Il guaio, che avevamo cercato di analizzare in questo articolo di qualche mese fa, è che i post-comunisti difficilmente riconoscono i propri errori, se lo fanno passano almeno vent'anni ma non rompono mai del tutto con la loro «gloriosa storia», come ebbe a definirla D'Alema. Questo rapporto con il passato e il presente è alla base del «continuismo» e spiega la necessità delle tante "svolte" degli eredi del Pci dalla caduta del Muro, tutte di mera facciata. Sempre nuovi impegni per dare l'impressione di rinnovarsi ma in fondo rimanendo gli stessi. L'impunità, politica e culturale, garantita dall'egemonia esercitata da decenni sui centri mediatici, accademici e culturali del Paese, ha avuto sui vertici comunisti e il mondo intellettuale di riferimento un effetto deresponsabilizzante che li ha portati a perseverare nel tempo nei medesimi errori. Scrisse lo stesso Panebianco alcuni mesi fa:
«L'aver avuto, non sporadicamente, ma sistematicamente torto, nella certezza che mai verrà pagato un prezzo per gli innumerevoli errori commessi, costituisce di necessità un potente incentivo alla tentazione di commettere nuovi sbagli. Ma anche uno straordinario impedimento a riconoscere con dolore e senza autoindulgenza giustificazionista i motivi che hanno ispirato in passato la scelta di vivere dalla parte del torto... Sbagliare è addirittura vantaggioso: non è una boutade, ma lo spettacolo che dal Novecento prosegue indisturbato fino al nuovo millennio».E oggi scrive: «Come uscire dal post-comunismo senza una visione più laica del partito, senza sbarazzarsi di quel mito che fu tipico del Pci (facendone la forza) e che sopravvive nei Ds (facendone la debolezza): il mito della "base"?» Risposta: «perché il limbo sia abbandonato, occorre che dell'eventuale partito democratico facciano parte a pieno diritto anche gli "anticomunisti democratici", quei democratici che ai tempi della guerra fredda si opposero frontalmente al Partito comunista italiano (per fortuna nostra e anche del Pci) in nome e per conto della democrazia liberale. Solo un partito che veda con pari dignità e presenze ex comunisti e anticomunisti democratici porrebbe per sempre fine all'era del post-comunismo, chiuderebbe definitivamente le ferite e le fratture che vengono dal passato. E, probabilmente, farebbe anche lievitare, fra iscritti e simpatizzanti, una cultura politica più consona a una sinistra che si vuole liberal-riformatrice».
E qui la "dimenticanza" di Panebianco, che è balzata subito agli occhi anche di Malvino. Chi sarebbero questi «anticomunisti democratici» che del Partito Democratico dovrebbero «far parte a pieno titolo» affinché non si riduca a mera «confluenza fra ex comunisti e ed ex sinistra democristiana», ma contenga in sé gli anticorpi liberali? Il primo a prospettare la via di un Partito Democratico, rivolgendosi, pensate, ad Achille Occhetto, nel lontano 15 novembre 1989, fu Marco Pannella, con una lettera che è ora di ritirare fuori dai cassetti:
«Una grande, vera federazione democratica va ormai concepita, creata; di essa il Partito Comunista - in quanto tale - sia inizialmente una componente essenziale e promotrice. Questa Federazione Democratica dovrebbe, in un giro di pochi anni prestabiliti, secondo tappe e regole rigidamente determinate, dar vita al Partito Democratico, di stampo anglosassone, e per una riforma istituzionale di stesso segno (...) Un grande partito che si formi oggi non può iniziare il suo cammino che a partire dall'unica terraferma di democrazia reale che non abbia prodotto in questo secolo anch'esso, mostri e tragedie "inumane": che è la terraferma liberaldemocratica, anglosassone, e non quella "continentale", spesso "socialdemocratica", del mondo del proporzionalismo, del partitismo, della parastatalizzazione e nazionalizzazione della società civile, dell’ideologismo, dei giacobinismi più o meno macchiavellici, eticizzanti, e quasi sempre antiliberali, romanticamente fiduciosi nella violenza, nelle guerre - civili, colonizzatrici o liberatrici che fossero».Una cosa è certa, la miglior garanzia perché il futuro Partito Democratico non nasca né socialdemocratico né neodemocristiano è la Rosa nel Pugno. I Ds dovrebbero prendere atto con realismo che socialdemocratico non glielo lasceranno costruire e che per evitare che sia neodemocristiano hanno la Rosa nel Pugno come unica alleata.
UPDATE: La parte mancante dell'articolo di Panebianco l'ha scritta, oggi su la Repubblica, Mario Pirani.
6 comments:
Giovanotto! Lei viene sul mio blog a leggere il seguente post http://malvino.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=813994 e commenta: "Mi rubi le lettere dalla tastiera!". Le faccio presente che il mio post data 1:40 del 16.1.2006 e il suo 3:12 dello stesso giorno. Le lettere, dica, gliele rubavo dalla tastiera? Con le dita sospese a mezz'aria sulla tasiera, lei, ci sta un'ora e 32 minuti? Ravviso qui gli estremi del guanto sferzatomi in faccia e le annuncio l'invio dei padrini: vengono a portarle l'appuntamento domattina, all'alba, dietro il convento delle Carmelitane Scalze, scelga lei se fioretto, sciabola o secchiate di merda. Marrano!
:-))))))))))))))))))))))
[Malvino]
Dietro il convento delle Carmelitane Scalze stamani non c'era, come mai?
Sono stato con le dita sospese a mezz'aria ben più di un'ora e 32 minuti, visto che mentre scrivo un post ne penso altri tre, prendo appunti, leggo eccetera eccetera.
Alla sua sciabola rispondo porgendo una Rosa in pugno.
Mi scusi, sa, ma lei è troppo preso dagli "eccetera". Se uno scrive alle 7:28 AM del 16 gennaio il post di sopra e dice: "domattina, all'alba", s'intende "all'alba del 17 gennaio", no?
[Malvino]
ops, ho atteso invano :-)))
E statti attento che domattina non posso venire, ti mando due sicari.
I postcomunisti non possono rinnegare il loro passato; essendo dei millenaristi aspetteranno sempre l'inevitabile Apocalisse della Storia che conduca il mondo alla "città di Dio".
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