Pagine

Tuesday, January 10, 2006

Il padre dell'Lsd e il consumo di massa di psichedelici

Werner Horvath - Drugs I (Jim Morrison, Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin)Caro Gianni,
innanzitutto ti ringrazio per il prezioso contributo con cui hai arricchito questo post. Indubbiamente, come dice Hofmann, «l'uso delle sostanze che agiscono sulla coscienza è qualcosa che deve essere preso con molta serietà». Una cosa è certa e mi pare che concordiamo: Hofmann non era proibizionista né si è convertito al proibizionismo oggi, negli ultimi anni della sua vita. Continuo invece a ricavare dai due articoli che ho citato l'impressione che si volesse intendere proprio questo: pensate, in vecchiaia persino il padre dell'Lsd si è convinto che, visto l'uso che se n'è fatto, l'Lsd andava proibito.

Non è così. Il cattivo uso dell'Lsd, di cui, secondo Hofmann, la «controcultura» sarebbe la causa, non giustifica comunque il proibire la sostanza. Assodato questo, vengo a ciò che la tua intervista rivela, e che m'interessa qui sottolineare, la diversità di approccio sull'uso delle sostanze psichedeliche rispetto a personaggi del calibro di Timothy Leary, Aldous Huxley, gli esponenti della Beat Generation, nient'affatto dei cialtroni. «Il grande pericolo - ed è questo un punto sul quale ho poi avuto un contrasto anche con Leary - è quello di bruciare l'esperienza, arrivarci cioè artificialmente e troppo in anticipo rispetto al grado di maturazione individuale. Presupposto fondamentale è una certa stabilità, e per persone immature o che non hanno un certo equilibrio può essere molto pericoloso... gli psichedelici dovrebbero essere tabù per i giovani, ma non proibiti».

Dunque, non proibirli ma regolarne l'uso, limitandolo, per esempio, ai maggiori di 16 o di 18 anni di età. Se l'età non è garanzia di quella «maturazione individuale» che Hofmann ritiene necessaria - basta pensare a quanti non raggiungono neanche in età adulta piena consapevolezza delle proprie responsabilità - è vero che riteniamo i minorenni incapaci, in molti casi, di agire in piena autonomia ed è stabilito per legge che solo a 18 anni un individuo sia completamente responsabile delle proprie scelte e libero di autodeterminarle, acquisendo con ciò i pieni diritti e doveri nei confronti della società.

Tuttavia, non solo Hofmann chiede che gli psichedelici siano vietati ai minori, il che può apparire ragionevole, ma critica anche il loro consumo di massa, su questo trovandosi in sintonia con Ernst Jünger: «Queste cose dovrebbero essere sperimentate solo in ambienti circoscritti. Non sono d'accordo con le idee di Huxley, secondo cui le masse dovrebbero avere l'opportunità di conoscere la dimensione trascendentale». Si palesa così una concezione dell'uso delle sostanze psichedeliche che definirei aristocratica, elitaria. L'Lsd e le droghe psichedeliche sono per pochi eletti, per coloro che possono comprenderne fino in fondo il significato «spirituale». La diffusione massificata le svilisce al loro aspetto meramente ludico. Insomma, l'accesso a quello «straordinario stato di coscienza» non è per tutti. Anzi, proprio il fatto di volerlo rendere disponibile a tutti, il suo consumismo, in realtà lo preclude.

La critica di Hofmann e Jünger al consumo di massa degli psichedelici si fonda però sull'osservazione esteriore di un fenomeno collettivo, in particolare l'uso dell'Lsd negli anni della «controcultura», un modo poco attendibile, diciamo sociologico, per giudicare esperienze il cui valore può essere ri-conosciuto solo a livello individuale. In linea teorica è anche ipotizzabile, anzi perfino probabile, che non tutti siamo in grado di cogliere fino in fondo il significato «spirituale» del viaggio psichedelico vivendo solo il suo aspetto ludico, ma chi può dirlo? Chi si erge a giudice esaminatore dell'altrui «maturazione individuale»? Cosa dovrebbe disporre il legislatore, secondo Hofmann e Jünger, per impedire il consumo di massa degli psichedelici? Come individuare i pochi eletti ritenuti in grado di fare un uso corretto delle sostanze?

Esattamente come dire che il consumo di massa del voto ne svilisce il senso perché la maggior parte della gente elegge i propri rappresentanti dal basso della sua ignoranza. Cosa dovremmo dedurre, a voler trarre conseguenze politiche da questa innocua osservazione? Che andrebbero introdotti degli esami di idoneità al diritto di voto? E' questo il nodo politico del problema. Da una parte una concezione aristocratica ed elitaria della conoscenza, di cui prima o poi i suoi custodi, i filosofi-re, faranno un uso politico (Hofmann), dall'altra una concezione democratica, il divenire continuo della conoscenza per esperienze individuali e irripetibili (Huxley).

2 comments:

Anonymous said...

Jim siamo sempre lì. Di post in post abbiamo la cura elitista (e/o ateodevota) al 'disagio della modernità'. Il progetto è la restaurazione di un ordine aristocratico (eh, e alla bisogna si cita Tocqueville a sproposito: per lui l'aristocrazia della democrazia erano gli uomini di legge, non chierici e teoconi) su impulso di illuminati che ben avendo inteso l'illuminismo comprendono che è roba per pochi, cioè per loro. Come ho suggerito un po' fa da Wind Rose Hotel, la ricetta è iniqua e nondimeno inefficace, per di più presuppone il nichilismo come unica dottrina epistemologicamente accettabile. C'è Nietzsche dietro la pretesa che, dacché nulla veritas, sia responsabilità del saggio crearne una ad uso ed abuso del gregge. C'è Heidegger dietro l'idea che il totalitarismo sia la conseguenza necessaria dei Lumi, e il liberalesimo solo un'intermedia frontiera, indifendibile. C'è Shmitt dietro il cinismo che fiorisce così spesso sul troncone del realismo comunista. Un dubbio: nell'epoca della sua sputtanabilità tecnica, cosa distingue più il gesto straussiano dall'ipocrita gozzoviglia del popolo bue?

- Me ne frego

Return

gdm said...

Caro Federico,
nel suo libro “ Il mio bambino difficile” il dottor Hofmann coglie il vero significato dell'Lsd nella sua capacità di offrire un aiuto sostanziale alla meditazione orientata verso l'esperienza mistica. Va però osservato che l'esperienza estatica, talvolta favorita dall'uso degli psichedelici, non è solo “mistica”, ma può essere anche scientifica, artistica e presente nei momenti più creativi della vita umana, così come anche nei punti intensi e feroci di “passaggio”durante i momenti critici della vita, come per esempio negli stati di metanoia, tempestosi e catastrofici mutamenti dell'orientamento esistenziale, oppure negli stati NDE, stati di prossimità con la morte.

In ogni caso, con la sostanza chimica di cui aveva scoperto l'effetto sulla coscienza, Hofmann aveva l'approccio di uno scienziato e di un filosofo, non di un edonista. Con Huxley condivideva, negli anni Cinquanta, la speranza che gli psichedelici ( come lo psichiatra Osmond aveva definite le sostanze chimiche “rivelatrici di psiche e dello schiudersi dell'anima”) potessero essere considerate come “risorse umane” da impiegare nella pratica meditativa, in psicoanalisi e in psicoterapia per allentare o addirittura abolire temporaneamente le barriere tra soggetto e oggetto, favorendo l'interruzione di eventuali circoli viziosi di natura egoica e il presentarsi di una realtà più larga, luminosa e accogliente - “ una realtà più ampia e non dualista – scriveva Hofmann in “Il mio bambino difficile” - l'esperienza di una realtà che dà ristoro e accoglienza”.

A parte la base “gnostica” di una tale posizione, ovvero la convinzione di poter leggere direttamente “il libro della natura” ( Paracelso) , senza intermediazioni istituzionali come per esempio una Chiesa, era la speranza in una umanità spiritualmente più matura, con una più ampia consapevolezza e un maggior rispetto delle basi biologiche e materiali dell'esistenza , così come del mistero che risiede nella bellezza, nella terribilità e nella sacralità della vita sulla terra.

Sia Huxley che Hofmann ritenevano le sostanze psichedeliche validi aiuti per conseguire questo tipo di educazione.

Quando, nella mia intervista del 1993 per “Il Mattino” il dottor Hofmann dice che le sostanze psichedeliche dovrebbero “essere tabu ma non proibite”, prospetta un uso in accordo con l'essenza e l'azione caratteristica di sostanze “sacre” come l'lsd, il peyote o la mescalina.
Il punto è proprio questo: in un mondo tecnicizzato e consumista, per fortuna o sventura desacralizzato, e dove non esiste una cultura del peyotl o di sostanze affini, e però esiste una civile e sofisticata cultura del vino ( a differenza del mondo islamico), gli psichedelici nel mondo moderno sono confinati nell'imbuto del privato. Nel filone che parte da Baudelaire fino a Walter Benjamin, le droghe sono esperienza privata( al pari della privatizzazione degli escrementi, della masturbazione e della morte iniziata nell'Ottocento).

Nel mondo moderno, in altre parole, le droghe restano esperienze senza una cultura del buon uso delle droghe, senza rito-iniziazione. Senza quindi limitazione.

Tuttavia resta il fatto che il buon uso di tali farmaci, un uso significativo e utile a se stessi e alla società, presuppone non solo uno scopo, un'intenzione, una finalità in accordo con la natura della spiritualità umana, ma anche opportune preparazioni interne ed esterne. Senza un limite, niente è cultura, niente ha più significato, ci si dissipa nell'illimitato...nella vanificazione e l'insignificanza dell'esperienza stessa.

Da qui, mi pare, la perplessità del dottor Hofmann, specialmente negli anni Settanta, nei confronti della pubblicità spettacolare e della politicizzazione, in chiave utopica, irrealistica e demagogica, dell'uso indiscriminato di massa degli psichedelici da parte di Timothy Leary.

Ricordo i pulmini psichedelici sulla strada di Marrakech o di Katmandu ( oh, Katmandu! ) dipinti al fosfospruzzo e con la scritta: “ PIU' OLTRO” ( sic!). Tanti poveri ragazzi alzarsi in punta di piedi oltre la curva disperata dell'epoca, cercando più luce, più miele! E i disastri. Il volere “di più”, sempre “di più”, “ancora”, “ancora”, “anche”, “anche”, in una logica d'iperconsumo e di emozioni forti, sempre più forti, mescolando tutto; e, in numerosi casi, senza arrivare in nessun posto se non in un rigagnolo d'Oriente, implorando i lama o i guru di salvarli – per non dire di tanti miei poveri compagni d'avventura che credevano di poter ardere senza bruciare, e di cui non rimanevano che le scarpe nei commissariati di polizia del terzo o quarto mondo, e molte noie in consolato per il rimpatrio della salma.
E tutto questo accadeva in Oriente, mentre in Occidente non pochi finivano con l'ago nella pancia in cessi insanguinati di città, rischiarati d'irrealtà.
Per contrasto, come negli anni Ottanta faceva notare Elvio Fachinelli ne “La mente estatica”, la ricerca di Antonin Artaud: “ ... bere ciguri è appunto non superare la dose, perché ciguri è l'Infinito, e il mistero dell'azione terapeutica dei rimedi è legato alle proporzioni in cui li prende il nostro organismo. Superare il necessario è SACCHEGGIARE l'azione” ( A. Artaud, “ Al paese dei Tahumara ”, Adelphi, Milano, 1966, p. 139).

Non so se questa è sociologia, ma è certo che storicamente l'utilizzazione indiscriminata e illimitata di psichedelici, spesso confusi con gli stupefacenti, si è fatta in un contesto di saccheggio,d'incomprensione, di demagogia, di repressione e di aggressività con una spettacolarizzazione e una pubblicità che non può che indurre esperienze difficili e pericolose allorché vengono compiute al di fuori delle condizioni di preparazione richieste e dell'ambiente adeguato.

L'esperienza psichedelica, tanto più delicata in quanto potenzialmente liberatrice e in una prima fase distruttrice, potrebbe mettere il soggetto in opposizione con un contesto alienante, in cui non esistono che condizioni demagogiche per la costituzione di una coscienza, e, dalla coppia così messa in evidenza, non procede necessariamente la fioritura di un essere d'equilibrio.

Non credo che sia una posizione elitaria, dire - come dicono anche i saggi ragazzacci di Napoli, con linguaggio politicamente scorretto - " imme mise a' fessa mman'e criature... Non sta bene mettere un bel pezzo di figa in mano ai bambini...". Non solo sarebbe sciocco, ma non potrebbero apprezzarla e non saprebbero che farsene. Un vero spreco, quello di una generazione generosa, utopica e sfortunata che, tra l'altro, ha sciupato e dissipato un'occasione così preziosa come quella offerta dalla straordinaria scoperta del dottor Alber Hofmann. O perlomeno come oggi - magari dopo aver piantato tanti fiori visionari e poi visto crescere e "sballare" tanti carciofoni nichilisti "un attimino" allucinati - così pare...

gdm
http://giannidemartino.splinder.com
---
Qualche riferimento bibliografico:

Elémire Zolla ( a cura di) - Dio dell'ebbrezza (Il). Antologia dei moderni dionisiaci-Contributi di:
Antonin Artaud, Walter Benjamin, Gottfried Benn... William S. Burroughs, Carlos Castaneda... Gianni De Martino, Robert Eisler... Aldous Huxley, Wolfgang G. Jilek, Ernst Jünger..., Henri Michaux... Gerhart Zacharias.

LSDDSL - Poemetto di Gianni De Martino - Qui l'estasi del cactus è il sangue di un serpente... Intrecciate sono le nostre catene/organiche, i nodi e gli ombelichi di ogni luce..
http://lafrusta.homestead.com/fili_de_martino_LSDDSL.html

ALTROVE (anuario della SISSC) pubblica lavori riguardanti l'antropologia e lo studio degli stati modificati di coscienza, ...
Gianni de Martino: L'ospite inatteso; il muro del Tempo...ecc.

http://www.psicoattivo.it/media/libri/altrove/main.htm

Lapassade. G. - Saggio sulla transe: dallo sciamano al raver – Prefazione e a cura di Gianni De Martino
http://www.urraonline.com/libri/88-7303-311-3/parte/prefazione