Le uova di giornata della Fondazione Magna Carta offrono sempre molti spunti, ma spesso non si riesce a stargli dietro. Quindi grazie a Walking Class per le segnalazioni.
Bisogna dargli atto, Gaetano Quagliariello ha il dono della chiarezza e la sua analisi mi pare tutto sommato condivisibile. Come centrodestra e centrosinistra affrontanto tre temi: economia, politica estera, rapporto con la religione. Su tutti e tre (forse meno sul primo) il centrodestra si mostra senz'altro più compatto del centrosinistra. Riguardo il terzo, osserva, «argomenti che erano prerogativa primaria della religione - la bioetica, la concezione della vita e della morte, il senso da attribuire alla famiglia - si sono trasformati in fratture politiche dirimenti, in grado di determinare persino l'appartenenza all'uno o all'altro schieramento. Nel centro-destra, infatti, gli avversari di una linea fondata sul valore della tradizione si riducono al ministro Prestigiacomo e a qualche laico d'antan che non ha ancora afferrato ciò che distingue la laicità dal laicismo. Nell'altro schieramento, invece, il dissenso ha una portata politica che va evidenziata e rispettata».
Finalmente, qui si chiariscono almeno tre punti importanti. Primo, nel centrodestra la linea è fondata sulla tradizione. Dunque, l'approccio conservatore prevale su quello liberale. Ce n'eravamo accorti, direbbe qualcuno, ma vi assicuro che in molti ancora s'illudono del contrario e giova ripeterlo; soprattutto se la fonte è organica al centrodestra gli si può credere. Secondo, ecco come Quagliariello liquida la presenza dei Riformatori Liberali, i radicali di Benedetto Della Vedova, che hanno scelto il centrodestra: «Qualche laico d'antan che non ha ancora afferrato ciò che distingue la laicità dal laicismo». Terzo, di là, il centrosinistra non è che scoppi di salute laica, ma almeno tutto è ancora da definire.
L'altro spunto giunge da Giovanni Orsina, che si sofferma sulle tre parole d'ordine di Papa Benedetto XVI: verità, carità, libertà. Ricorda la contestata frase di Ratzinger nell'omelia pro eligendo pontefice: «Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie». Orsina vi vede, come dargli torto, evidenti «implicazioni politiche»: «Si tratta di decidere se l'"io e le sue voglie" debbano essere o no regolamentati, ad esempio nelle questioni riguardanti la sessualità, la procreazione, la vita e la morte». A un liberale la risposta verrebbe spontanea, ma non esitiamo a suggerirla: no che non dovrebbero. «Evidenti», quelle implicazioni, anche «nelle relazioni internazionali, quando si discute se i valori dell'Occidente possano o debbano essere reputati più "veri" di quelli delle altre civiltà». In questo caso dovremmo capirci prima di quali valori si sta parlando. Non ha senso paragonare fra loro le civiltà, le culture, quale sia migliore e quale peggiore, poiché infiniti sono i parametri e le variabili a seconda, appunto, di ciascuna civiltà e cultura. Piuttosto vanno paragonati - migliori o peggiori, accettabili o inaccettabili - i sistemi politici, quelli sì.
«È una libertà diversa da quella del liberalismo, questa di Benedetto XVI», avverte Orsina. E, anche qui, ce n'eravamo un tantino accorti: «Sia perché la libertà liberale parte proprio dal presupposto che la verità non sia raggiungibile. Sia, di nuovo, perché la libertà liberale si muove sul terreno della politica, di quel che lo stato può o non può imporre ai cittadini, mentre Papa Ratzinger chiede ben di più, chiede una conversione profonda, e si pone dunque su un piano assai più elevato di quello dell'obbedienza dovuta alla legge. E tuttavia, la distinzione fra i due piani non è affatto separazione, e la libertà generata dalla carità può influenzare concretamente il regno di Cesare».
«La libertà generata dalla carità», che poco prima sosteneva che si muovesse su terreni diversi da quelli della politica, però potrebbe/dovrebbe «concretamente influenzarla». La carità invece dovrebbe rimanere virtù privata, perché, e sarò certo un cinico libertarian, in mano alla politica diventa assistenzialismo, privilegio, potere corporativo.
Leggendo la prima enciclica di Papa Ratzinger abbiamo chiari i due concetti di amore cui si riferisce: agapè ed eros. Orsina insiste «sull'importanza politica dell'amore, e sui limiti che l'amore impone alla politica». L'amore, scrive, «riacquista una robusta valenza politica. Perché è grazie ad esso che la verità cristiana può convivere con la libertà occidentale. Non è vero, ci sta dicendo Benedetto XVI, che chi crede nell'assoluto deve di necessità essere un intollerante e un sopraffattore. Dipende dall'assoluto in cui crede. E non per caso nell'enciclica il Pontefice condanna recisamente quegli assoluti che non si fondano sulla carità».
C'è da apprezzare la chiarezza di questo contributo. Orsina ci sta dicendo che la verità assoluta in cui credono i cattolici sarebbe di per sé intollerante, ma quell'assoluto si fonda sulla carità, che per nostra fortuna svolge una funzione mitigatrice. Tendo a credere invece che, per quanto riguarda i credenti, essi abbiano ben chiara la distinzione tra le verità della loro fede e la sfera della politica, mentre per quanto riguarda le gerarchie ecclesiastiche, la loro intolleranza, che pure spesso è ben visibile, rimane contenuta piuttosto dal fatto che non gli è permessa. Ma ammettendo anche che sia la carità su cui si fonda l'assoluto cristiano a renderlo tollerante, ritengo che la carità, quando prevista per legge, per tradizione, dai costumi sociali, quando non richiesta, rischi di soffocare la libertà individuale ed economica. Si sa che il troppo amore, soprattutto quando non richiesto, diventa possesso.
No, grazie, da chi farmi inondare di agapè vorrei sceglierlo da me.
2 comments:
Sei sicuro che in quel passaggio Gaetano si rivolgesse a Benedetto?
Un saluto Fede!
Tommaso-Inoz
http://inoz.ilcannocchiale.it
Avevo già deciso, per istinto, che questa volta avrei votato per la rosa nel pugno. Questo post mi ha fatto capire perché. Grazie.
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