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Tuesday, January 03, 2006

Il noi e il voi di Fassino

«Prima portiamo a casa tutto»Noi abbiamo, voi avete, essi hanno... Fassino e i Ds oggi vanno difesi da chi vorrebbe brandire contro di loro la questione morale, ma non vanno più coperti nel loro gioco di presentarsi come i diversi, i moralmente superiori che fanno politica svincolati da ogni interesse

Sta tutto in quelle esitazioni di Piero Fassino tra il «noi» e il «voi» nel colloquio telefonico con Consorte, riportato ieri da il Giornale, l'intreccio tra affari e politica che m'interessa discutere politicamente.

La mattina del 18 luglio, alle 12, Unipol comunica al mercato che si prepara a lanciare un'Opa obbligatoria su Bnl in contanti a 2,7 euro. L'Ansa lancia la notizia alle 12.21. Dopo un'ora Consorte prima si sente tre volte con il senatore dei Ds Latorre, già assistente di D'Alema, poi chiama Fassino, che tra l'altro aveva sentito proprio la sera prima alle 23.30. «E allora siamo padroni di una banca?», esordisce il segretario Ds, per poi correggersi nel successivo scambio di battute: «Siete voi i padroni della banca, io non c'entro niente». Poi, i consigli di Fassino a Consorte: «Prima portiamo a casa tutto». Infine, di nuovo il lapsus noi-voi: «Voi avete fatto un'operazione di mercato, quello che ho sempre sostenuto io. Industriale». Consorte recepisce al volo: «Industriale e di mercato». Fassino: «Esatto, ora dovete comportarvi bene. Preoccupatevi bene di come comunicate in positivo il piano industriale... Perché il problema adesso è dimostrare che noi abbiamo... che voi avete un piano industriale». Noi o voi? Neanche Fassino sa più distinguere.

Si tratta di affari e politica, non di tette, è bene tenerlo a mente. E qualche considerazione bisogna trarla. Sulla pubblicazione di intercettazioni e sul loro uso politico non c'è altro da aggiungere alle parole di Gaetano Pecorella (Forza Italia):
«O sono intercettazioni di rilevanza probatoria, e quindi c'è il rischio che la loro diffusione pregiudichi le indagini in corso, oppure non hanno rilevanza, e allora diventano un modo per delegittimare le persone che nulla di illecito hanno commesso. Si tratta di atti processuali che non possono essere pubblicati, checché ne pensi qualcuno. Pur non essendo segreti, perché sono conosciuti dalle parti alle quali sono stati depositati, sono atti sempre sottoposti al divieto di pubblicazione. (...) Mi meraviglio che i magistrati non si attivino mai su questo».
Ineccepibile. Quante volte però, e per quanti anni, i Ds hanno ignorato il problema delle gogne mediatiche e in particolare della pubblicazione di intercettazioni sui giornali, quando non se ne sono addirittura avvalsi nel confronto politico? Perché hanno ritenuto di non diffondere note simili a quella, durissima, di ieri, anche in merito ai molti casi del passato?
«Non possiamo che denunciare con vigore la campagna di veleni con cui il principale quotidiano della destra di proprietà della famiglia Berlusconi cerca di intorbidare la vita politica del Paese. Ci chiediamo se la presidenza della Camera dei Deputati, l'Authority sulla privacy e la stessa magistratura non abbiano nulla da dire».
Hanno atteso finché non fossero direttamente coinvolti. E questa volta, guarda caso, il cronista viene indagato e il ministro della Giustizia Castelli, in difesa delle prerogative dei parlamentari, manda ispettori alla procura di Milano per indagare sulla divulgazione delle intercettazioni. Al suo posto il ministro Fassino avrebbe fatto lo stesso se le intercettazioni avessero riguardato il segretario del maggior partito del centrodestra? C'è da dubitarne.

Il fatto singolare è che queste intercettazioni sembrano scagionare totalmente Fassino e i vertici Ds. Non si ravvisa nessuna neppur vaga ipotesi di illecito o scorrettezza. Lo stesso Fassino, ricorda oggi Battista sul Corriere, già quest'estate chiedeva: «Vengano resi noti i testi delle telefonate, così tutti ne conosceranno il contenuto». Accontentato. Oggi abbiamo la prova che con la coscienza pulita, e a ragione, lanciava la sua sfida. Perché allora queste reazioni stizzite se le intercettazioni dimostrano che non c'è niente da nascondere e di cui vergognarsi?

L'oggetto da nascondere, e di cui vergognarsi, non erano i presunti illeciti, ma l'esistenza stessa di interessi da rappresentare. Ebbene sì, anche i Ds rappresentano degli interessi. Niente di male in una democrazia liberale. Il corto circuito avviene quando i rappresentanti di alcuni di questi interessi non solo pretendono, negandone l'esistenza, di darla a bere ai loro elettori, ma anche di ergersi a censori morali degli interessi altrui. Il motivo delle veementi reazioni è che i Ds hanno fatto credere di essere ciò che non sono, ciò che non possono essere, e anzi, ciò che non sarebbe neanche giusto chiedere che fossero. L'hanno fatto per mero opportunismo e hanno avuto torto. Hanno inventato una questione morale per trarne vantaggio politico e oggi gli si ritorce contro. Oggi quel castello di carte viene giù e gli ingannati, i disillusi, diciamo, per semplificare, i lettori dell'Unità, scoprono che la politica è confronto/scontro regolato di interessi legittimi. Che non esistono partiti, uomini politici, che non rappresentano degli interessi.

Il problema di oggi non è fare la morale ai Ds, ma è che fino a oggi i Ds hanno fatto la morale a tutti gli altri. Gli interessi in gioco devono confrontarsi alla luce del sole e ad armi pari. A scandalizzare non è l'intreccio tra la più grande forza della sinistra e il mondo degli affari, ma la pretesa di negarne l'esistenza (Bersani in qualche recente uscita televisiva è stato insieme patetico e irritante). Per cui i Ds hanno i loro interessi da tutelare, ma non si deve sapere troppo in giro. Anzi, si sa, ma non si dice. I Ds hanno diritto a essere portatori di interessi, ma non pretendano di proclamarsi diversi e, magari, superiori. Ecco, di questo vorrei discutere politicamente. Su questo non si possono fare sconti. I famigerati «poteri forti» hanno detto basta con il doppio standard e hanno aperto il sipario.

Ha ragione Galli Dellla Loggia quando osserva che «l'idea del complotto è la cartina al tornasole della prospettiva radicalmente antiliberale in cui si muovono i nemici dei poteri forti». Ma ha ancora più ragione Panebianco a scrivere che «quando si sente parlare troppo di questione morale significa che un gruppo politico sta brandendo l'arma "etica" per colpirne un altro (con lo scopo, in genere, di sostituirsi ad esso e fare più o meno le stesse cose)...» e che «ciò che distingue destra e sinistra riguard[a] solo gli interessi rappresentati e i progetti politici, non la morale». Dunque Fassino e i Ds oggi vanno difesi da chi vorrebbe brandire contro di loro la questione morale, ma non vanno più coperti nel loro gioco di presentarsi come i diversi, i moralmente superiori che fanno politica svincolati da ogni interesse. Accettino di essere un partito di normali.

C'è stato in tutti questi anni un unico, enorme, conflitto di interessi, quello di Silvio Berlusconi. Eppure la denuncia di quel conflitto di interessi, la sua trasparenza nel dibattito pubblico, oggi ci permette di giudicare il suo operato come presidente del Consiglio e di concludere che sì, le leggi da cui ha tratto vantaggio sono passate in un batter d'occhio e le riforme necessarie al paese non sono neanche state tentate. Mi e vi chiedo: saremo nelle condizioni di esprimere un simile giudizio, fra cinque anni, sul ministro Fassino, sul ministro D'Alema, sul presidente del Consiglio Prodi? Avremo conoscenze sufficienti per valutare il loro operato? Da oggi qualche elemento in più lo abbiamo.

Quanto meno l'opinione pubblica dovrebbe avere consapevolezza dell'uso politico che i Ds fanno del denaro che amministrano. Dalle coop agli enti pubblici, dai comuni alle università, tutti noi prima o dopo abbiamo avuto una qualche esperienza di quel particolare modo dei Ds di creare reti di clientele e meccanismi di fidelizzazione grazie all'elargizione di consulenze, appalti, posti di lavoro. Sappiamo, per esempio, come amministrano i Veltroni e i Bassolino, quali siano i criteri con cui vengono distribuite le risorse all'interno delle università. Sappiamo chi scrive le leggi sul finanziamento pubblico dei partiti. Nulla di illegale, forse, ma tanti casi politici del più vasto caso Italia.

2 comments:

Anonymous said...

ma non eravate alleati?

:)

aa

JimMomo said...

Diosanto ma la vostra è un'ossessione! Ormai leggete tutto in questi termini.
:-)