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Friday, June 01, 2007

Sì, ma non basta potare i rami

Bene hanno fatto i radicali a passare ai fatti, dopo le parole, e a presentare sia alla Camera che al Senato, insieme al senatore Cesare Salvi (Sinistra democratica), proposte di legge per ridurre gli sprechi e i costi della politica.

Si tratta in tutto di 3-4 miliardi di euro l'anno, denuncia Sergio D'Elia: «Non sono spese per sostenere la democrazia, semmai per alimentare l'antipolitica». Enormi quantità di soldi dei contribuenti «finiscono nelle tasche di consulenti, componenti di commissioni, amministratori di enti inutili. Questo fiume di soldi non arriva nelle tasche dei destinatari per le loro capacità professionali, ma solo grazie agli amici e agli sponsor politici. E' una rete clientelare che ha le dimensioni di un esercito nemico dello stato di diritto e delle libertà economiche».

Un enorme, diffuso conflitto di interessi, denuncia Cesare Salvi: «Ritenere che questo conflitto esista solo per la persona di Silvio Berlusconi è fare un torto alla verità». Salvi ha chiesto a Prodi di ridurre il numero dei componenti del suo governo (102 tra ministri, viceministri e sottosegretari) e indicato gli obiettivi di ridurre a 400 il numero dei deputati e a 200 quello dei senatori.

Tuttavia, il rischio di queste iniziative è di ridurre tutto a un'effimera campagna di moralizzazione, senza proporre soluzioni "di sistema". Spesso i promotori non si rendono conto che è il sistema, non la moralità dei singoli e della classe dirigente, a produrre le caste. Una volta potati, ammesso che si riesca a passare per quella via, i rami torneranno presto a crescere, se non verrà ridotta alla radice la quantità di ricchezza prodotta dalla nazione in mano ai politici e se non verranno introdotte le riforme istituzionali di modello anglosassone. Ancora una volta la soluzione è la Riforma.

Facevo notare in un post di qualche giorno fa, che per quanto si tratti di una vasta realtà di sprechi e privilegi che vanno certamente colpiti, quelli relativi all'abuso di autoblu, agli stipendi d'oro e alle indennità, o al numero dei dipendenti del Quirinale e all'esercito dei consulenti, sono poco rilevanti se inseriti negli ordini di grandezza della spesa pubblica che alimenta caste e clientele della politica. Sono le pensioni dei cinquantenni a pesare, la spesa sanitaria, i milioni di dipendenti pubblici, le velleità redistributive, i mille rivoli dei programmi assistenzialisti, le regalie alle corporazioni sindacali e confindustriali. Per ridurre la spesa pubblica non si può partire dai tagli sulle varie voci di spesa, perché quando ci si siede a tavolino tutto sembra indispensabile ai governi che non vogliono scontentare nessuno per non perdere quote di consenso. Si deve partire "affamando la bestia". Tagliando radicalmente le aliquote fiscali.

2 comments:

Anonymous said...

Jim... ma cazzo!
Potresti dire CHI può fare ciò che giustamente proponi?
L'analisi è giusta, ma c'è un mare (di storica merda) tra il dire ed il fare...

Altrimenti resta solo velleitarismo.

Anonymous said...

Ragionamento perfettamente condivisibile, il problema è che viviamo nel paese del "piove, governo ladro" dove la mentalità statalista ha ormai impregnato ogni rivolo della società. Stanno tutti buoni in attesa della loro parte della torta...