Pagine

Saturday, February 19, 2005

Psicoanalizzare la sinistra

L'egemonia culturale e la pretesa superiorità morale sono alla base della perseveranza nell'errore della sinistra italiana. Il libertarismo come lezione necessaria. Il risveglio culturale delle destre

Nel primo della serie di post intitolati «Errare è umano, ma perseverare è... di sinistra» segnalavo un articolo nel quale Ernesto Galli della Loggia contava, dal 1948 al 1991, ben 14 errori, nelle analisi e nelle scelte politiche, del PCI, spiegando cosa, a sinistra, «ha favorito e favorisce questa duplice fenomenologia dell'abbaglio culturale prima e del rifiuto a riconoscerlo poi». L'impunità, politica e culturale, garantita dall'egemonia esercitata da decenni sui centri mediatici, accademici e culturali del Paese, ha avuto sui vertici comunisti un effetto deresponsabilizzante che li ha portati a perseverare nell'errore, che è connotato ormai irriducibile della sinistra italiana. Se la storia gli dà torto, non importa, hanno conquistato la potenza di fuoco, culturale e mediatica, per riscriverla a loro vantaggio. I «"treccartari" della memoria» li ho anche chiamati, quelli che i fatti gli danno torto ma hanno il potere di raccontarteli come vogliono.

Uno dei casi più emblematici è senz'altro quello del craxismo. La «contraddizione irrisolta» l'ha definita Stefano Folli sul Corriere della Sera. «Si riabilita Craxi, si riconosce che avevano ragione coloro che la pensavano diversamente (ieri sulla Nato e il mercato comune, oggi sull'Iraq), ma il gruppo dirigente resta immutabile e impermeabile». Un caso emblematico, scriveva ieri Massimo Teodori su il Giornale, «di quanto siano stati fittizi i tentativi degli eredi del comunismo italiano – non di quello moscovita – di presentarsi come i veri riformisti».

Il punto è che, con malcelati fastidi e rancori, le riabilitazioni ci sono state, anche le "svolte" (troppe). E passi pure il fatto che la nomenklatura sia la stessa, è grave che siano mancati fatti, scelte politiche coraggiose, di rottura totale con il passato. Se Enrico Berlinguer vedeva nel craxismo «la personificazione stessa del nemico reazionario» e se, come scrive Teodori, non tollerava che esistesse a sinistra una politica autonoma dal Pci che portasse in Italia quel socialismo di stampo liberale (quello di Blair per intenderci), «un'evoluzione anche rispetto alla classica socialdemocrazia centro-europea», bisogna concludere che un socialismo liberale - pensiero e azione politica - è sempre stato avvertito «non come adiacente, ma contrapposto a quello comunista». Insomma, puzza di traditori.

Diritti civili, diritti "borghesi". Per averne una conferma, basti pensare alle lotte per i diritti civili in Italia. Oggi questa storia, quando non è censurata - nel senso che non se ne parla come "gli anni dei diritti civili" - è comunque riscritta e le giovani generazioni sono portate a pensare che sì, furono gli antenati politici dei Fassino e dei D'Alema ad aver conquistato il divorzio, l'aborto, l'obiezione di coscienza. Queste lotte sono state combattute dal piccolo Partito Radicale e altri movimenti, che hanno mobilitato il popolo della sinistra ma anche maggioranze cattoliche intorno alle domande di rinnovamento della società e del costume che venivano dal basso.

Solo quando già praticamente vinte, i vertici del PCI (malvolentieri) si sono dovuti far trascinare in quelle ondate inarrestabili, non hanno potuto resistervi, ponendo però su quelle vittorie un sigillo politico ex post, abusivo, dal quale è partita l'opera egemonica di "riscrittura" storica. In realtà, l'intera cultura libertaria o era ignota o era disprezzata e rigettata dalla sinistra comunista italiana. Allora la rivendicazione di quei diritti era percepita come una deviazione dall'obiettivo della lotta contro lo Stato capitalista, e i diritti civili erano bollati come diritti di natura borghese. Anche oggi la sinistra sembra ignorare che la libertà dell'individuo dai poteri coercitivi dello Stato dovrebbe rappresentare la motivazione ideale e l'obiettivo concreto di una forza di sinistra democratica. Se persino il liberalismo viene percepito come nemico filosofico, incompatibile con le visioni egualitarie (ridotte a conformismo buonista) e dirompente della convivenza civile, figuriamoci il libertarismo.

Il "continuismo". Il problema dunque, scrive Teodori, è il cosiddetto "continuismo", cioè la volontà di salvaguardare quale ricchezza collettiva - e non invece come un cumulo di errori - la storia e la tradizione teorica e politica del comunismo. Non si comprende del resto la necessità di così tante svolte, se non con il fatto che di svolte di mera facciata si è trattato. Sempre nuovi impegni per il riformismo purché non implicassero atti effettivi che, rompendo con l'area massimalista e pacifista, mettessero in discussione il tabù dell'unità della sinistra costruendo sulle sue ceneri.

Ecco spiegato il perché di un dibattito pubblico vissuto sempre in retroguardia, con gli avversari politici della destra che si stanno sempre più attrezzando per dare battaglia sul piano culturale e per contestare quella pretesa superiorità morale dalla quale la sinistra impartisce le sue lezioni politiche quasi sempre smentite dai fatti.

1 comment:

Anonymous said...

tutto giusto,

credo che però, stavolta, vista la situazione strutturale di declino del nostro paese, la necessità e l'urgenza di una sincera difficile svolta sia davvero sentita da Fassino.

spero che non sia così debole come appare.... e l'ha ben capito pure D'Alema.

Non possiamo non aiutarli!