Meno male. Un sospiro di sollievo. Avendo deciso di trascorrere in montagna questo week end mi sono perso tre eventi raccapriccianti di cui per fortuna ho sentito solo l'eco tornando a Roma, stamane. L'istinto di dire che queste manifestazioni non erano le mie è forte, ma, pensandoci due volte, per una politica laica è l'obiettivo che conta, non il Dna di chi ci è accanto per un tratto di strada comune. Ne ricaviamo l'insegnamento che i grandi numeri di una manifestazione non sempre sono indice della sua forza politica. Molto meglio le sparute decine della Marcia di Natale.
Da voltastomaco, sebbene ne condividessi nella sostanza il merito, le manifestazioni di Roma per i Pacs e di Milano in difesa della 194. Quella di piazza Farnese, nel tripudio di banalità e di bandiere rosse con falce e martello, una manifestazione egemonizzata da neocomunisti ignoranti delle persecuzioni che i pochi regimi comunisti rimasti su questa terra infliggono agli omosessuali. Dev'essere stato difficile, per amici come Daniele e Benedetto, sentirla loro. Mi auguro che in quella folla di estranei si siano ri-conosciuti. Se è vero che il mondo omosessuale è pronto a diversificare i suoi voti tra centrodestra e centrosinistra, l'estrema debolezza e marginalità in cui le posizioni laiche e liberali sono confinate nel centrodestra di oggi ha certo contribuito al connotarsi in questo modo della manifestazione.
Quella di Milano, delle femministe cotonate dietro le barricate, con Ottavia Piccolo che legge Franca Rame e altre scrittrici in e donne di spettacolo out, rappresenta il volto ideologico della conservazione, del tabù, di una pretesa superiorità morale. Resistenza resistenza, bella ciao bella ciao, una difesa di retroguardia. Non ne avevamo bisogno. La 194 va difesa, e migliorata semmai, con pragmatismo. Non è l'aborto a essere un diritto, ma l'autodeterminazione dell'individuo, ed è ben altra cosa.
A voler migliorare la legge sull'interruzione di gravidanza è innanzitutto Marco Pannella, perché «nessuna legge è un'icona». «La 194 è pessima e i suoi risultati sono ottimi soltanto perché non è stata mai rispettata. C'è solo un modo per difenderla, migliorarla». Come? Tre ricette le indica la Bonino: più prevenzione (profilattici e pillola del giorno dopo); estensione alle strutture private della pratica dell'interruzione di gravidanza; modifica dell'articolo 4, «ipocrita» perché costringe la donna a dire il falso per ottenere il via libera del medico.
Il terzo evento è il convegno di Napoli della Rosa nel Pugno, dove la questione meridionale, fatta eccezione per un paio di interventi (indovinate quali) è stata affrontata con i soliti e ritriti schemi statalistoidi e i politicismi localistici degli assessorini (abbiamo visto in faccia il presidente della famigerata Commissione Mediterraneo istituita dalla Giunta campana di Bassolino). Servirebbe, da parte radicale, maggior franchezza quando emergono approcci diversi e punti di divisione con i socialisti dello Sdi.
Su Il Messaggero, il prof. Gaetano Quagliariello impiega 5.192 battute per dirci che la tradizione non si tocca. Le battaglie di una volta sì che potevano andare, sembra essere il suo ragionamento «... a differenza delle odierne, avevano infatti un significato più culturale che politico e, soprattutto, attenevano più alla sfera della libertà individuale che non a quella degli assetti legislativi... Non pretendevano, [cioè] di stravolgere la tradizione sulla quale poggiava il fondamento ultimo della loro stessa richiesta». Dunque le richieste di parte della società, ammesso e non concesso che sia una parte minoritaria della società, o forse proprio per quello, vanno bene fin quando si attengono al contesto culturale e dei costumi, ma non quando attentano alla morale tradizionale preservata per mezzo delle leggi. Democratico, non c'è che dire.
E come mai Antonio Socci, se è davvero convinto che con Pannella Prodi cade dalla padella alla brace e che la Rosa nel Pugno «più che una calamita di voti si annuncia come una calamità» si mostra così preoccupato da mettere in guardia il professore? Se ne è così convinto, non è meglio lasciare che l'"odiato" Prodi cada nella trappola radicale?
Nel frattempo, a seguito di alcuni post apparsi sull'aggregatore di blog liberali e conservatori TocqueVille, The Right Nation e Daw decidono di rivolgere alla cittadinanza la seguente domanda: «Premettendo che si può legittimamente essere favorevoli o contrari ai Pacs per omosessuali, in seguito ad alcuni post di cittadini di TocqueVille nei quali viene balenata l'equazione omosessualità uguale malattia, ci siamo chiesti quanti cittadini della Città dei Liberi condividano questo ragionamento. Coraggio, la domanda è semplice - "l'omosessualità è una malattia?" - la risposta sia altrettanto: o sì, o no».
Mi sono permesso di commentare che così posta sembra una domanda retorica che rischia di non far cadere nessuno nella rete. Dimostra anzi, detto con amicizia a Daw e ad a.man, il carattere di retroguardia che la difesa di certi principi sta sempre più assumendo in TocqueVille. Qualcuno più autorevole di me ha parlato di «città dei secondini», non riferendosi ovviamente a tutti i cittadini di TV, ma a una parte cospicua e chiassosa. Oggi dovremmo aggiungere omofobi? Siamo noi (perché beninteso mi ci metto pure io), non le posizioni omofobe, a essere costretti su posizioni di retroguardia, nel senso che: se è tale l'offensiva omofoba e clericale che per esporre un "problema di civiltà" c'è bisogno di non dare per scontata una domanda che non dovrebbe che essere retorica, siamo messi maluccio a TocqueVille.
3 comments:
jim: scusa, ma mi scadi se prendi seriamente uno come Rocca.
Innanzitutto perche' il Nostro e' tutto fuor che un liberale. Lo dimostra il suo atteggiamento verso TV: un liberale assume l'individuo come unita' minima di abse. Camillo, invece, ha sempre parlato di gruppo, di citta' dei secondini, etc. Per lui non esistono persone che agiscono autonomamente ma gruppi omologati.
Gli stessi schemi mentali del marxismo piu' atroce.
E da uno cosi' c'e' qualcosa da imparare. aa
ps: per me l'errore fatale che condannera' i radicali alla tomba consiste nel confondere liberalismo con libertinismo. Nel centro destra c'e' poco liberalismo: vero. Ma mi sembra difficile dire il contrario per il centro sinistra, come invece hanno suggerito i radicali alleandosi al gran polpettone ulivista.
Non ricominciamo, vi prego, con questa storia dell'alleanza dei Radicali con la sinistra. Ancora non si è capito bene come in realtà stiano le cose?
Saluti
Concordo parola per parola su ogni singolo punto di tutto il lungo post.
Sino a "Qualcuno più autorevole di me ha parlato di «città dei secondini», non riferendosi ovviamente a tutti i cittadini di TV, ma a una parte cospicua e chiassosa....", da dove non ti seguo assolutamente più. Peccato: come rovinare un post eccellente, virgole incluse.
Al riguardo dell'ultimo capoverso ha già egregiamente detto tutto aussie.
Aggiugo solo: esser liberali non è questione di chiacchiere e distintivo, ma di METODO, applicato nella vita di tutti i giorni.
Liberissimi tutti di criticare anche aspramente chi si vuole, ma calare dall'altro della propria turris eburnea lo sprezzo alla "teppa di fascistelli in T-V", non mi pare esattamente prova di "dare a tutti dignità d'avversario" ...
Fingendomi per un attimo anch'io un professorino idealista, ti affibbierei tre punti in meno nella tua patente liberale.
Il tuo commento da me invece, te lo condono perchè eri evidentemente distratto.
Okkio, che poi tocca rifar l'esame e girano dei professorini liberali severi e occhiuti... ;-)
ciao, Abr
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