semplice interruzione della terapia.

«Personalmente sono molto contento, questa vicenda era per me motivo di grande preoccupazione», commenta l'anestesista Riccio all'agenzia radiofonica GRT:
«Al di là dell'aspetto personale, deontologicamente parlando, questa decisione stabilisce un principio molto importante: interrompere una terapia ora è possibile anche quando questa, come si è trattato nel caso di Welby, è una terapia salvavita. Ora spero che sia l'occasione per permettere un ulteriore dibattito su queste tematiche nel nostro paese».
A questo punto bisognerebbe fare un po' di chiarezza per capire di quale legge ci sia effettivo bisogno.

Al Corriere Paolo Bodini, senatore dell'Ulivo:
«Approvo in pieno il comportamento di Riccio. Innanzitutto perché è tutelato dal codice deontologico. Ma anche da cristiano mi sento di dire che quanto è successo a Welby non viola né la legge né la morale: il malato che accetta il suo destino, magari stanco dopo una lunga sofferenza, non va contro Dio. Anzi il suo desiderio può essere quello di ricongiungersi con il Padre. Welby senza il respiratore sarebbe morto, non c'è stato nessun ruolo attivo del medico nel provocare il decesso».

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