Il dibattito sul merito della legge Pecorella, con tutti i suoi errori, e sui punti contestati da Ciampi, è interessante, ma non dobbiamo perdere di vista il nodo politico. Se Ciampi, nella sua lettera alle Camere, si fosse limitato a individuare errori e contraddizioni, sarei stato d'accordo con Phastidio. Ma non è stato così, e me l'aspettavo. Così ho azzardato e scritto il mio post prima di leggere le motivazioni del presidente, che poi avrebbero confermato le mie attese.
Il richiamo di Ciampi al principio costituzionale della parità tra le parti nel processo ha un solo significato: a "suo" avviso, ammesso cioè che non si sia limitato a sottoscrivere pedissequamente le obiezioni provenienti dal Csm e i pareri della Presidenza, l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione è anticostituzionale, e rimane tale anche se la legge fosse scritta nel miglior modo possibile. Una volta sollevata la questione della parità tra le parti, tutto il resto è contorno. Era questo il passaggio che sono subito andato a cercare, di nient'altro m'importava, sulle agenzie che venerdì via via venivano battute.
A voler recepire le obiezioni di Ciampi bisognerebbe rinunciare all'inappellabilità delle sentenze di assoluzione, cioè ritirare la legge. Vogliamo questo, oppure vogliamo affermare il principio dell'«al di là di ogni ragionevole dubbio»? Un processo di appello che si apra dopo una sentenza di assoluzione in primo grado potrà mai portare a una condanna oltre ogni ragionevole dubbio? Può mai esserci dubbio più grande della sentenza di assoluzione di una corte? Un giudizio di colpevolezza che si formi sul medesimo merito, i medesimi fatti, le medesime prove, che hanno in primo grado portato a un'assoluzione, a cambiare sono solo i giudici, può essere formulato oltre il ragionevole dubbio posto lì, come un macigno, dalla prima sentenza? E se la sentenza di assoluzione fosse, in appello, riformata in condanna, non saremmo forse dinanzi a un pareggio? Non è forse questo il motivo per cui attualmente la Cassazione già funziona da spareggio, come un terzo grado di giudizio nel merito? Ecco, con il suo rinvio Ciampi ha detto che l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione è incompatibile con la nostra costituzione. Vi pare?
Chi tace acconsente? Sono sorpreso e un po' deluso che nessun esponente della Rosa nel Pugno, né alcun leader radicale, sebbene capisca che in questi giorni si giochino partite decisive, si sia espresso sul rinvio alle Camere della legge Pecorella. Eppure, fu detto solo un mese fa, l'iniziativa per l'amnistia e la marcia di Natale non volevano essere solo richieste di clemenza, ma proposte di buon governo e di riforma della giustizia (Marcia per l'amnistia, la giustizia, la libertà). Né in particolare le associazioni più interessate, Nessuno Tocchi Caino e Detenuto Ignoto, hanno commentato. Non credo possano sfuggire in questo modo gli effetti di buon governo, di amnistia di fatto, di alleggerimento del carico di lavoro delle procure, che la riforma dell'appello può determinare. Saranno migliaia i processi d'appello che si trascinano da anni nel tentativo dei pm di sovvertire sentenze di assoluzione in primo grado. Quanti poveretti si trovano in questo tritacarne?
La Rosa nel Pugno tace. Ma a prescindere dal merito mi pare assurdo che ci si sia improvvisamente scordati della giustizia nel momento in cui si approva, e il presidente Ciampi rinvia alle Camere, una riforma così importante. A favore o contro, ma un commento doveva pure esserci. Accantonata l'amnistia forse la giustizia nel nostro paese ha finito di essere una questione sociale?
2 comments:
c'e' un senso della parita' tra le parti, ed e' quello usato in questi giorni per criticare la legge, che e' in netta contraddizione con la presunzione di innocenza: non e' l'imputato a dover dimostrare la propria innocenza, ma l'accusa a dover dimostrare la sua colpevolezza (al di la di ogni ragionevole dubbio, come ricordi tu). be', in questo senso, le due parti sono in una fondamentale posizione di disparita'; e devono esserlo per garantire la presunzione di innocenza. e' questo sacrosanto squilibrio che la legge, finalmente, riconosce.
ho quindi l'impressione che fare riferimento alla parita' tra le parti sia una maniera apertamente giustizialista di esprimere una insoddisfazione di base con il principio della presunzione di innocenza.
Ma in Italia vige il principio per il quale il giudice condanna solo "al di là di ogni ragionevole dubbio"?
A me pare di no.
La legge Pecorella (tra l'altro criticata anche per il merito tecnico -appellabilità in Cassazione sulla questione delle prove-) credo abbia due nobili finalità (nobili in linea di principio):
quella di accentuare il principio del "favor rei" più che a quello della presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva; e quella di smaltire più velocemente il carico giudiziario degli uffici competenti.
Su quest'ultimo aspetto bisognerà vedere cosa accadrà in pratica (specie in rapporto all'appello in cassazione), sulla prima finalità, credo che debba essere fatta una riflessione sul "ruolo" della vittima del reato nel processo e nella società, come portatrice di un'istanza che deve essere tenuta in conto.
Post a Comment